Kultur | SALTO WEEKEND

La notte buia del talento

Teatro Cristallo esaurito per Gianrico Carofiglio, che ha presentato il suo ultimo romanzo “Le tre del mattino”.
carofiglio_1.jpg
Foto: salt

Antonio D'Orrico, critico letterario de “La lettura” (Corriere della Sera), aveva stappato lo Champagne: “Le tre del mattino di Gianrico Carofiglio è un romanzo che sfiora la perfezione: non c’è una parola da aggiungere, una parola da levare. E regge il confronto con un titolo che è tratto da una delle più belle, vere e angosciose frasi scritte nella storia della letteratura. Il mio voto è 10”. C'era dunque molta curiosità – giovedì sera, al teatro Cristallo di Bolzano – per ascoltare lo scrittore barese nell'incontro organizzato dalla CGIL-AGB e moderato dalla presidente del tribunale, Elsa Vesco. A punteggiare il dialogo, anche l'esibizione di una band amatoriale di avvocati, “Sed Lex”, risultata non esattamente trascinante.

Uno scrittore deve essere in grado di sospendere l'incredulità dei propri lettori

Prima di trattare direttamente il tema del libro, Vesco (la quale ha rivelato impudicamente di conoscere Carofiglio “almeno da trent'anni”) ha sollecitato l'autore a raccontare il momento in cui rinunciò alla professione di magistrato per dedicarsi interamente alla scrittura: “Devo confessare che quando finii di scrivere la lettera di dimissioni mi sono commosso. Però, ripensandoci, fu una decisione giusta. Dopo aver svolto una legislatura in Parlamento, il mio secondo lavoro di scrittore aveva preso sempre più spazio, e se fossi tornato in Magistratura a mezzo servizio – come in un primo momento pensai anche di fare – non mi sarei sentito a mio agio, avrei in un certo senso tradito sia il mio vecchio mestiere che la mia vocazione, così decisi di puntare tutto sulla scrittura”.

Anche se un po' appesantito dalla prolissità della moderatrice, il dialogo va avanti e tocca il tema dell'influenza che il passato di magistrato ha esercitato sulla sua arte. Qui Carofiglio espone un collaudato schema di “vantaggi”, elencandone tre più uno (“quindi sostanzialmente quattro”, celia alla fine, ammettendo le sue scarse doti matematiche). “In primo luogo il mio precedente lavoro mi ha fornito un grandissimo serbatoio di vicende, alle quali ho ovviamente attinto a piene mani scomponendole e ricomponendole; un altro vantaggio riguarda la capacità, propria sia dei magistrati sia degli scrittori, di ricostruire delle coerenti spiegazioni degli accadimenti; infine citerei la dote di vedere le cose dal punto di vista degli altri, vale a dire l'empatia. A questo aggiungo – è il quarto punto – la sospensione dell'incredulità: uno scrittore deve essere in grado di trasmettere al lettore l'impressione che ciò che sta leggendo, anche se magari non è accaduto davvero, è comunque credibile. Le mie storie sono credibili perché conosco perfettamente l'ambiente, il contesto in cui sono collocate, ed è questo che le rende convincenti”.

Ci vuole coraggio a seguire il talento nelle zone oscure in cui conduce

Quando è il momento di descrivere il contenuto del nuovo romanzo, si comincia spiegandone il titolo. Le tre del mattino è una citazione di Francis Scott Fitzgerald (Nella vera notte buia dell’anima sono sempre le tre del mattino), ma in un certo senso ne rovescia il senso, giacché mentre in Fitzgerald a prevalere era il buio dell'angoscia, qui s'intravvede già la luce dell'alba, della speranza. "Sono poi molti i temi che si possono trovare in queste pagine, per esempio quello della paternità, della malattia, della separazione e della bellezza della matematica (che è la professione del protagonista). Ce n'è uno che però mi sta particolarmente a cuore, ed è quello del talento. Perché, come ha scritto Erica Jong, ci vuole coraggio per seguire il talento nelle zone oscure in cui conduce” (qui il vostro cronista ha involontariamente pensato al talento della band Sed Lex). L'applauso maggiore è comunque arrivato quando il narratore ha ricordato un episodio occorsogli di recente: “Sono stato avvicinato da una signora, pochi giorni fa, la quale mi ha detto che quello che ho scritto corrisponde esattamente alle sue sensazioni, che io insomma avrei trovato le parole di cui aveva bisogno. Ecco, penso che questo sia anche il compito di chi scrive: dare agli altri le parole per capire ed esprimere ciò che essi vivono”.

Scampoli finali. Sul rapporto con l'avvocato Guerrieri, il protagonista dei suoi libri più letti, Carofiglio evoca un altro aneddoto: “Un volta una giornalista mi chiese cosa invidiassi di più al mio personaggio. Le dissi: il successo con le donne. E lei, invece di rassicurarmi rispondendo che, insomma, neppure io ero male, replicò: capisco, del resto un autore mette nei propri libri quello che non ha”. Spazio anche per i progetti futuri: “Tra pochi giorni, subito dopo le elezioni, uscirà un mio saggio che parla di verità e politica. Cerco di rispondere alla domanda se si tratta di due cose conciliabili, leggetelo e saprete cosa ne penso”. Il rito delle copie firmate ha concluso l'intermittente (sempre pensando al talento...) serata.