Il simonino con l aureola
Foto: Paolo Ghezzi Salto.bz
Kultur | Trentexpress

Simonino, un tormento lungo 5 secoli

Trento, il martire inventato, l’antisemitismo e gli ebrei di Merano: le dimissioni della direttrice del Museo diocesano diventano un caso nazionale.

Un bambino, Simone, trovato morto in una roggia dell’Adige alla vigilia della Pasqua 1475, un presunto e non provato infanticidio rituale per cui furono accusati, torturati, condannati e sterminati i pochi ebrei della città di Trento: il culto anti-ebraico del Simonino è rimasto vivo, tra i cattolici, per oltre quattro secoli. Fino al 1965, quando la Chiesa – anche grazie all’impegno di coraggiosi sacerdoti trentini come Iginio Rogger e Silvio Franch, oltre alle ricerche degli storici – abolì la devozione al "piccolo martire" dichiarando infondata l’accusa e ingiusta la sentenza capitale. Due anni prima la studiosa ebraica Gemma Volli poteva ancora scrivere, indignata: "Quest’assurda storia viene tuttora insegnata nelle scuole… Il turista di passaggio a Trento può chiedersi con costernazione se questa città fa parte di un Paese civile".

Quasi trent’anni fa, nel 1992, ci fu il solenne momento della riconciliazione della città "degiudeizzata" con la comunità ebraica italiana, che aveva emesso un "cherem”, un anatema, nei confronti di Trento dove infatti non si è mai ricostituito un nucleo ebraico. Ma con la mostra "L’invenzione del colpevole" (dicembre 2019-aprile 2020), vincitrice di un premio europeo, l’antica e vexatissima questione si è riaperta, del tutto a sorpresa, con una scia di dimissioni polemiche e polemiche sulle dimissioni.

Una sovra-esposizione che ha riacceso le luci su una vicenda che a Trento aveva smesso di fare notizia almeno da mezzo secolo. Una donna, un’ottima direttrice del Museo diocesano di Trento, la cremonese architetta Domenica Primerano, che è succeduta al professor monsignor Iginio Rogger (che il segreto sul luogo di sepoltura dei resti del Simonino se l’è portato nell’aldilà) si è trovata in mezzo a una polemica tutta maschile, che ha creato addirittura uno scontro tra i due giornali locali rimasti su carta. L’Adige in difesa di Primerano contro i suoi presunti censori. Il Corriere del Trentino che invece la critica per i disavanzi (sovrastimati) e saluta l’arrivo del professore di economia aziendale Michele Andreaus al timone del Museo. La stessa Mimma (così la chiamano i molti estimatori e amici) Primerano, su Facebook, ha chiamato in causa peraltro lo strano silenzio del Tgr Rai di Trento. Mah. A furia di dietrologie si rischia di smarrire il filo. Ricostruiamo i fatti certi.

Premiazione e dimissione

L’8 ottobre la direttrice Primerano si dimette in coincidenza con la consegna al suo Museo del premio europeo per la «didattica museale» European Heritage Awards. Dal 2002, quando il premio è stato istituito, nessun museo italiano aveva mai vinto il Grand Prix nella categoria «Educazione e sensibilizzazione».  

 

A Riccarda Turrina, sull’Adige, Primerano ha spiegato: "Si è trattato di una decisione molto sofferta anche perché al museo ho dedicato con passione gran parte della mia vita». Ragione delle dimissioni anticipate rispetto alla scadenza del contratto nel 2023: il mancato sostegno della diocesi di Trento al suo progetto di rendere la mostra del Simonino un’esposizione permanente con estensione in altri due luoghi della città esterni al Museo. Il progetto prevedeva la creazione di una sezione permanente del museo dove raccontare i fatti, l'ideazione di percorsi di ricerca incentrati sulle fake news per gli studenti delle scuole secondarie, l'organizzazione di visite guidate per piccoli gruppi nella cappella di via del Simonino acquistata dal Fai e in quella all'interno della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, detta San Pietro dai trentini, cappella chiusa nel 1965 dopo l' abolizione del culto. "I due spazi – spiega Primerano – sarebbero stati aperti dagli educatori solo in occasione delle visite guidate. Già in passato avevamo portato studenti o gruppi di adulti nel luogo dove un tempo era esposto il corpo del bambino, ma la cappella era diventata il deposito della chiesa e giaceva in uno stato di progressivo degrado. Ci sembrava importante intervenire, anche per valorizzare la cappella dal punto di vista storico artistico".

Invece non se ne farà nulla. "Posso capire – continua Primerano – le preoccupazioni che hanno motivato questa scelta: nonostante il grande lavoro di divulgazione svolto dalla mostra L' invenzione del colpevole. Il "caso" di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia, il tema è ancora molto caldo. Basti pensare ai manifesti della nostra mostra, subito imbrattati con scritte antiebraiche, o al dipinto comparso sulla pagina Facebook di un artista, che preferisco non nominare, il 23 marzo 2020 con la riproposizione della scena dell'omicidio rituale. Tuttavia credo che i molti fraintendimenti che si sono verificati siano dovuti alla scarsa comprensione del termine "musealizzare". Quando un oggetto entra a far parte di una raccolta o di uno spazio museale diventa un "semioforo", acquista cioè un significato "altro": quello che il collezionista o il curatore gli assegna e vuole trasmettere. Nel nostro caso, un reliquiario esposto entro una vetrina non è più l' oggetto di culto, ma la testimonianza di un abuso: quello perpetrato ai danni degli ebrei, costretti sotto tortura a riconoscere una tenaglia come lo strumento usato per uccidere Simone. Musealizzare il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau non credo abbia alimentato l' antisemitismo, ma piuttosto sia servito a riflettere sugli errori del passato".

Alla premiazione l'arcivescovo Tisi si è detto dispiaciuto –  "dove troveremo un’altra Primerano?" – ma era tardi per convincerla a ripensarci.  L’8 ottobre Primerano si è dimessa ed è partita per un viaggio di autoesilio felice in bicicletta – sua passione – lungo la Loira, da cui manda foto e post, anche polemici.

 

La guerra dei giornali

Intanto a Trento è esplosa un’iradiddio. La presidente delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni ha espresso rammarico e così il professor Ugo Volli, pronipote di Gemma Volli che contribuì a demolire il mito del Simonino.  L’Adige ha criticato Tisi per non aver difeso Primerano dagli attacchi "che arrivavano dalla destra cattolica e dalla sinistra di sponda ebraica e di fronte ai quali Tisi non ha mai preso posizione pubblicamente, lasciando che queste pressioni crescessero". E ha attaccato i presunti attaccanti: "critiche a Primerano erano giunte nelle mani del vescovo anche da un' area laica, vicina al mondo ebraico, che non voleva che la mostra sul Simonino fosse musealizzata alla chiesa di San Pietro. Cristallizzati in una lettera a Tisi c' erano, tra gli altri, i nomi dei giornalisti Enrico Franco e Alberto Folgheraiter, del drammaturgo Renzo Fracalossi".

I tre hanno contrattaccato: "Nel gennaio scorso, alcune decine di persone (tra cui i sottoscritti) hanno inviato una lettera riservata all' Arcivescovo Lauro Tisi per esprimergli la preoccupazione che i luoghi tristemente noti per essere stati un riferimento nel culto del Simonino fossero riproposti alla pubblica attenzione  attraverso "una possibile ricollocazione di immagini e reliquiari, legati al ben noto dramma del Simonino e della conseguente persecuzione antisemita, nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Trento, cioè nel medesimo luogo di culto che le aveva ospitate fino al 1965 e al decreto di rimozione a seguito dell'avvenuta decanonizzazione. Convinti però delle potenzialità comunicative di quella mostra, siamo certi che la stessa, con tutta la simbologia che trascina con sé, potrà trovare degna collocazione in appositi spazi museali, perfetti per conseguire lo scopo. In conclusione: nessuno ha criticato la mostra che, al contrario, abbiamo elogiato sia nella lettera all' Arcivescovo, sia parlando personalmente con la direttrice Primerano cui confermiamo la nostra stima e la nostra gratitudine per aver ricostruito con perizia scientifica la tragedia del culto del Simonino basato su evidenti falsità".

Enrico Franco aggiungerà poi in un articolo di carattere più personale sul Corriere del Trentino: "Personalmente sono molto dispiaciuto della decisione di Domenica Primerano che stimo, che ha fatto un lavoro culturale enorme. Nessun circolo oscuro, nessuna lobby demo-pluto-giudaico-massonica… Un ultimo ricordo: quando sul finire degli anni Sessanta la mia famiglia dovette trasferirsi in Trentino, mia madre andò dal nostro rabbino di Milano per sapere a chi fare riferimento: “Lei non può andare a Trento – rispose il rav – C’è un cherem su Trento, è terra maledetta”. Sono grato a mia mamma di non averlo ascoltato: pochi anni dopo, il cherem venne revocato e potemmo recitare il Kaddish in vicolo dell' Adige per gli ebrei uccisi cinque secoli prima. Ecco perché provo grande ammirazione per il coraggio della Chiesa trentina che ha abolito il culto…".

La resa dei conti: da Mimma a Giorgia

Passa qualche giorno e il Corriere del Trentino apre però un altro fronte: "Nell' ultimo anno, anche per via del Covid, la diocesi ha immesso nel museo 400mila euro. Il nuovo direttore Andreaus, quindi, dovrà impegnarsi nel ridare equilibrio a una gestione che è stata considerata troppo di stampo personalistico, anche se il lavoro di Domenica Primerano, durato 32 anni, viene esaltato da più parti". Primerano ribatte mettendo i puntini sulle i: "Programmi e preventivi, consuntivi e bilanci devono essere approvati dal Curatorium. Solo in questo caso si può accedere ai contributi provinciali. Preventivi e bilanci sono stati sempre approvati all' unanimità dal Curatorium che, per altro, dal 2019 vede tra i propri membri l' economo della diocesi. Passiamo ai numeri: premetto che nel 2020 il museo è rimasto chiuso per molti mesi e sono stati svolti lavori straordinari. Il disavanzo approvato coperto dalla diocesi è pari a 155.524,59 e non 400mila euro".

Infine, il caso diventa nazionale grazie allo storico dell’arte e principe delle polemiche politiche Tommaso  Montanari che su Il Fatto Quotidiano del 18 ottobre scrive accusando addirittura di corruzione l’allora principe vescovo Hinderbach e difendendo a spada tratta Primerano: "Fateci caso, i posti di responsabilità nel governo del patrimonio culturale sono tutti assegnati a figure allineatissime al potere costituito. Nessuno spazio per eretici talentuosi, creativi, visionari, sperimentatori. Se poi si tratta di donne, ciò che ci si aspetta è una totale sottomissione all'ordine stabilito dal dominio maschile. Figuriamoci se poteva reggere la brillante, intellettualmente insubordinata, responsabile di un museo ecclesiastico: e infatti Domenica Primerano si è da poco clamorosamente dimessa… Ancora oggi nel discorso pubblico, e sulla rete, Simonino è un santo vero, gli ebrei assassini di bambini. La mostra smontava. E lo faceva in un momento in cui l' invenzione del colpevole (nero, immigrato, rom, omosessuale, povero: comunque diverso, come gli ebrei) è ancora il pane quotidiano delle più votate forze politiche italiane. Non sembri un collegamento forzato: più di una volta la Difesa della razza (la rivista fascista, di cui era efferato caporedattore Giorgio Almirante: tuttora riconosciuto come padre politico dal partito di Giorgia Meloni) mise in copertina le immagini e la storia di Simonino, vittima dei perfidi giudei che allora fascisti e nazisti avviavano ai forni crematori».

Una difesa appassionata ma sopra le righe. Con possibili effetti controproducenti. Da Mimma a Giorgia. Ce n’è di che incendiare l’Italia. Niente da fare, la storia presenta sempre il conto.

Lo scandalo del dubbio

Un altro paradosso di questa storia intricata: è stato proprio un valente storico ebreo, Ariel Toaff (figlio dell’ex rabbino capo di Roma), nel 2007, a riproporre i dubbi della fine Quattrocento sulla fine del Simonino. Ha sostenuto infatti, documenti alla mano, che nel tardo Medioevo soprattutto nell’area germanica (dove col pretesto di altri "bambini cristiani martiri" si accesero feroci persecuzioni antisemite) il sangue aveva una speciale fascinazione per una minoranza di ebrei ashkenaziti, che lo usavano per impastarlo con i cibi o come medicinale a fini terapeutici. Nel libro  Pasque di sangue (poi ritirato dalle librerie per la sollevazione indignata del mondo ebraico) Toaff sosteneva che non era impossibile che minoranze di fanatici ebrei avessero potuto concepire infanticidi rituali di bambini cristiani, come reazione a situazioni di grave persecuzione, discriminazione, oppressione da parte delle comunità cattoliche dove gli ebrei si sentivano assediati.

Toaff, dopo aver pubblicato un’edizione riveduta delle  "Pasque di sangue", ha poi sostenuto (in «Ebraismo virtuale, 2008) che si fa torto agli ebrei a non voler affrontare, sotto il ricatto insuperabile della Shoah, una ricerca libera anche sugli aspetti oscuri della loro storia. Scrive: "Sangue benedetto, sangue maledetto. Duplice e ambiguo, costituiva l’affascinante ossessione di cristiani ed ebrei. Di questi riti e credenze sarebbe inutile cercare tracce nei libri di storia: fino ad oggi la storiografia ebraica ha preferito ignorare la centralità dell’elemento magico e demonologico nella cultura ashkenazita medievale. …Niente è più inverosimile quindi di un affresco della storia del popolo ebraico uniforme… un’iconografia pietosa che, a dispetto delle apparenze, considero palesemente intrisa di antisemitismo". Un altro paradosso, dunque: uno storico ebreo che invita a considerare gli ebrei proprio come i "gentili": ce n’è di buoni ma anche di cattivi, capaci di odio e di vendetta. Altrimenti non sarebbero esseri umani come noi: e questo finirebbe per essere involontariamente un pregiudizio antisemita. Proprio un’accurata ricerca storiografica, peraltro, nel caso del Simone di Trento, ha evidenziato le torture e le storture del processo che ha mandato a morte tutti gli ebrei maschi della città, guidati da Samuele di Norimberga: l’invenzione del colpevole, per l’appunto. 

Un giallo nel giallo: gli ebrei di Merano

La presidente della Comunità ebraica di Merano Elisabetta Innerhofer Rossi – interpellata da salto.bz – non ne può più di questa storia e non vuole essere trascinata in polemiche pretestuose. Anche perché si è trovata in una situazione a dir poco surreale: quando si è riunito via zoom il tavolo tra la Diocesi di Trento e la Comunità ebraica di Merano sul progetto mostra permanente, è stata informata che dal vescovo Tisi si era presentata in precedenza una signora sconosciuta, che si era spacciata per la referente della comunità ebraica e aveva ottenuto un colloquio diretto con il vescovo. Innerhofer Rossi smentisce comunque di aver firmato e poi ritrattato la famosa lettera degli intellettuali trentini a Tisi: lei, in perfetta sintonia con Noemi Di Segni, ha appoggiato pienamente il progetto Primerano e dunque l’idea di un percorso espositivo permanente, anche se ovviamente la Comunità ebraica non ha inteso pronunciarsi sulla parte relativa alla cappella del Simonino nella chiesa di San Pietro, che è tema di stretta competenza dell’autorità diocesana.

Federico Steinhaus, già presidente della Comunità ebraica di Merano, conosce bene la storia: "L’antisemitismo individuale – dichiara a salto.bz – è sempre in agguato e non ha bisogno di pretesti, neppure di una mostra permanente, per riaccendersi: ma per fortuna le istituzioni, dall’Europa in giù, mi sembrano ormai vaccinate. Nelle mie ricerche non ho mai trovato traccia di aberrazioni legate al sangue, che oltretutto per noi ebrei è oggetto di un severo divieto religioso. Certo che ci possono essere state deviazioni anche nelle comunità ebraiche… Ma va sempre ricordato che la Chiesa cattolica ha propagato l’antisemitismo per secoli e secoli. La stessa targa “riparatoria” nel vicolo dell’Adige – nel luogo della ex sinagoga dove celebrammo la riconciliazione con Trento – è stata bersaglio di vandalismi negli anni successivi. Non ho letto il libro di Toaff, per rispetto a suo padre, il rabbino Elio che ne ha sofferto tanto, ma è ovvio che la ricerca è libera. Sull’invenzione del colpevole nel 1475 a Trento mi pare comunque che la ricostruzione sia ormai consolidata: si sono inventati i colpevoli ebrei. Non sono riuscito a vedere la mostra ma sono sicuro che il progetto di Primerano andava nella direzione giusta: storicizzare e demitizzare".

Che dire, allora, di questa vicenda dove non poche parole sono volate come frecce acuminate e tenaglie dentate? Forse ci si può limitare a osservare che ogni libro e ogni mostra – riaprendo necessariamente i conti con la storia – riaprono ferite e riaccendono rischi: ma non è forse questo il compito della cultura? Fortuna che il tempo delle streghe è terminato e che la direttrice se l’è cavata con un autoesilio. Nessun rogo è stato acceso e un eccellente economista aziendale (sono tempi strani) è stato chiamato al capezzale del Diocesano, che ha i bilanci in rosso come quasi tutti i musei del mondo. Avremo un Museo con i conti in pari ma a corto di progetti artistici importanti? Vedremo a quali specialisti Andreaus si affiderà.

Un grande filosofo ebreo – Baruch Spinoza, poi scomunicato ed espulso dalla comunità portoghese sefardita di Amsterdam come “troppo libero” pensatore – raccomandava di  "non deridere le azioni degli uomini, di non deplorarle o detestarle, ma di comprenderle". Un dovere ma anche una bella fatica.

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Hartmuth Staffler Sa., 23.10.2021 - 22:25

Man könnte vielleicht noch ergänzen, dass Alcide Degasperi, den die katholische Kirche beinahe seliggesprochen hätte, ein glühender Verehrer des Simonino war. Er hat in seiner Studienzeit in Wien dort Vorträge über das Simmerle von Trient gehalten.

Sa., 23.10.2021 - 22:25 Permalink