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Gesellschaft | Generi e parole

Non basta uno schwa. Partiamo da altro.

In nessun caso è utile ragionare in modo conservativo o irrigidendo schemi e giudizi. Vogliamo davvero mutare atteggiamenti e preconcetti? Le parole cambieranno con noi.
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Schwa
Foto: SALTO
  • Che cosa possiamo dire, o non dire. E come.

    "Maestra, si può dire, negro"? 

    La domanda, mi torna ancora in mente, a distanza di quasi vent'anni.

    Peraltro, nemmeno io, allora, ero maestra in un liceo in lingua tedesca in provincia di Bolzano. Maestra è una definizione che mi piace e non mi offendo. Insegnare italiano non è sempre facile, soprattutto se, in area tedesca, il titolo di professore è riservato solo ai docenti universitari.

    In ogni caso, io, maestra, presa un po' alla sprovvista, cosa rispondo? "Negro" è un termine che troviamo nel dizionario, non scurrile".

    Allora, "...dipende da come interpretiamo, le parole. Dipende dal significato e dall'uso corrente, o dalla loro storia. Dal significante e dal significato. Oggi, è preferibile di no." 

    Se la mia risposta fosse corretta o meno, lascio ad altri giudicare. 

    Per esperienza so che queste sottili distinzioni nell'uso dei sostantivi e degli aggettivi, nei rapporti tra popoli e culture, sono molto insidiosi e si prestano anche a gravi fraintendimenti. E per evitarli, occorre conoscere non solo il lessico, ma anche le sensibilità individuali e collettive. La loro storia, in senso lato.

     

    Un pensiero che mi torna alla mente, più o meno pertinente, riguardo alla recente decisione dell’università di Trento di modificare il suo regolamento, utilizzando per tutte le persone al singolare e al plurale il femminile anziché il maschile. 

    “I termini femminili usati in questo testo si riferiscono a tutte le persone” si legge all’art. 1, comma 5 del nuovo regolamento, approvato all’unanimità. Una giusta decisione?

    Quale significato abbiamo dato, finora, ai termini che abbiamo usato? Siamo sicuri che lì si annidi la discriminazione e non nella nostra interpretazione? 

    Del resto, lo stesso rettore Flavio Deflorian si è definito “colpito” nel leggere il documento: 

    “Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali. Così ho proposto di dare, almeno in questo importante documento, un segnale di discontinuità".

    Domanda: e se dichiarassimo il genere neutro ed equidistante? Per evitare ulteriori discriminazioni.

    Per quanto, devo essere sincera, personalmente, mai mi sono sentita offesa nel leggere i documenti ufficiali contenenti il maschile sovraesteso: piuttosto, da altro.

    Atteggiamenti, preferenze, assenza di valorizzazione delle competenze, superficialità. Sto contando quanti di questi sostantivi siano femminili o maschili: uno su sei. Occorrerà riflettere. Sul patriarcato delle parole.

    Oppure, diciamo: ha un senso, l'uso del maschile e del femminile? In tedesco esiste il genere maschile, femminile e neutro, derdiedas. In italiano, due articoli maschili, il e lo, e poi la. Per quanto, spesso gli alunni confondano il con un neutro. Alt! Errore: "le alunne"...confondono. 

    Eppure, un senso c'è: che nelle lingue germaniche "il sole" sia "die Sonne", femminile. E "la luna" sia "der Mond", maschile .Ed i fiumi siano al femminile. Ed "il latte" sia "die Milch".

    Tutto ha un senso, che si perde nella notte dei tempi. Quando le tribù germaniche abitavano le grandi foreste del Nord, e i greci costruivano i loro magnifici templi dorici. Anzi, ancora prima. 

    Attendo, un Professor che approfondisca queste antiche radici che si estendono nelle nostre zerrissene (come dire, lacerate?) anime di parlanti. 

    O, meglio, una Professorin.

     

    Nulla è più difficile da tradurre in altre lingue dei termini indicanti sensazioni o sentimenti: alle volte, impossibile. Le parole sono senza dubbio centrali nelle nostre vite, e soprattutto la flessibilità dell' italiano permette infinite opportunità. In nessun caso però è utile ragionare in modo conservativo o irrigidendo schemi e giudizi. Vogliamo davvero mutare atteggiamenti e preconcetti? Le parole cambieranno con noi. Sarà un percorso molto lungo, e non basterà un (una) "schwa".