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Che cos'è il turismo esperienziale?

Il turismo esperienziale trasforma una vacanza in un'esperienza che inizia prima e finisce dopo il viaggio. Un professionista ci ha raccontato come funziona.
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Davide Valin
Foto: Davide Valin

di Flavio Pintarelli

Il turismo esperienziale e lo storytelling sono stati l’argomento dell’intervento che Davide Valin ha tenuto in occasione dell’ultimo BarCamp Südtirol. Davide, 38 anni, è tornato in Alto Adige da qualche anno dopo aver maturato una lunga esperienza professionale all’estero. Per 20 anni infatti ha lavorato nel settore turistico, dove continua a operare con la sua azienda, Xeniapro, agendo di supporto alle aziende del settore nel processo di ideazione, gestione e coordinamento della comunicazione e del marketing digitale.

“Raccontare storie” mi dice Davide quando ci ritagliamo qualche minuto insieme per parlare del suo intervento “è un’attività antichissima, che oggi possiamo praticare con tanti strumenti diversi. Ma l’obiettivo rimane sempre lo stesso: comunicare, ovvero coinvolgere, affascinare, o informare il nostro interlocutore a seconda dei casi. Tutto questo, oggi, lo chiamiamo storytelling ed è un modo per ridurre la distanza tra chi parla e chi ascolta”.

Un obiettivo importantissimo per chi vuole prolungare l’esperienza turistica ben oltre i suoi tradizionali confini, “il turismo esperienziale infatti” mi spiega Davide “non si limita a concentrarsi sull’esperienza del viaggio, ma vuole prolungarla prima e dopo. Lo scopo è quello di trasformare la destinazione in un’esperienza totale, che ti accompagna prima di arrivare in vacanza e non ti lascia nemmeno dopo che la vacanza è finita. Il turista deve venir trasformato nel protagonista di una storia, che vive in prima persona. In questo modo sarà più facile riuscire a fidelizzarlo”.

Si può dire che lo storytelling sia, a tutti gli effetti, il lato più spiccatamente umanistico del marketing. Ma alla base di questo approccio c’è una solida impostazione strategica: l’Inbound Marketing. Ovvero lo studio del processo di acquisizione del cliente. Prima bisogna attrarlo, poi generare un contatto, convertirlo in un acquisto e, infine, fidelizzarlo per fare in modo che il cliente condivida spontaneamente le sue impressioni sul prodotto con la sua rete sociale.
Una serie di azioni che non si possono improvvisare, ma che vanno pianificate con attenzione se si vuole avere successo. “Fondamentale è la scelta dei canali di comunicazione. Questi vanno selezionati in base alle circostanze e agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Spesso la paura di non essere “aggiornati” spinge albergatori e operatori del settore ad agire senza pensare, ed è la cosa peggiore. Poi, e la mia esperienza me lo ha insegnato, quello che fa davvero la differenza è il coinvolgimento diretto di chi vuole comunicare, l’uscita dalla propria zona di comfort da parte del committente, che deve diventare parte attiva del processo di comunicazione”.

Una visione del digitale che Davide abbraccia a 360°, perché “il digitale non è solo uno strumento, ma un modo per creare delle sinergie. Per questo penso che il BarCamp sia un’iniziativa davvero utile, soprattutto in un territorio dove mi pare non sia così facile fare rete. Può essere che io, avendo vissuto molti anni all’estero, abbia perso un po’ di contatto col territorio. Ma mi pare che si faccia qualche fatica a creare una scena di professionisti che si occupano di marketing digitale, pur essendoci molte occasioni per farlo. Altrove, complice la crisi che ha costretto tutti a un duro bagno di realtà, ho visto una propensione maggiore e una forte esigenza di condividere esperienze, momenti di confronto e anche progetti. Qui in Alto Adige mi pare che questo bisogno di confronto e questa spinta dal basso potrebbero avere effetti molto positivi. Certo è che questo cambiamento non pioverà dal cielo, dovremmo essere noi a creare le condizioni per renderlo possibile”.