Chronik | Femminicidio Mocanu

Le vicine: "Lividi su volto e collo"

Nell'udienza sentiti prima i parenti di Mecja sul viaggio in Albania ed il rapporto con la vittima. Hanno testimoniato poi quattro vicini: "Liti continue tra i due".
processo Mocanu
Foto: SALTO
  • Sono tante le persone che hanno testimoniato all’udienza di oggi (21 febbraio) presso la Corte di Assise di Bolzano per il femminicidio di Viale Trieste. La vittima, Alexandra Elena Mocanu, di 35 anni, è stata uccisa a martellate la sera del 22 ottobre 2022. L’imputato è Avni Mecja, il carpentiere di 28 anni accusato dell’omicidio pluriaggravato della compagna. Mecja, presente oggi in aula, era già stato condannato per stalking nei confronti della vittima agli arresti domiciliari scontati presso la casa dei genitori nel veronese. I due erano poi tornati a vivere insieme in un appartamento in viale Trieste a Bolzano, luogo del delitto. 

  • Le testimonianze dei parenti di Mecja

    L’intensa giornata di audizione dei testi in Corte d’assise, presieduta dal giudice Stefan Tappeiner e, a latere, Walter Pelino, è iniziata con i parenti dell’imputato, che hanno scelto di testimoniare nonostante potessero avvalersi della facoltà di non farlo. Per prima ha testimoniato la madre di Mecja, sentita dai giudici con l’ausilio di un’interprete, parlando la donna solo albanese, successivamente è stato sentito il padre con modalità analoghe. 

    Al centro della deposizione c’è stata la permanenza lampo di Mecja in Albania. Secondo quanto affermato dai genitori, il figlio avrebbe preso un aereo per Tirana il giorno dopo il delitto, comunicandolo ai genitori. I due coniugi, allarmati dalla fuga del figlio, pensavano fosse ricercato perché coinvolto in una rissa. Sono poi partiti anche loro verso l’Albania, dove lo hanno incontrato in una cittadina nei pressi di Durazzo. In quella circostanza Avni Mecja ha raccontato tutto ai genitori, che hanno consigliato al figlio di tornare in Italia a confessare. Successivamente Mecaj sarebbe andato a trovare i nonni paterni, che temeva non avrebbe più visito, mentre i genitori avrebbero tenuto in suoi documenti per potergli prenotare un volo il giorno successivo per tornare in Italia. Mecja è tornato con un volo all’aeroporto di Verona lunedì, 48 ore dopo l’omicidio, e si è recato assieme al suo avvocato a Bozano per costituirsi. 

    Oltre al viaggio in Albania la testimonianza si è concentrata sul rapporto tra Mocanu e Mecja. È stato chiarito che la famiglia di Mecja conosceva Alexandra Mocanu, che si era più volte recata con il compagno a trovare i genitori di lui. È poi emerso che alla madre di Mecja non piacesse la compagna del figlio. La donna ha spiegato tramite l’interprete di aver comunicato più volte al figlio il proprio dissenso con frasi come “lascia stare, non fa per te, è un’altra razza”, ripetute in aula. Massimo Dal Ben, avvocato difensore, ha chiesto alla donna di specificare il suo giudizio sulla compagna del figlio, che la stessa ha poi definito: “troppo sofisticata, non seria nel modo di vestire”. 

    La questione del tenore di vita tenuto dalla vittima, come anche il tipo di abiti che la vittima era solita indossare, è stata a lungo oggetto della testimonianza del cugino del cugino di Mecja. L’uomo, che già lavorava in Alto Adige, aveva trovato lavoro all’imputato nel settore dell’edilizia sotto consiglio della zia, madre di Mecja. L’accusa ha chiesto al cugino se conoscesse la vittima, lui ha riferito di averla vista venire a prendere il cugino dopo lavoro, commentando poi: “A me non piaceva come si vestiva, non era una ragazza seria. Si vestiva provocante, secondo la zia (ndr madre dell’imputato) lavorata in un night”. 

  • Le testimonianze dei quattro vicini

    Nel pomeriggio si sono tenute le testimonianze dei vicini di casa. Per prima è stata sentita l’inquilina dell’appartamento confinante, che ha parlato di continui litigi tra i due in merito alla gestione della casa, accompagnati da rumori di cassetti che sbattrvano. Sul giorno dell’omicidio la teste afferma: “La sera ho sentito litigare, era talmente quotidiana la cosa che non ricordo bene”. Successivamente è stato sentito un altro vicino, anche lui con l’appartamento confinante con quello della coppia, che ha affermato di sentire litigi brevi ma molto frequenti tra i due. “Non riuscivo mai a capire di cosa si trattava, un paio di volte le liti erano così accese che ho cercato di ascoltare perché temevo si mettessero le mani addosso”, ha riferito durante l'interrogatorio dalla PM Federica Iovene.

    Più significative le testimonianze delle ultime due vicine, che condividevano con i due il giroscale. È stata prima sentita una giovane donna, che dichiara di non aver mai visto all’epoca i due assieme e di non sapere che convivessero. Dei due incontri che ha avuto con la vittima la teste racconta: “Con lei abbiamo preso una volta l’ascensore insieme. Ho notato dei lividi sul volto che cercava di coprirsi. Mi ero avvicinata e si vedeva che non voleva interagire. L’altra volta l’ho vista scappare dall’ascensore piangendo e parlando in lingua straniera. Questa seconda volta ho pensato che ci fosse qualcosa che non andasse, ho pensato che potesse essere un pugno o una botta, ma non sapevo che vivesse con qualcuno”. La teste è stata successivamente controinterrogata dall’avvocato della difesa, che dopo aver chiarito alcune questioni temporali, ha chiesto alla vicina se il segno che aveva visto sul volto di Alexandra Mocanu non potesse essere invece trucco pesante. La teste, sicura della risposta e perplessa dalla domanda, ha risposto: “No, era un livido”.

    Questo stesso argomento è emerso nuovamente durante l’ultima testimonianza della giornata, quella di un’anziana inquilina del palazzo, che condivideva il giro scale con Mocanu e Mecja. La donna ha raccontato di aver incontrato la vittima una volta in ascensore e di averla rimproverata di come lei e il compagno buttavano la spazzatura. “Lei non mi ha risposto. Mi ha dato la schiena, però nel riflesso dello specchio dell’ascensore ho visto che tirava su la giacca per coprire dei segni sul collo”. La teste ha dichiaratp infine di aver visto la Alexandra Mocanu al bar dove lavorava: “Lì ho visto un segno sull’occhio destro”.