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Fare la Pace

Fra gli anni '80 e '90 non si parlava d’altro: Alto Adige terra di confine, l’incontro fra culture, lo scontro, il bilinguismo, la convivenza.
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Peace
Foto: Daniel Alvasd on Unsplash

Oggi se ne parla meno o forse se ne parla in modo diverso: è un fatto sottinteso che ha assunto una dimensione più articolata.

No, non è il tema di questo contributo. Il tema di questo contributo è la Pace.  
Chi ci conosce lo sa: noi amiamo occuparci del senso delle parole. È anche con le parole che si fanno le guerre, oppure si fa la pace. Già, così importanti sono le parole! E così oggi ci chiediamo: cosa significa Pace?

L’Alto Adige dovrebbe essere il posto giusto in cui porsi questa domanda, perché, appunto, è un territorio in cui siamo abituati a riflettere sul significato di incontro, di scontro, di scambio, di convivenza. Qui, fra i partner della Rete dell’Alto Adige per la Sostenibilità, c’è il Centro per La Pace, un progetto creato dal Comune di Bolzano nel 2002, che si prefigge di “promuovere la cultura della pace e dei diritti umani, contribuendo alla cooperazione pacifica fra i popoli”.

“Qualche anno fa per noi promuovere la Pace significava ancora essenzialmente promuovere la convivenza pacifica fra i diversi gruppi linguistici presenti in Alto Adige e comprendeva l’esigenza di educare alla mediazione dei conflitti e alla comunicazione non violenta” racconta Marianna Montagnana, responsabile SDG al Centro per la Pace, che prosegue “Con gli anni la parola Pace ha assunto un significato più ampio, sono subentrati molti altri temi ad essa legati di cui ora ci occupiamo, come possono essere i temi della migrazione, della diversità culturale, della parità di genere, che è anch’essa legata alla contrapposizione fra pace e violenza.”

Le chiediamo che cosa impedisca la Pace e Marianna Montagnana ci risponde:

Io credo che ci siano tanti elementi che si mescolano insieme. Io non credo che noi, come esseri umani, siamo portati alla guerra, ma abbiamo degli istinti che generano paura e diffidenza e quindi secondo me è importante educare alla Pace per contrapporre all’istinto la conoscenza dell’altro e la consapevolezza.”

L’Alto Adige è anche la terra natia di una persona di grande forza, una forza gentile, che ha gettato le basi per il cambiamento che è in atto oggi; Alexander Langer era tantissime cose: un pacifista e un ambientalista, un umanista, uno scrittore, un politico, fintanto un "costruttore di ponti”. Alexander Langer era un pensatore, pioniere del concetto di conversione ecologica con il quale intendeva sia lo stile di vita individuale che la trasformazione della società.

 

I genitori di Alexander Langer, nonostante le tensioni tra la comunità linguistica italiana e quella tedesca a quell’epoca fossero ancora fortissime in Alto Adige, frequentavano anche amici italiani, volevano che i figli crescessero bilingui e li educarono nella più totale apertura verso ogni gruppo culturale, sociale o etnico. Langer si oppose sempre a ogni tipo di divisione etnica o linguistica della comunità altoatesina. La conoscenza dell’altro, la ricerca della relazione e la “costruzione di ponti” per superare la conflittualità furono i sui principi guida. Anche nel 1994, quando la guerra segnava i territori dell’ex-Jugoslavia e Alexander Langer proponeva per la prima volta al Parlamento Europeo l'idea di un Corpo Civile di Pace Europeo per gestire, trasformare, prevenire i conflitti senza l'uso della violenza o delle armi. È con la Legge di Stabilità del 2014 che si concretizzerà per la prima volta l’istituzione dei Corpi Civili di Pace, cioè gruppi di “difesa civile, non armata e non violenta, attivi in situazioni di conflitto e di emergenze ambientali”.

A lui si ispira l’agire della Fondazione Alexander Langer. Quando chiediamo a Emira Kola, attivista e operatrice sociale alla Fondazione, cosa significhi per lei la parola Pace, ci risponde:

Pace per me significa che tutti hanno uguali diritti. Se questo si realizzasse non ci sarebbero più conflitti armati. Il conflitto a mio avviso deriva proprio dal fatto che i diritti non sono uguali per tutti. La Pace nella vita di tutti i giorni si costruisce con la consapevolezza: essere consapevoli dei diritti e dei privilegi che abbiamo è un ottimo punto di partenza per non discriminare.”

Chiediamo a entrambe una previsione per il 2030. Emira Kola si dice pessimista. Anche Marianna Montagnana è pessimista, ma “per lasciarmi sorprendere dal bello”. Entrambe sono concordi:

c’è ancora molto da fare.”

 

Un contributo di Sara Anfos, NOWA // seeding positive transformation per La Rete della Sostenibilità dell’Alto Adige

Questo blog è sostenuto dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

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Karl Trojer Sa., 06.11.2021 - 11:11

Für den Frieden erscheinen mir zwei Voraussetzungen als unerlässlich : der gegenseitige Respekt zwischen Personen und die Wertschätzung der Verschiedenheiten von Personen. Dies vorausgeschickt, können auch Ethnien und Völker friedvoll zusammenleben. Der gegenseitige Respekt vermeidet die eigene Übervorteilung und anerkennt damit dem Anderen diesselben Rechte wie sich selbst. Die Wertschätzung der Verschiedenheiten, macht neugierig aufs Erlernen von Neuem und verringert die Angst vor dem Fremden; sie setzt allerdings Selbstvertrauen voraus. Jungen Menschen Selbstvertrauen zu vermitteln erscheint mir als die wesentliche Aufgabe von "Erziehung". Eine darauf ausgerichtete Erziehung bestärkt die jungen Menschen in ihrem "sie selbst sein" und vermittelt ihnen Wissen über Chancen, Hindernisse und Gefahren, ohne sie zu indoktrinieren.

Sa., 06.11.2021 - 11:11 Permalink