Chronik | Positive Vibes

“Sei amici e un leggero andante”

A piedi per 220 km da Palermo fino ad Agrigento lungo la via Magna Francigena. Sei amici bolzanini per sette giorni di Cammino con lo zaino sulle spalle.
Prizzi
Foto: Corrado Palmarin

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo di Corrado Palmarin:

 

Dicono che se si cammina, il Covid non lo senti. E nemmeno lo si vede, quando si cammina, il Covid. Qui non c'è gente in giro. E di camminatori nemmeno l'ombra. Eccetto la nostra. Dicono che qui in Sicilia, tra l'odore di prato arato e il profumo di finocchio selvatico, ci si senta lontano, lontano dal presente, e che ogni tanto ci si tuffi nel passato. È questa discrasia che rende unico questo camminare, è l'alternarsi della calura con il vento, della salita con la discesa, è questo che rompe la continuità dei nostri passi.

 

Qui in Sicilia, nel cammino, non c'è un senso orizzontale della vita, il piede non è mai parallelo al terreno, tutto è salita o discesa, tutto è obliquo e mai dritto. Sarà per questo che il semplice diventa complicato e il complicato diventa insolito. Un passo dopo l'altro, tra verde, cannoli e chiese, tante chiese. L'asfalto di Monreale, il calvario di Altofonte, il ristoro di Santa Cristina Gela ed il panorama del nord del Belice, infinito, fino alla spiritualità delle 5 pietre di Tagliavia, noi, accolti e accovacciati intorno ad un tavolo di fortuna. Temporale e fienili, terra bruciata, greggi, cani, il tramonto di Prizzi, arcaico e unico, come l'accoglienza di Nicoletta, tra noi come il pane spezzato a cena. E poi Rocca Busambra, le morti e la vita di Corleone, il caffè regalato per strada e le ville chiuse, il regalo di una serata in una pizzeria da asporto e il paese che scompare al mattino quasi per incanto, subito dopo l'ultima salita, come uno strano miraggio.

Video di Roberto Palmarin

 

E poi avanti e tutto si allunga. I sentieri diventano strade e la strada più breve diventa lunga. Fantasmi abbandonati come il borgo Riena, con la chiesa al centro ed una piazza che sembra la brutta copia di borgo Piave, un agglomerato figlio della bonifica dell'Agro Pontino del primo dopoguerra. Su e giù per le montagne, come una biglia lanciata nella grondaia dei miei giochi da bambino, arrivando fino al limite del semicerchio, come noi che scavallando il fiume Platani, raggiungiamo i paesini costruiti sull'orlo della vallata: Castronovo, Cammarata, Acquaviva, per arrivare all’inarrivabile Sutera, agganciata come la “taddarita” (pipistrello) alla rocca. Museo e ristorante di pesce, che a finirlo non ce la si fa.

Qui in Sicilia, nel cammino, non c'è un senso orizzontale della vita, il piede non è mai parallelo al terreno, tutto è salita o discesa, tutto è obliquo e mai dritto

Il mattino successivo si parte all’alba, un’alba fresca, ancora più fresca perché la strada scende, attraverso Campofranco, legato a noi per una vecchia storia d’amore, che lega Bolzano alla Sicilia. Stiamo bene, ma sappiamo che guadato il fiume con l’acqua alle ginocchia e barcollanti sotto lo zaino, prima del ponte romano, tornerà la salita, fatta di erba alta come da molto non ricordavo, che ti solletica il viso e non fa vedere più le tue scarpe. È li che ascolti il passo, lo devi sentire il passo, è li che senti la pianta del piede cercare il duro che non c’è, il tocco che ti permette di spingere e proseguire.

 

Milena è lassù, tra prati e bulbi di Scilla che segna il sentiero, e ancora paesi, la Racalmuto di Sciascia fino a Grotte, nascosta e traboccante di marzapane. Si cerchia la Rocca Petra – Calathansuderj, intorno, quasi a spirale, per giungere a vedere, come 161 anni fa, la prima Italia, il primo vessillo alzato lassù. Che sorpresa. Ancora salita e poi il mare. Si vede a chilometri lo scintillare della calma.

Ma c’è ancora campagna per arrivare ad Agrigento, la periferia come vecchie immagini di rovine, scheletri di edifici vuoti e abbandonati. E poi vita, la città vera, e la valle dei templi, per scendere poi al mare che ci aspetta, tra il Caos pirandelliano e la Porto Empedocle di Camilleri. La Scala dei Turchi ad Agrigento ci accoglie come l’acqua della Baia, poi il rientro a Palermo, storia e cibo, e non solo. È tutto qui. Sei amici e un leggero andante.