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"Non mi sento un seminatore"

Giovanni Salghetti-Drioli è stato sindaco di Bolzano per dieci anni: dal 1995 al 2005. Alla fine di novembre gli è stato attribuito il premio Gargitter.
Giovanni Salghetti Drioli
Foto: Südtirolfoto/Othmar Seehauser

Salto.bz: Dottor Salghetti, innanzitutto come la posso chiamare? Sindaco? Per alcuni si tratta di una carica che non decade mai, almeno dal punto di vista affettivo...

Giovanni Salghetti: Per carità (sorride)... mi chiami semplicemente col mio nome, oppure Avvocato, se preferisce.

Avvocato, d'accordo. Di recente lei è stato insignito del premio intitolato alla figura dell'ex Vescovo Gargitter. Ha apprezzato questo riconoscimento?

Diciamo che l'ho apprezzato proprio perché si tratta di un premio che porta il nome di Joseph Gargitter. Chiunque conosca un po' la storia di questa terra non può infatti ignorare il significato che ha rivestito la sua opera pastorale per il processo di pacificazione inter-etnica.

Ce ne vuol ricordare i tratti salienti?

E' stato un Vescovo molto carismatico, soprattutto perché ha operato in un'epoca di grandi tensioni. Fu proprio il suo modo di condurre la Diocesi che contribuì a superarle. Agli inizi degli anni Settanta, quando ho avuto modo di conoscerlo da vicino, la comunità tedesca era molto chiusa, diffidente, arroccata su posizioni conservatrici. Lui è stato un uomo che ha invece sempre cercato con ostinazione il dialogo, tanto che alcune persone di lingua tedesca l'avevano ribattezzato “der walsche Seppl”.

Ha avuto modo di capire da cosa si originasse la particolare vocazione al dialogo del Vescovo Gargitter?

Sì, in ambito privato posso dire che acquisiva una sfumatura umana certamente determinata dalla sua provenienza sociale. Veniva da una famiglia contadina molto numerosa e si è sempre occupato dei più deboli. Quelli erano anni in cui l'economia di montagna non era affatto redditizia. Molti figli di contadini erano costretti a lasciare i loro paesi e scendevano in città, anche per trovare lavoro nelle fabbriche. Per questo motivo ha avuto modo di fare esperienza in modo diretto dei loro problemi, che ovviamente si sommavano a quelli della popolazione italiana residente. Ciò ha per così dire temprato il suo sguardo, focalizzandolo anche sugli aspetti essenziali della convivenza e agendo, potrei dire, come un balsamo.

Mi sento un po' figlio di quella atmosfera adriatica. Il mare esercita su di me un richiamo incoercibile.

Avvocato, anche la sua famiglia proviene da un contesto geografico segnato da una cruenta conflittualità etnica. Sente ancora un legame profondo con quella terra?

Certo. Come lei sa, la mia famiglia proviene dalla Dalmazia. Anche se i miei ricordi formativi sono mediati dai loro racconti, col tempo ho riallacciato un contatto più diretto. Da molti anni mi reco spesso a Zara, dove si trova la tomba di mio nonno, e anche all'interno del Duomo locale c'è una lapide che ricorda i miei avi. Sento molto queste radici, in un modo forse addirittura più forte della mia appartenenza a Bolzano, città nella quale ho comunque vissuto per mezzo secolo, dandomi l'opportunità di studiare e di crescere e che dunque non posso dire non sia profondamente “mia”. Poi ho frequentato molto anche Venezia, per via di alcuni zii e di mia nonna, insomma mi sento un po' figlio di quella atmosfera adriatica. Il mare esercita su di me un richiamo incoercibile.

Lei è dunque un uomo di molte appartenenze, non le sembra che ciò possa rappresentare, oltre agli indubbi vantaggi, anche un rischio di “spaesamento”?

Appartenere a più luoghi dà un vantaggio perché esprime poliedricità. Poi, certo, se a un certo punto dovesse prevalere l'aspetto nostalgico potrebbero anche insorgere fenomeni negativi, regressivi. Ma dobbiamo considerare anche lo sviluppo generazionale. Io ho due figli che sono nati a Bolzano e sono molto fieri di essere dei bolzanini. Quando cambia la generazione cambia anche l'atteggiamento.

I suoi figli sono fieri di essere bolzanini, dunque. Ma cosa significa “essere bolzanini”? Esistono forse delle qualità peculiari?

Essere bolzanini significa sapersi confrontare. Vedere nelle differenze possibilità di arricchimento personale. Non ci si può chiudere in noi stessi. Un altro vantaggio è il paesaggio, molto forte e vario. Qui il paesaggio ispira sentimenti profondi. Se io ho una giornata storta e vado in montagna acquisto subito un'altra prospettiva. E poi i comportamenti dei bolzanini, molto corretti. Per quello che posso dire di aver sempre riscontrato: l'onestà, soprattutto nei rapporti economici. Difficile che qualcuno venga meno alla parola data. Infine anche il rispetto per la natura e la cosa pubblica, il senso civico. Nonostante tutti i discorsi che si sentono fare sul “degrado” e una certa decadenza, rilevata per esempio da alcune statistiche pubblicate dai giornali, io scorgo una continuità tra il passato e il presente.

E allora perché molte persone si lamentano?

Bisogna distinguere. Oggi chi ha da protestare è molto più udibile di prima, perché non ha difficoltà a trovare una cassa di risonanza e soprattutto un megafono (per esempio usando internet). Le persone che invece sono abbastanza soddisfatte magari non sono così percepibili, ma sicuramente costituiscono ancora la grande maggioranza. Vero è che di recente sono emersi fenomeni preoccupanti, una maggiore propensione al razzismo, per esempio, che non possiamo sottovalutare. Specialmente in ambito politico.

Una volta esisteva un tessuto associativo molto più fitto, e la comunicazione tra i consigli di quartiere e l'amministrazione era senz'altro più stretta. Adesso non è più così.

Alle ultime amministrative la città di Bolzano ha eletto tre rappresentanti che si dichiarano candidamente fascisti...

Sì, si tratta di un fatto allarmante e dobbiamo cercare di capire perché ciò sia avvenuto.

Lei ha una risposta?

Credo che abbiamo sottovalutato per troppo tempo il disagio che si stava manifestando in determinate parti della città. Ci sono zone – guarda caso quelle che hanno tributato a CasaPound moltissimi consensi – in cui è concentrata una popolazione che sente di avere meno possibilità o che fa esperienza anche di una condizione di reale impoverimento. Quindi c'è molta protesta. E guardi che a protestare non sono solo i giovani, ma anche tantissimi anziani. E' chiaro che quando davanti a loro si presenta qualcuno che dice di voler darsi da fare, che propone ricette da applicare subito e in modo concreto, è chiaro che riesce a carpire la loro fiducia o a diffondere la propria idea di riscatto, anche se magari è fuorviante.

Ma perché proprio adesso, in questo preciso frangente storico?

Posso cercare di stabilire un raffronto con la situazione osservata da me, quando ero sindaco, ormai più di dieci anni fa. Una volta esisteva un tessuto associativo molto più fitto, e la comunicazione tra i consigli di quartiere e l'amministrazione era senz'altro più stretta. Adesso non è più così. Il paesaggio associazionistico si è desertificato e anche la comunicazione tra gli organi rappresentativi periferici e il centro si è rarefatta.

Manca una specie di cinghia di trasmissione...

Esattamente. Le posso fare un esempio. Prima avevamo molti insegnanti nel mondo delle associazioni. Erano figure importanti, che non andavano in pensione tardissimo e quindi poi potevano investire anche molte energie. Adesso, invece, un insegnante finisce di lavorare in media molto tardi, e dopo non ha più la voglia di fungere ancora, per l'appunto, da cinghia di trasmissione inter-generazionale. Lo scollamento è totale. E qui si creano qui “buchi sociali” in cui cresce la solitudine e un certo senso di abbandono. Pensi a punti di riferimento come l'associazione AVULSS, che adesso ha persino chiuso.

Ma la politica in che modo potrebbe reagire?

Francamente non lo so, mi sembra che i partiti si siano ormai definitivamente chiusi entro se stessi, sono preoccupati solo da come riuscire ad andare avanti per sopravvivere. Manca una vera elaborazione di questa crisi profondissima, non si avverte la loro presenza sul territorio, a parte nelle occasioni elettorali dove siamo inondati di pubblicità.

A proposito, lei ha votato allo scorso Referendum Costituzionale? Posso sapere come?

Ho votato “sì” e l'ho fatto per un semplice motivo: speravo davvero che rimanesse un'unica camera a fare le leggi. Il tema della maggiore efficienza e snellezza nel lavoro parlamentare mi pareva una priorità da sottolineare, da agevolare. Poi, certo, ho considerato anche le preoccupazioni di chi temeva un rafforzamento eccessivo dell'esecutivo e della figura del premier, ma – ho riflettuto – se anche uno come Berlusconi alla fine è saltato vuol dire che questo pericolo è molto più immaginario che reale. Oggi esistono molte possibilità di controllo, e se un governante non piace prima o poi il popolo riesce a disarcionarlo....

Beh, com'è accaduto anche con Renzi, si potrebbe dire.

Eh, possibile. Nell'ultimo mese anch'io avevo capito che la sua propaganda era diventata troppo martellante, quasi asfissiante. Ciò ha sicuramente generato una buona dose di fastidio e alla fine, forse, non è azzardato affermare che se la sia anche un po' andata a cercare. Peraltro, vanificando quello di buono che aveva anche fatto fino a poco tempo fa.

Come si fa a non rendersi conto che, senza coinvolgere i grandi paesi in un progetto comune, singolarmente non si può andare da nessuna parte?

Comunque continua a seguire con interesse la politica nazionale, la appassiona?

Mi sembra importante seguirla, sì. Ma sempre con un certo riguardo anche a dinamiche più ampie, Europee. Sono ancora dell'avviso che sia sensato lavorare al fine di sciogliere le particolarità nazionali in un contesto più ampio, e devo dire che da questo punto di vista l'Italia ha anche recuperato considerazione. Penso a temi quali la disoccupazione, la crescita, l'unificazione delle forze armate, l'immigrazione. Come si fa a non rendersi conto che, senza coinvolgere i grandi paesi in un progetto comune, singolarmente non si può andare da nessuna parte? L'Europa è stata la culla della civiltà, e anche in considerazione dei grandi cambiamenti che stanno avvenendo sulla scena planetaria, un ruolo più forte dell'Europa mi pare indispensabile.

Preoccupato da come gli americani hanno scelto il loro nuovo presidente?

E' stata una delusione tremenda. Ma del resto, dopo un presidente come Obama i Democratici hanno sbagliato a puntare sulla Clinton. Ci sarebbe voluto più coraggio, bisognava spezzare la logica delle lobbies. Adesso gli elementi di turbamento, a livello internazionale, sono molti. Possiamo solo sperare.

Lasciamo il vasto mondo e torniamo a Bolzano. Cosa ne pensa dell'idea, sempre un po' ricorrente, di unificare i partiti italiani locali, o comunque di un eventuale tentativo per ridurne la frammentazione?

Beh, adesso peggio di così non potrebbe andare. Cinque consiglieri e un assessore non garantiscono una rappresentazione adeguata. Poter avere due o tre riferimenti sarebbe meglio. Avessimo solo un centredestra e un centrosinistra, accompagnati magari da un terzo soggetto a vocazione esplicitamente autonomistica, non sarebbe male. Il dialogo con la Provincia, penso adesso in particolare alla città di Bolzano, troverebbe nel presidente Kompatscher sicuramente una sponda più interessante. Kompatscher sta dimostrando attenzione per la città, si è parlato di circonvallazione, dovrebbe finalmente partire la costruzione del nuovo polo bibliotecario. Semmai sono anche altri i soggetti che hanno bisogno di un po' più di dinamismo, come i nostri maggiori centri di ricerca (Eurac e Università). Il confronto con Trento, da questo punto di vista, ci vede ancora in una situazione di arretratezza. Perché, mi chiedo, la LUB non interagisce maggiormente con Verona, con Innsbruck, con la stessa Trento? Ormai il periodo di prova è passato, si dovrebbero vedere delle ricadute più cospicue sul territorio. E questo porterebbe sicuramente maggiore movimento anche nella politica, riusciremmo a spezzare quella sorta di isolamento nel quale ancora ci troviamo. Speriamo che il nuovo rettore dia un impulso maggiore.

Sono molto affascinato da una figura come quella di Papa Francesco. Mi pare che le sue posizioni esprimano un orientamento condivisibile e anche avanzato su molti punti, in special modo su quelli di carattere sociale ed ecologico.

Senta Avvocato, lei ha sempre evidenziato anche un sincero impegno cattolico. Pensa che ci sia ancora spazio per l'esistenza di un partito politico fortemente caratterizzato in senso confessionale?

No, mi sembra che quei tempi siano passati. Anche le gerarchie ecclesiastiche – e dico per fortuna – non hanno più un grande interesse ad esercitare la loro influenza sulla politica. Per converso, io sono molto affascinato da una figura come quella di Papa Francesco. Mi pare che le sue posizioni esprimano un orientamento condivisibile e anche avanzato su molti punti, in special modo su quelli di carattere sociale ed ecologico. E' un Papa molto vicino alle persone, si vede che sta davvero dalla parte degli ultimi e ci stimola a riflettere, a rivolgere la nostra attenzione a chi ha meno di noi.

Lei ha mai fatto o farebbe mai un'ordinanza contro l'accattonaggio?

No, non ho mai fatto ordinanze contro l'accattonaggio e le dico anche che non servono a nulla. E' evidente che si tratta di un fenomeno complesso, che ha anche dei risvolti criminali, ma la moda di emettere provvedimenti punitivi per compiacere il populismo la trovo priva di senso. I problemi legati alla povertà e al disagio sociale non si risolvono togliendo le panchine dalle città, come faceva il vecchio sindaco di Treviso. Bisogna invece creare una comunità inclusiva, andare alla vera radice del malessere. E soprattutto: occorre mettersi nei panni degli altri, sopportare il peso della differenza. Anch'io avrei potuto nascere nigeriano.

Un sindaco nigeriano per Bolzano quali caratteristiche dovrebbe avere?

A parte il diverso colore della pelle, dovrebbe avere tutte le altre caratteristiche utili a qualificare un buon sindaco in generale.

E quali sarebbero, scusi se insisto?

Un sincero interesse alla crescita di una comunità. Conoscere bene la macchina amministrativa, avere a cuore la realizzazione dei progetti elaborati e dare sempre rilievo alla cultura.

Nessuna particolare dote caratteriale?

La calma, saper fare sintesi tra posizioni diverse, saper ascoltare, non bisogna avere mai fretta prima di decidere.

 

Ho solo cercato di testimoniare i valori che mi hanno plasmato, e che mi porto dentro. Spero che sia questo ad aver lasciato in loro e nei cittadini un mio ricordo.

Quanto hanno contato per lei i collaboratori dei quali si è circondato, pensa di essere riuscito a lasciare in loro, ma anche nei cittadini di Bolzano che l'hanno avuta come sindaco, un buon ricordo?

Ho sempre avuto validi e simpatici collaboratori, in tutti gli ambiti in cui ho lavorato. Quando le persone vengono motivate, vengono messe in condizione di lavorare, allora i risultati si vedono. Forse potrei dire che questa è sempre stata una delle mie qualità. Ma non mi sento un seminatore. Ho solo cercato di testimoniare i valori che mi hanno plasmato, e che mi porto dentro. Spero che sia questo ad aver lasciato in loro e nei cittadini un mio ricordo.

Avvocato, lei sembra davvero la calma impersonificata. Possibile che non si sia mai arrabbiato durante i dieci anni in cui ha governato una città litigiosa come Bolzano? Ha una ricetta di successo da divulgare?

Di solito le arrabbiature me le tenevo dentro. Forse si tratta però di una qualità che ho ereditato dai miei geni adriatici, ai quali facevo riferimento all'inizio, quindi difficilmente trasmissibile a chi ha altre radici. I dalmati sanno guardare lontano, senza lasciarsi coinvolgere dai toni più esasperati. Forse è il mare a mitigare il loro, il nostro animo. Ma anche la capacità di apprezzare la solitudine, che mi contraddistingue, ha svolto sicuramente un grande ruolo.