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"Non fatalità, ma conseguenza"

La morte per freddo del ragazzo frutto delle azioni discriminatorie che l’Alto Adige attua da anni in materia di asilo e nell’accoglienza delle persone senza tetto.
cavalcavia bolzano sud
Foto: Google Maps

(*) Venerdì notte a Bolzano un ragazzo di 19 anni è morto assiderato. Veniva dall’Egitto, era arrivato nel capoluogo mercoledì scorso. Un articolo pubblicato ieri da salto.bz riporta che il giovane era in lista di attesa per un posto letto in dormitorio insieme ad altre 170 persone. Quando accade una tragedia simile mi capita di provare vergogna e qualche senso di colpa. Penso ai miei privilegi, alla fortuna di essere nato dalla parte “giusta” del mondo, alle scelte – giuste e sbagliate - che a quell’età ho potuto compiere e alla volta che a vent’anni ancora da compiere insieme ad alcuni amici ho dormito per strada durante un viaggio in Spagna per spirito di avventura e per risparmiare un po’ di pesos.

A distanza di tre giorni dalla notizia è ancora difficile mettere da parte il dolore e la rabbia per la morte di una persona che probabilmente aveva lasciato il suo Paese per fuggire da persecuzioni e/o per provare a costruirsi un futuro migliore, ma che questa possibilità non ha fatto in tempo nemmeno a immaginarla. La morte del giovane, avvenuta in una fredda notte di dicembre a Bolzano Sud, ha scosso buona parte dell’opinione pubblica e ha costretto le istituzioni ad aprire gli occhi e a misurarsi con il problema delle persone che loro malgrado sono costrette in strada. Provincia e Comune di Bolzano hanno reagito cospargendosi il capo di cenere, scaricandosi reciprocamente il fardello delle responsabilità e mettendo in campo alcune misure emergenziali e soluzioni tampone: Kompatscher ha annunciato che riapriranno alcuni CAS (Centri di accoglienza straordinaria), verranno aggiunti alcuni posti letto nel “dormitorio” di emergenza Alimarket e nei prossimi giorni la Provincia siglerà un’intesa con gli altri comuni del territorio per ulteriori 150 posti letto. È drammatico che ci voglia la morte di una persona per far sì che le istituzioni si accorgano del problema. È altrettanto triste constatare che ogni inverno la situazione per le persone in strada sia da anni la medesima e che a un problema strutturale si risponda sempre e solo con misure straordinarie, che nel lungo periodo non incidono per nulla e – lo si è notato negli anni – di sicuro non risolvono la questione. Il quotidiano Alto Adige riporta oggi in prima pagina un virgolettato del sindaco di Bolzano Caramaschi, che giudica inaccettabile una morte del genere. Concordo con lui, ma seguendo da tempo le politiche messe in campo dall’amministrazione comunale a favore (o meglio, contro) le persone senza dimora e senza tetto penso anche che questa morte sia in parte figlia delle politiche e dell’amministrazione comunale: gli sgomberi, il daspo urbano, l’assenza di un centro diurno per le persone extra-UE, la “guerra al degrado” e la conseguente marginalizzazione delle persone nelle periferie della città. È questo approccio securitario che va rivisto, insieme all’esclusività provinciale che differenzia tra i*le richiedenti asilo che arrivano dal Mediterraneo e quelli che invece giungono in Alto Adige autonomamente seguendo altre rotte (ricorderei a questo proposito che il decreto legislativo n. 142/2015 prevede che le misure di accoglienza vadano applicate a partire dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale). Questi sono alcuni degli aspetti che contribuiscono ad alimentare l’enorme e disturbante contraddizione del nostro territorio e di Bolzano – seconda città d’Italia per qualità della vita secondo Il Sole 24 Ore - che in questi giorni da un lato ha spalancato le porte per accogliere migliaia di turisti e il consumo più sfrenato e dall’altra costringe da anni centinaia di persone a vivere e dormire all’addiaccio anche quando le temperature scendono sotto lo zero. In queste condizioni la morte del 19enne non è una fatalità o, come ha titolato sabato il “Dolomiten”, solo “semplicemente infinitamente triste”, ma una diretta conseguenza della visione, delle politiche e delle azioni discriminatorie ed escludenti che l’Alto Adige attua da anni in materia di asilo e nell’accoglienza delle persone senza tetto e senza dimora.