Politik | Regione

Donne in giunta, quanta ipocrisia

A fare una pessima figura sono senz’altro gli uomini delle giunte provinciali, ma le donne dei partiti di governo non ne escono meglio.
  • Le problematiche sottese alle pari opportunità sono complesse. In generale la nozione costituisce un corollario di quella esigenza di eguaglianza che la nostra Costituzione riconosce nel suo articolo 3 laddove non sono solo vietate tutte le discriminazioni in ragione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali, ma è positivamente prescritto alla Repubblica e, dunque, ad ogni sua Istituzione, di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

    La questione delle “pari opportunità” viene esplicitamente recepita dalla stessa Costituzione che nella sua vigente formulazione, torna sul punto all’articolo 117, laddove confermando il precetto dell’articolo 51 (“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”) impone anche alla legge regionale di “rimuovere ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale, ed economica e di promuovere la parità di accesso tra uomini donne e uomini alle cariche elettive”

    Fin qui le norme costituzionali. 

    C’è però da registrare una certa latitanza della legge regionale che se all’ articolo 4, comma 2 prescrive che” lo statuto [dei Comuni] deve stabilire norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ed un’adeguata presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del Comune, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti” non ha fatto altrettanto per quel che riguarda le prescrizioni per la composizione del proprio esecutivo.

    E’ dietro a questa vacanza normativa che si nascondono i partiti che compongono le due giunte provinciali nell’intenzione di varare un esecutivo tutto al maschile, nonostante il Consiglio regionale sia composto da 70 eletti/e di cui 24 donne. Una vacanza colpevole considerato il tempo a disposizione per colmare la lacuna (volutamente?) aperta. E da questa colpevolezza non si salva nessuno, uomo o donna che sia. Se ci si crede nella parità di genere non si tentenna a darsi gli strumenti normativi che costituzione e carta europea prescrivono.

    Non ci si limita a firmare la carta Europea a favore di riflettori, quella Carta europea che all’articolo 2, comma 5 della terza parte, recita “il firmatario si impegna a promuovere e a mettere in pratica il principio della rappresentanza equilibrata nei propri organismi decisionali o consultivi e nelle nomine da operare in qualsiasi organismo”. 

    La si mette a terra con norme stringenti e si agisce di conseguenza nella formulazione della legge elettorale ivi comprese la composizione delle liste e la disciplina di voto con prescrizione della doppia preferenza di genere.  E si sostengono con azioni e strumenti paritari tutti i/le candidati/e in modo da favorire un’elezione quanto più paritaria possibile degli organi collegiali.

    Qui a farci una pessima figura sono senz’altro gli uomini delle giunte provinciali, ma le donne dei partiti di governo non ne escono meglio. Non sembrano più che tanto consapevoli della ferita che si aprirebbe con questa scelta anche nella loro credibilità. Sembrano aver assimilato il modus ragionandi dell’homo politicus.

    Se è così, sappiano che lo slogan “vota donna” è stato tradito perché una donna che, nei luoghi dove si prendono le decisioni, agisce come un uomo non dà voce e rappresentanza alle donne e soprattutto non lascerà traccia a favore delle donne.