Sport | L'intervista

Debora e Jonny

La pongista olimpica, Vivarelli, e il portiere dell'HC Bolzano, Vallini, raccontano sacrifici e gioie dell'essere, da ormai 11 anni, una coppia di atleti professionisti. I biancorossi tornano sul ghiacchio venerdì 17 contro il Villach.
Debora Vivarelli Gianluca Vallini
Foto: SALTO - Othmar Seehauser
  • Intervistare una coppia di sportivi "ci sta" o fa un po' troppo "Vanity Fair" se non, addirittura, "Gente"? Il quesito è frullato a lungo nella testa ma l'unione tra una giocatrice di tennistavolo e un portiere di hockey è davvero piuttosto insolita e quindi, pur con qualche pudore, alla fine abbiamo chiesto a Debora Vivarelli, unica pongista italana a partecipare alle Olimpiadi di Tokyo e Gianluca “Jonny” Vallini, goalie dell’HC Bolzano, se fossero disponibili a venire entrambi in redazione. Hanno accettato.  Essendo atleti professionisti di alto livello, avrebbero avuto senza dubbio molte cose da raccontare anche singolarmente, ma in realtà, nell’intervista che segue, parecchi spunti interessanti (e divertenti) sono venuti fuori proprio dalle dinamiche di coppia. In questi giorni Debora è impegnata in Portogallo mentre la squadra biancorossa, dopo la pausa internazionale, tornerà sul ghiaccio venerdì 17 alle 19.45 per affrontare il Villach.

    SALTO Ci sono coppie celebri di tennisti, nuotatori, sciatori, ma non sono forse numerosissime quelle tra pongiste e portieri di hockey su ghiaccio. Oggi siete entrambi trentenni. Come vi siete conosciuti?

    Debora Vivarelli: “Vai tu? Sei tu che mi hai conquistato …”

    Jonny Vallini: (ride) Sì, ok, vado io. Praticando entrambi sport agonistico, ci siamo conosciuti in prima superiore al Liceo sportivo Toniolo. Cioè: a me Debora piaceva già tanto in prima superiore ma lei mi vedeva solo come un amico (ridono …) Poi lei si è trasferita a Milano in terza e quarta superiore e io in quarta e quinta sono andato a giocare gli Stati Uniti. Poi un giorno sono tornato per le vacanze di Natale ...

    Debora: A me sembrava fosse marzo … (ride)

    Jonny: Sì, prima ci siamo rivisti a Natale e poi sono tornato definitivamente a marzo, e lì poi è iniziato tutto. Era il 2011.

    Poco dopo sei andato a giocare con il Fassa, giusto? 

    Jonny: Sì, esatto. Prima di andare negli Stati Uniti giocavo nell’EV Bozen e quando sono rientrato la squadra era in A2. Quell'anno volevo provare a giocare in serie A e ho ricevuto una telefonata dal Fassa per andare a fare il secondo portiere. 

    Facciamo un passo indietro. Jonny e Debora, siete entrambi nati a Bolzano. Tu Jonny sei cresciuto nel quartiere Europa, o abbiamo informazioni sbagliate?

    Jonny: No, sono cresciuto a Gries.

    Debora: Mi raccomando eh, scrivete Gries (ride). I miei sono entrambi di Bolzano, ma si sono spostati a Caldaro e quindi sono nata a Bolzano ma cresciuta a Kaltern.

  • Debora Vivarelli: La campionessa di tennistavolo viene da una famiglia in cui tutti, ma proprio tutti giocano a tennistavolo. Foto: SALTO - Othmar Seehauser
  • L’hockey qui è piuttosto diffuso, Debora come hai cominciato con il tennistavolo? 

    Debora: Papà e mamma giocavano entrambi a tennistavolo. Il papà ha giocato anche un po’ in Nazionale e loro si sono conosciuti in palestra. Da piccole ci portavano a vedere le partite del papà e poi abbiamo iniziato pian piano. Ho una sorella maggiore, Elisa, che ha tre anni in più di me, e quindi ho iniziato a giocare con lei. Abbiamo continuato entrambe (Elisa ha giocato anche in A1, ndr) e poi ha cominciato anche la sorella più piccola che oggi ha vent’anni. Pure la nipotina adesso sta cominciando ...  del resto non avevamo molte altre scelte. Ogni tanto ai miei genitori dico, cavolo, non potevate farmi sciare? E niente, invece eravamo tutte destinate a questa pallina … (ride).

    Siete entrambi atleti professionisti, e fate due sport piuttosto lontani fra loro. Vi seguite l’un l’altro con piacere? Avete cioè sviluppato la passione per lo sport dell’altro?

    Gianluca: Beh, sì, ci seguiamo, però, ecco, se non gioca lei, non mi metto di sicuro a guardare partite su YouTube. Il tennistavolo mi piace, ma fino a un certo punto, diciamo (ridono). Però quando gioca lei, la vedo volentieri. Per lei è importante che io la segua e così è anche per me. Quando Debora è a Bolzano viene a vedere le partite e lo ha fatto anche in passato quando giocavo lontano da qui.

    Debora: Di partite di hockey ne ho viste proprio tante …. Crescendo a Caldaro quasi tutte le mie compagne praticamente giocavano a hockey, non solo i ragazzi. quindi l’hockey mi era familiare. Poi da quando stiamo assieme lo seguo sempre e negli anni mi sono abbastanza appassionata, devo dire. Una volta eravamo a Toronto e mi ha regalato dei biglietti per andare a vedere una partita di NHL e mi è piaciuto molto. Comunque, con il fatto che è tutto on line, oggi è un po’ più facile seguirsi a vicenda.

  • Debora Vivarelli: L'atleta di Caldaro in azione. Vivarelli è stata l'unica pongista italiana a qualificarsi per la partecipazioni alle olimpiadi di Tokyo. Foto: Archivio Vivarelli

    Com’è la vita di una giocatrice di tennistavolo professionista? 

    Debora: Ho la fortuna di fare parte del Centro Sportivo dell’Esercito che mi supporta sotto ogni punto di vista e sono orgogliosa di rappresentare l’Esercito nelle gare nazionali ed internazionali. Oltre a questo ho la possibilità di poter gareggiare nel campionato di Serie A con l’SV Südtirol e da due anni la federazione ci ha dato il permesso di giocare anche all'estero, quindi faccio anche qualche partita nel campionato spagnolo, a Palma de Maiorca.

     

  • Senza il sostegno dell’esercito riusciresti ad avere una discreta autonomia economica?

    Debora: Sarebbe dura, diciamo snì! Per vivere discretamente penso che dovrei essere almeno nelle prime 30-40 del mondo (oggi è al 119mo posto, ndr). Va detto che nel nostro sport comunque a livello di guadagni c'è ancora tanta differenza tra uomini e donne. In Alto Adige abbiamo la fortuna che sponsor e associazioni ci sostengono parecchio, ma se non avessi l'Esercito sarebbe comunque più difficile. Sono in viaggio circa 10-14 giorni al mese. Per dire, ora vado in Portogallo e la settimana dopo in Germania …  Di solito durante la settimana siamo all'estero e poi nel fine settimana giochiamo le partite di campionato di Serie A, facendo tutto sempre un po’ di corsa. Diciamo che un aspetto positivo è che almeno ora quando torno Jonny è a casa. Quindi almeno quei quattro-cinque giorni riesco a fermarmi. Prima per poterci vedere dovevo prendere la macchina e andare ad Asiago e praticamente a casa non c'ero mai. Diciamo che in questi anni ho imparato a guidare sulle strade di montagna della Val di Fassa, della Val Gardena ...   Sono anche venuta - dice, rivolta a Jonny -  fino ad Alleghe per vederti … stare in panchina (ridono).

  • Quanto si deve allenare una “pongista”? Si può dire pongista? 

    Debora: Sì, si può dire pongista. Minimo mi alleno tre ore al giorno, e nei periodi in cui dobbiamo caricare arrivo a 5. Solo che col fatto che ci sono così tante gare di solito sto sulle tre ore. Per tornare alla domanda di prima, devo dire che adesso che Jonny è a casa sono cambiate diverse cose. Credo che questo ci aiuti anche a giocare un po’ meglio, perché abbiamo meno stress negli spostamenti e riusciamo a supportarci anche un po'meglio l'uno con l'altra. E’ stato un po’ strano, dopo undici anni, riaverlo a casa. Ci siamo dovuti un po’ riabituare agli spazi, ma è sicuramente una cosa molta bella per entrambi. 

    Una curiosità davvero terra-terra: nel tennis tavolo c’è un dominio delle atlete e degli atleti dell'Estremo Oriente. Guardando i video sembrano avere doti soprannaturali. Solo questione di allenamento?

    Debora Uso sempre il paragone del Brasile. Qualsiasi brasiliano è capace di tirare due calci al pallone, e in qualsiasi ristorante cinese quasi tutti sanno giocare a ping pong. Gli atleti cinesi sono così forti anche perché per loro è sport nazionale, c’è molta concorrenza, i praticanti sono talmente tanti che emergono solamente i più forti. Sono perfetti, non perdono praticamente mai con le loro squadre nazionali. Perché perdano deve accadere un miracolo. Le donne cinesi giocano praticamente con la velocità di palla degli uomini. Sono andata diverse volte in Cina per allenarmi. Quando sei lì ci provi un po’ a copiarli, ma è molto dura. Il tennistavolo  è sicuramente uno di quegli sport in cui se ti alleni tantissimo puoi diventare fortissimo anche se non hai talento. 

    Debora

    Trent'anni, Debora Vivarelli è nata a Bolzano ma cresciuta a Caldaro. Oggi è atleta dell’esercito, milita nella Serie A italiana con l’ASV Eppan Tischtennis e attualmente occupa il 119mo posto del ranking mondiale. Con la nazionale italiana ha raggiunto grandi traguardi, quello più significativo è sicuramente la qualificazione alle olimpiadi di Tokio 2020. Dopo l’assenza a Rio, infatti, il Tennistavolo italiano riportò ai giochi olimpici un’atleta. Nella sua carriera internazionale ha disputato 4 mondiali e 5 europei. 

    Foto: Marco Ossido
  • Com' è stato disputare l’Olimpiade di Tokyo, durante la pandemia?

    Debora: Non avendo avuto un paragone con un'altra Olimpiade, per me è stata bellissima, quindi non posso dire che non mi sia piaciuta. Sicuramente è stato un po’ un peccato perché non sono potute venire le persone a me care e non c'era pubblico. Ma me la sono goduta ugualmente dall'inizio alla fine, perché comunque era la prima e forse l'ultima, chi lo sa. Il mio obiettivo è comunque quello di andare a Parigi il prossimo anno, per avere un confronto con un’Olimpiade normale, ma con Tokyo sento comunque di aver realizzato un sogno nel cassetto, non solo mio ma anche della mia famiglia, visto che sono tutti coinvolti. Andare a Parigi non sarà facile. Ci sono pochi posti e non è detto che l'Italia ne abbia uno. Per dire, a Rio non c'era nessun pongista italiano e a Tokyo ero l'unica. Si può accedere con un torneo di qualificazione che si svolgerà a maggio oppure attraverso i posti assegnati grazie alla posizione nella classifica mondiale. Per Tokyo mi ero qualificata tramite la classifica mondiale e quell'anno avevo fatto qualcosa come 18 o 19 tornei in dieci mesi. Sono andata veramente ovunque, anche in Nigeria, dove sono arrivata terza ed è stato il torneo che mi ha dato più punti. Per andare a Parigi dovrò provare a fare lo stesso. Le gare sono sempre di più, disputarle costa sempre di più e la Federazione fa fatica a star dietro a tutte le spese, quindi spesso ci tocca anche tirar fuori qualcosina di tasca nostra. Però lo si fa, va così.

  • Gianluca Vallini: Il portiere bolzanino, 30 anni, è alla prima stagione in biancorosso. Arrivato come backup di Svedberg si è guadagnato spazio con diverse grandi prestazioni. Foto: SALTO Othmar Seehauser
  • Restando in tema Olimpiadi nel 2026  ci saranno quelle invernali di Milano-Cortina. La nazionale italiana è qualificata automaticamente. Jonny, tu lo vedi come un sogno o come un obiettivo?

    Jonny: Ad essere sincero, mancando tre anni non so ancora dare una risposta. Negli ultimi tempi la competizione tra portieri è salita e c’è un giovane molto forte come Damian Clara. Ora come ora penso di poter dire che è un sogno, non lo posso porre come obiettivo. Al momento penso solo a giocare e a divertirmi, poi se succede, bene, sarò felicissimo, se non succede, non diventerò matto. 

  • Gianluca Vallini: Il portiere biancorosso in abiti da "lavoro". Con il 94.1% di parate in sei partite disputate "Jonny" è attualmente il miglior portiere della Ice Hockey League. Foto: Hcb Vanna Antonello

    Giusto che tu ora ti goda il momento. Un portiere bolzanino che gioca in biancorosso … Hai fatto pure delle splendide partite con percentuali di parate molto alte, cosa che ti ha fatto subito entrare nel cuore dei tifosi. Gianluca Vallini eeeheeeh ooohoooh …. 

    Jonny: Sono veramente felice. Sapevo che Bolzano è la città dell'hockey per eccellenza in Italia, da bambino andavo a vedere tutte le partite e son felicissimo di aver avuto l'opportunità di venire a giocare nella mia città. Sono contento che in questo momento le cose stiano andando abbastanza bene rispetto ad inizio stagione e per quanto riguarda i tifosi … sono, sono … troppo buoni (ride). No, davvero, devo ringraziarli veramente tanto perché ci supportano e mi supportano davvero molto. Dopo ogni partita mi arrivano un sacco di messaggi … veramente troppo buoni. 

    Debora: E' che a lui non piacciono molto i complimenti (ride).

    Jonny:  Non è che non mi piacciano i complimenti. sono un po’ timido, tutto qua. Comunque il tifo di Bolzano è veramente incredibile. Ho giocato da diverse parti, ma così non lo ho mai avuto. A 30 anni giocare determinate partite con questo supporto è veramente un bel traguardo.

  • In effetti il tuo percorso sportivo è stato un po’ atipico. Hai giocato in ottime squadre, da ultimo ad Asiago, ma è curioso che tu sia arrivato nella squadra “top” a 30 anni. Quando è stata la svolta?

    Jonny: Il momento chiave, secondo me è stato il mio primo anno a Vipiteno (2017-2018, ndr). Venivo da alcune stagioni al Gherdeina in cui non ero stato costante, diciamo così. A Vipiteno ho cominciato a giocare abbastanza bene con continuità. Poi è arrivata la chiamata dell’Asiago. Lì sono riuscito a vincere campionati di Alps e poi la squadra ha avuto l'occasione di iscriversi in Ice Hockey League (l’attuale campionato anche dell’HC Bolzano, ndr). E giocare in un campionato che dal mio punto di vista è molto più alto della Alps Hockey League è stato già un motivo di orgoglio. Poi in estate è arrivata la chiamata del Bolzano. Prima non so se magari non ero pronto io, ma comunque non c’era mai stata l'occasione di tornare "a casa".

    Aiutaci a capire una cosa un po’ misteriosa. Difensori e attaccanti, se sono in forma, lo si vede subito. Per voi portieri come funziona? Prima di una partita tu senti già che farai bene, o il vostro ruolo è così legato ad episodi e aspetti mentali, che non si può mai dire? 

    Jonny: Il ruolo di portiere di hockey è davvero molto mentale. Quasi troppo, direi. La cosa per me davvero fondamentale è entrare sul ghiaccio convinto di aver fatto tutto quello che potevo fare per essere pronto alla partita. Poi si gioca in 25 di cui cinque sul ghiaccio, e non tutte le partite sono uguali. Puoi fare una partita parando tutto e quella dopo puoi prendere quattro gol in 1 minuto. Magari sui gol hai delle responsabilità oppure quel giorno è in realtà tutta la squadra che non c'è. Poi contano senza dubbio anche la fortuna e la sfortuna. Ci sono davvero tante variabili. Detto questo sono convinto che se tu ti prepari al meglio, sia fisicamente che mentalmente, durante la settimana prima di una partita puoi entrare tranquillo e dare tutto te stesso. Poi è chiaro, non siamo dei robot, i gol li prendiamo  ma essere in quello stato mentale ti aiuta anche a rialzarti dopo aver compiuto un errore.

    Jonny

    A trent’anni Gianluca Vallini è finalmente approdato nella squadra della sua città. Con “Jonny” i Foxes ritrovano nuovamente un bolzanino DOC, che dopo il ritiro del mitico capitano Alexander Egger non c’era più stato. La carriera di Gianluca inizia nell' EV Bozen, nel 2010 si traferisce negli Stati Uniti alla South Kent School. Al suo rientro in Italia approda in Serie A con il Fassa, inizialmente come secondo portiere, poi come primo. Dopo diversi anni in giro per le Dolomiti (Fassa, Gherdëina, Vipiteno e Appiano), si trasferisce su suolo veneto, all’Asiago. Con gli stellati gioca quattro stagioni consecutive con un ottimo rendimento e diversi trofei vinti. Nella stagione 2023/24 finalmente torna a casa a Bolzano e lo fa parando con il 94,1% (+ uno shutout).     

    Foto: HCB
  • Per il portieri avere dei riflessi tipo gatto è fondamentale. E peraltro anche per chi gioca a tennis tavolo sembra una dote fondamentale. E’ un aspetto che si può allenare?

    Oggi alleno questo aspetto meno rispetto agli anni passati. Per i portieri è fondamentale saper leggere il gioco e farsi trovare nella posizione giusta. I riflessi servono ma è importante stare nella posizione giusta e fermo e poi reagire quando il disco lo hai fermato con il corpo. I riflessi comunque un po’ si possono allenare con luci o palline. Ultimamente i portieri sono grandi e grossi e parano tenendo soprattutto una buona posizione.

    Oltre allo sport che fate per lavoro, ne praticate altri?

    Jonny: A me piace da morire andare in bici da corsa. 

    Debora: Eh, diciamo che la bici non è proprio il mio hobby. L’ho comprata pure io e la uso più per allenarmi. Però quest'estate siamo stati in Toscana, al mattino andavamo in bicicletta e nel pomeriggio mi aveva promesso che saremmo andati un po’ per cantine, ma purtroppo non è andata così (ridono). A me poi piace tanto andare in montagna sia d’inverno che d'estate e faccio anche yoga per rilassarmi. 

    Debora, perdona la domanda: se vai in un ristorante o in un Buschenschank e vedi il tavolo da ping pong ti viene voglia di fare due tiri o dici: per carità, basta lavoro. E con Jonny giocate mai?

    Debora: Uno dei motivi per cui sono uscita di casa presto è che non ne potevo più di sentir parlare sempre solo di ping pong. Mia mamma ha una società, per cui vuoi o non vuoi, se ne parlava tantissimo. Il mio sport mi piace molto ma quando torno a casa per me è finita lì. In casa ho forse una sola foto  di me mentre gioco. 

    Jonny: Quando le chiedo di giocare a ping pong, infatti non ha mai voglia (ridono).

    Debora: Prima di tutto sui tavoli non da gara faccio schifo e rischio solo di fare brutte figure. Perché? Perché cambia la superficie, cambiano le racchette … dovrei portarmi la mia racchetta. Adesso ci sono delle palline che non prendono più così tanto effetto come una volta e quindi ad alti livelli gli scambi si sono allungati. Un tempo il tennistavolo era più una questione di sensibilità, di effetti, oggi vince chi tira più forte, è diventato uno sport più fisico. Comunque se gioco nei tavoli dei ristoranti mi è già capitato di perdere (ride). Con la mia racchetta colpisco la pallina in modo diverso, riesco a dare molto più effetto invece con le altre ‘spadelli’ un po’. Quindi non gioco un po’ perché sono molto scarsa e un po’ perché ne ho abbastanza. Però, ecco, pensandoci,  è vero che abbiamo due sport completamente diversi ma il suo ruolo e il mio sport qualcosina in comune forse ce l’hanno.

    Jonny: Anche il vostro è tanto mentale come sport, in effetti.

    Debora: Sì è vero il nostro sport è molto mentale, ma anche a livello di riflessi e di importanza della posizione ci sono delle somiglianze. E infatti tanti suoi compagni di squadra giocano a ping pong e di solito hanno proprio un tavolo ….

    Jonny: Comunque anche a me se succede che se lei chiede di andare a pattinare io dico di no, su questo non ci sono dubbi (ridono).

    E tu Jonny l’hockey lo segui al di fuori del tuo lavoro? Hai un portiere preferito?

    Jonny: Seguo tantissimo l’hockey, devo dire, forse anche troppo. 

    Debora: Le partite Nhl sono spesso la mia ninna nanna … .

    Jonny:  Comunque non mi piace solo l'hockey, in realtà guardo tutti gli sportNei weekend in cui non abbiamo niente da fare, mi piace stare sul divano a guardarmi di tutto. Quando ero ragazzino i miei idoli in porta erano Dominik Hašek o Patrick Roy. Adesso  quando guardo l’hockey cerco un po’ di capire da quelli più bravi come si muovono e cosa riescono a fare molto meglio di me. Sono tanti i portieri che mi piacciono sia nella nostra lega, sia in NHL, se devo dire per forza un nome mi piace molto Igor Shesterkin dei New York Rangers. 

    Il calcio?

    Jonny: Mi piace vedere le partite importanti. Sono stato a vedere Milan-Inter a San Siro, o in  Champions League, Barcellona- Milan. Quel tipo di partite le vedo molto volentieri. 

    Debora: Io non sono mai stato una gran tifosa di calcio, ma sono andata a vedere una partita l’anno scorso e hanno dato 9 cartellini gialli, era tutto un tuffo. Vedendo tante partite di hockey mi veniva da dire: su, dai, alzati, che ti ha appena toccato ... .