Gegen SVP-Fratelli
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Politik | Nuova Giunta

Un'alleanza immorale e suicida

Con una svolta a destra così radicale l'Svp perde il proprio dna. Il vuoto che lascia potrebbe essere colmato da altri soggetti che puntano sui temi identitari.
  • Nella primavera del 1960 in Italia si celebra la curiosa alleanza tra DC, il partito che allora, in quei giorni, cercava di risolvere la solita crisi di governo, e il MSI, il paria del parlamento italiano. Una sorprendente affinità tra i due partiti si creò in occasione dell’uscita di un film, La dolce vita, che aveva polarizzato politica e immaginario di un paese diviso sull’idea del proprio futuro. L’alleanza con il MSI scoprì le carte della DC, per la quale evidentemente nel futuro si entrava, per citare Paul Valery, camminando all’indietro. E La dolce vita fu il detonatore di una nuova convulsione della società italiana, il cui primo esito fu la formazione di una coalizione a destra tra la DC e il nuovo, fino a un momento prima inimmaginabile, alleato ideologico. Per cui ci volle niente, nel giro di consultazioni che seguirono per la formazione di un nuovo governo, pensare che per la prima volta in quindici anni di storia repubblicana potesse aver luogo l’inaudito, e cioè un’alleanza in Parlamento, quindi non soltanto fuori dai cinema, tra DC e MSI. Fu il cosiddetto Governo Tambroni, che in un’Italia divisa da un film provò a restaurare una certa vecchia idea di futuro restando in carica solo quattro mesi, senza lasciare segni rilevanti del suo passaggio.

    La storia, ancora una volta, si ripete sotto forma di farsa, con il grande partito identitario del Sudtirolo (la cui radice cristiano-democratica è molto forte) che dopo aver sperimentato alleanze estemporanee decide di andare, in maniera inaudita e completamente irresponsabile, con le destre, non con l’obiettivo a progetto di far passare una legge e poi aprire una crisi (come nel caso di Tambroni), ma quello di realizzare una coalizione di legislatura.

  • Al tavolo: Esponenti della destra italiana e tedesca al tavolo della trattativa con la Stella alpina. Foto: Seehauserfoto

    Vorrei qui di seguito fare una riflessione non sui principi (lo stanno facendo in tanti, penso alla posizione autorevolmente espressa da Günther Pallaver in un videomessaggio) ma sulle opportunità, sul fatto cioè che questa alleanza non sia tanto immorale (contro i principi) ma evidentemente suicida. Non perché la storia debba per forza ripetersi (alla fine, l’unico vero beneficiario dell’esperimento Tambroni fu il PCI), ma perché il segnale evidente di una manovra politica del genere è che la SVP potrebbe non essere più un partito identitario, ma solo il garante di interessi locali. In molti si chiedono infatti come sarà possibile per la SVP raccontarsi dopo un’alleanza del genere, parlare cioè in maniera sensata di sé e del proprio passato. L’impressione (di tanti) è che con questa scelta la SVP abbia rivelato il suo vero volto, che è quello di un soggetto di party patronage che ha solo cura dei propri clienti, ai quali rinnova ogni cinque anni una favorevole ed esclusiva polizza di assicurazione. 

  • Il PNV, per nulla al mondo andrebbe in coalizione coi centralisti di Madrid, quelli che in passato avrebbero voluto cancellare le identità locali

    L’identità, qui, è una specie di cipria che serve a vendere il proprio prodotto e non la sostanza della propria offerta politica, come invece accade in realtà simili, ad esempio nei Paesi Baschi, dove il Partito Nazionalista Basco (ora in coalizione coi socialisti del PSOE) mai e poi mai farebbe una coalizione coi popolari (espressione del centralismo castigliano e portatori di un’idea di storia patria in cui il franchismo è un capitolo se non glorioso poco ci manca). E quel partito, il PNV, per nulla al mondo andrebbe in coalizione coi centralisti di Madrid (quelli che in passato avrebbero voluto cancellare le identità locali), perché così facendo perderebbe la propria identità, cioè la capacità di lasciarsi identificare dai suoi elettori, che non riuscirebbero più a vedere qualcosa di coerente (e quindi di sensato) nelle scelte e nella storia del partito.

    Poi, a rendere ancora più problematico il quadro politico in Sudtirolo, c’è anche l’altra destra, quella tedesca, chiamata a completare una chimera il cui disegno si spiega solo con la logica puramente distributiva degli interessi. Penso in particolare agli effetti di questa coalizione sulle politiche culturali, che con l’identità hanno un rapporto strettissimo, e che potrebbero diventare il luogo in cui si scaricano le tensioni che la coalizione inevitabilmente ricrea. Antonio Lampis in una bellissima intervista di questi giorni per l’Alto Adige ha scritto: “penso, che la cultura sia il motore di molto, se non di tutto. Certamente di un territorio”. Ma la cultura diventerà, anziché il motore, il luogo in cui precipitano le vecchie tensioni identitarie, una specie di campo di battaglia in cui riverberano, anziché spegnersi, i conflitti generati da un’identità ancor più divisa.

    Mortificare la propria identità, mostrarsi cioè come un partito senza memoria, lascia un vuoto che altri potrebbero riempire.

    Mortificare la propria identità, mostrarsi cioè come un partito senza memoria, lascia un vuoto che altri potrebbero riempire. Partiti che potrebbero lavorare nei prossimi anni sulla propria vocazione identitaria, non essere cioè solo rappresentanti di interessi, selezionando sul territorio i propri clientes, ma offrire a questa società uno specchio, una strategia per immaginarsi: ritengo che sia questa la sfida futura di Verdi e Team K: che non può essere quella di rigettare l’identità, che è una valuta per niente fuori corso in politica. Questi soggetti politici potrebbero provare a costruire, sulle ceneri di questo disastro, un’identità moderna, inclusiva, che interiorizzi e bewältigt le divisioni anziché perpetuarle: l’identità di Bolzano città creativa UNESCO, con le sue comunità, la sua problematica prossimità al Brennero, la sua storia peculiarissima, il suo paesaggio, la sua autonomia, i suoi teatri, i vissuti speculari delle sue popolazioni. Che è un’altra cosa rispetto all’identità sempre di una parte sola, che si confonde col ricordo trasfigurato di un trapassato remoto, più immaginario che reale, in cui si facevano le fiaccolate vestiti come i sette nani.

  • La dolce vita: La scena più celebre del film di Federico Fellini: Anita Ekberg, immersa nella fontana di Trevi, chiama "Marcello". Foto: La Dolce Vita
  • Penso, per concludere, che non sarà La dolce vita a dividerci, ci penseranno magari i prossimi assessori alla cultura, che promuoveranno un’offerta iperpolarizzata, ancor più divisiva, svelando, proprio su questo terreno, gli effetti sciagurati della scelta della SVP. Ma su questo, su questa idea che sia normale subordinare cultura (e ahimè Università) a una politica siffatta non dico nulla perché aspetto di vedere quello che succederà, aspetto cioè di capire quale sarà il futuro non solo di queste piccole cose, ma della democrazia in Sudtirolo.

    Sessant’anni fa Ralf Dahrendorf scriveva, a proposito della Germania di allora, che “der Weg in die Modernität ist für viele und in vielerlei Hinsicht schwer und schmerzhaft; er bedeutet den Abschied von mancher alten Liebe” (Ralf Dahrendorf, Gesellschaft und Demokratie in Deutschland, München, Piper Verlag, 1965, s. 144). Per quanto doloroso possa essere questo ingresso nel futuro, questa nostra terra, tramite la politica, dovrebbe prima congedarsi da certi interessi costituiti, dalle routine e dalle vecchie clientele, ovverosia da certi vecchi amori inutili e ormai corrosi dal tempo e dalla storia. E provare a ri-immaginarsi, per entrare nel futuro camminando in avanti.

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pérvasion Do., 21.12.2023 - 15:40

«E quel partito, il PNV, per nulla al mondo andrebbe in coalizione coi centralisti di Madrid (quelli che in passato avrebbero voluto cancellare le identità locali), perché così facendo perderebbe la propria identità, cioè la capacità di lasciarsi identificare dai suoi elettori, che non riuscirebbero più a vedere qualcosa di coerente (e quindi di sensato) nelle scelte e nella storia del partito.»

Der PNV (EAJ) war Teil der Regierungsmehrheit von Mariano Rajoys zweiter PP-Regierung. Das ist die, die die Katalan:innen niederknüppeln ließ.

Do., 21.12.2023 - 15:40 Permalink
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Matthias Scant… Fr., 22.12.2023 - 10:46

Antwort auf von pérvasion

Non dimentichiamo il patto tra il PNV di Arzalluz e il PP di Aznar che nel 1996 per la prima volta ha portato al governo e così alla legittimazione della destra franchista in cambio del trasferimento di diverse competenze alla comunità autonoma basca. E poi ci sarebbero tutti i patti a livello locale per lasciare fuori la sinistra indipendentista. Il PNV non è proprio il migliore esempio di coerenza.

Fr., 22.12.2023 - 10:46 Permalink
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Manfred Klotz Fr., 22.12.2023 - 08:04

Faccio sommessamente notare che la SVP è sempre stato un partito più a destra del centro. Basta ricordarsi del peso specifico insignificante dell'area vagamente di sinistra all'interno della Sammelpartei, il cosiddetto Arbeitnehmerflügel, e delle affinità elettive di alcuni deputati e senatori con i partiti marcatamente di destra a Roma.
Per cui, sostenere che la paventata coalizione farebbe perdere all'SVP il proprio DNA, non è del tutto fondato. Vero è che bisogna vigilare attentamente sull'evolversi delle cose.

Fr., 22.12.2023 - 08:04 Permalink
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Franz Ladinser Do., 28.12.2023 - 00:15

Pienamente d’accordo. Del resto era evidente che da anni la SVP si limitava a servire interessi di parte e/o locali ma che comunque veniva votata anche da un ampio elettorato lontano da questi favoritismi proprio perché dava e garantiva identità. Ora staremo a vedere ….

Do., 28.12.2023 - 00:15 Permalink