Gesellschaft | L'intervista

Il fascismo combattuto a suon di angurie

“Cibo”, lo street artist veronese che copre celtiche e svastiche con le cose da mangiare, abbellirà una parte del muro del lager di Bolzano. “Non lasciamo spazi all’odio”
Cibo
Foto: Vice

Si chiama Pier Paolo Spinazzè, in arte “Cibo”, è veronese ed è noto alle cronache per i suoi murales “gastronomici” con cui copre svastiche e croci celtiche in giro per l’Italia. Fragole, angurie, muffin, würstel, che campeggiano sui muri cittadini in un tripudio di colore, bellezza scanzonata contrapposta agli spauracchi parafascisti. Ribattezzato “l’artista che combatte l’odio a colpi di murales”, Cibo, 37 anni (e 22 di esperienza sulle spalle), farà tappa a Bolzano stasera, martedì 17 settembre, alle ore 19.30, presso il Centro Culturale Vintola in occasione di un incontro moderato da Alex Piovan e organizzato dal Centro per la Pace del Comune di Bolzano, sotto la gestione della Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone, in collaborazione con Cooltour, progetto de La Strada-der Weg. Cibo svolgerà anche un workshop con alcuni studenti del Liceo Pascoli e, oltre che celare le “incriminate” scritte in giro per la città, abbellirà una parte del muro del Lager di via Resia (lato Villa delle Rose).

 

 

salto.bz: Cibo, se lo ricorda il suo primo murales? 

Cibo: Il primo fu una scritta ma era davvero brutta, non ero portato per fare il writer, senza contare che decifrare quelle diciture è un'impresa pressoché impossibile. Avevo l’urgenza di comunicare ma come potevo raggiungere lo scopo se nessuno era in grado di leggermi? Allora ho cambiato rotta.

E l'opera di cui va più fiero?

È sempre l’ultima quella più bella. Sono appena tornato da Ancona dove ho fatto un murales, insieme a Legambiente, sulle microplastiche. La mia è un’interpretazione del monumento al Milite Ignoto di Roma, simbolo di tutti i caduti nella Prima guerra mondiale, che è diventato “il Mitile Ignoto”, le cozze che filtrano l’acqua marina in effetti sono fra le specie più contaminate dalle microplastiche. Il parallelo era quindi fra una tragedia storica del passato come quella della Grande Guerra a un plausibile dramma del futuro. Quello delle plastiche e delle microplastiche è un problema molto sentito e perciò va anche comunicato a dovere. Qualche mese fa diversi street artists, da Banksy a Blu, e me compreso abbiamo tutti fatto un murales sul tema dell'Europa, perché è inevitabile: bisogna “stare sul pezzo”, come si suol dire, per avere eco. E la street art è uno strumento utile non per dare risposte ma sicuramente per sollevare delle domande. L’immediatezza e il luogo in cui si crea l’opera sono fondamentali nella street art che naturalmente ha regole diverse rispetto alle altre forme d’arte. La fortuna di esporre per strada obbliga le persone a vedere il prodotto artistico, per questo vale la pena provare a lanciare un messaggio, per quanto semplice esso sia.

I social in questo senso sono provvidenziali.

Assolutamente sì, sono un pezzettino di muro nella tasca di ognuno. Non potendo fisicamente spostare le mie opere, quello dei social è senza dubbio un buon canale espositivo.

 

 

Lei, con i suoi cibi, si è inventato una sorta di “format” che lo ha reso riconoscibile, l’estrema destra pare non gradire, però.

Poco male e sa perché? Io denuncio i fascisti, loro pagano e io con quei soldi mi ci compro i colori. Senza tutta l’energia che hanno messo nell’odiarmi, sarei ancora a disegnare nei weekend con gli amici e abiterei ancora a casa con mamma e papà. Bisognerebbe quasi ringraziarli.

Verona, del resto, è una città laboratorio dove l’estrema destra prolifera, ha subito ritorsioni?

A Verona quasi tutti i miei murales sono stati rovinati, devo tornare regolarmente a rimetterci le mani. E tutto questo succede solo a Verona, le mie opere in giro per il mondo invece durano decenni. Ho ricevuto minacce sia io che i miei genitori. Vede, non ho paura della polizia o dei carabinieri ma dei militanti dell’estrema destra sì, sono persone violente e pericolose ma anche vigliacche, per questo le celtiche e le svastiche le cancello di giorno, alla luce del sole, quando so che non rischio brutti incontri. Se ti mostri, in fondo, è il cittadino che ti difende.

 

 

Lei che in strada ci passa molto tempo, dica, che clima si respira fra la gente? È un paese rancoroso questo, conseguenza diretta dell’odio propagandato a tamburo battente, o è piuttosto la politica - o meglio una certa politica - ad esserlo? ​

Ci sono persone, e non sono poche, che sono facilmente abbindolabili, non leggono, non si informano, non sono più nemmeno curiose. Ci vuole lo scarto di una generazione intera per creare un adeguato livello di cultura e di istruzione e noi siamo già in ritardo. Il punto è che è facile fare leva sulle legittime frustrazioni della gente così come sulle loro pulsioni peggiori o sull'ignoranza. Ed è quando si innesca la dinamica di gruppo, del “branco”, che arrivano i guai. Io lo conosco bene il potere dell’odio. Se volessi potrei pubblicare nomi e indirizzi di tutti quelli che imbrattano i miei murales ma non è quello che voglio perché farei un uso improprio della mia posizione, scrupoli che invece sembrano non sfiorare certi ex ministri che fomentano l’odio senza volersi davvero approcciare a dei problemi reali. In più le persone, soprattutto quelle di un certo livello culturale, non vanno più a votare perché non si riconoscono più nella politica di oggi, ed ecco, il clima di oggi è il frutto di tutto questo. Ma intendiamoci, tutto è migliorabile e perfettibile, ed è anche in questo istmo che si inserisce la mia attività. 

Fa proseliti?

Sì, con mia grande sorpresa. C’è tanta gente che mi invia i suoi lavori ma che comprensibilmente non vuole metterci la faccia per non incappare in rivalse e vendette di sorta, io non posso più tornare indietro, ma è stata una mia scelta, non tutti sono in grado di portare sulle spalle questo pesante fardello. Per me il vero risultato a cui puntare non è tanto cancellare celtiche e svastiche, che in Italia non sono poi così tante, ma rendere più attiva la gente così che interrompa una buona volta quel lamento a ciclo continuo sui social, in una frase: alimentare il senso civico, perché ognuno può restituire qualcosa alla comunità, a seconda delle proprie capacità e dei propri talenti. Per dire: se fossi un pilota di rally, dopo aver guidato le auto più pericolose, probabilmente mi metterei al volante delle autoambulanze come volontario.

L’iconografia dello street artist è quella di un personaggio che si muove circospetto, di nascosto, col favore del buio, ora questi artisti vengono invitati dalle istituzioni ad abbellire i muri delle città, sta finalmente cambiando qualcosa in Italia?

È brutto da dire ma il mestiere dello street artist sta diventato un po’ una moda. Personalmente credo che a volte bisogna anche forzare un po’ la mano e prendersi i propri spazi. Com’è che si dice? Infrangere le regole ma rispettare le leggi. È così che la penso. Quando cancello le svastiche la maggior parte delle volte non chiedo alcun permesso per due motivi principali: il primo è che nei Comuni a volte siedono gli stessi personaggi che quei simboli li hanno disegnati sui muri, il secondo è che i tempi per ottenere il via libera sarebbero esageratamente lunghi. Di conseguenza le scritte le cancello e basta.

E se interviene la polizia?

I poliziotti sono sempre stati gentili con me, devo essere sincero. Succede che mostro i documenti e se mi vogliono denunciare lo fanno, ma sta di fatto che dopo 22 anni sono, ad oggi, ancora incensurato, perché i giudici hanno sempre riconosciuto la bontà della mia azione.

 

La reazione dei cittadini di solito qual è quando la vedono “servire” sui muri fette di torta per coprire quelle brutture che li sporcano?

Felice, entusiastica, pensi che mi portano anche i panini mentre lavoro davanti al muro. E le critiche le gestisco con il buonumore, di solito funziona, il sorriso ha un potere che spiazza.

E sul muro del lager di Bolzano cosa raffigurerà?

Devo ancora pensarci. Trattandosi di arte pubblica voglio prima parlare con le persone, sul posto. Perché sono i cittadini che poi dovranno sentirla “propria” quell’opera.

Della scena bolzanina della street art cosa dice, la conosce? 

In verità no, sarà la prima volta per me oggi a Bolzano. So però che, in termini di street art, ogni città trova la sua ricetta, c’è chi la usa per riqualificare il quartiere e chi, come a Orgosolo in Sardegna dove i vicoli del paese sono decorati con i murales, per farne un diario di battaglie storiche. Io mi sono buttato sulle cose da mangiare [ride].