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L'anima UE? Sostenibilità e sociale

La vera forza dell'Europa? Sociale e produzione sostenibile. L'analisi (imprevista) del vice presidente di Confindustria Stefan Pan, fra economia circolare e km zero
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Foto: Assoimprenditori Alto Adige

L’Europa conta il 7% della popolazione terrestre ma produce il 23% del prodotto interno lordo globale ed eroga oltre la metà delle prestazioni sociali del pianeta. Numeri che spingono Stefan Pan, vice presidente di Confindustria, a ribadire l’imprescindibilità di un’Unione compatta e coesa. Esprimendosi a favore di un’Europa forte, concetto chiave del manifesto che le Confindustrie europee riunite in BusinessEurope hanno lanciato da Roma per le consultazioni di fine maggio, Pan viaggia consapevolmente in direzione ostinata e contraria al vento antieuropeista imperante. La motivazione è sociale ed anche economica.

"Entro il 2030 nessun Paese europeo farà parte del G7. Solo restare uniti ci manterrà competitivi"

“Per capire di cosa parliamo basti un dato: entro il 2030 nessuno dei Paesi europei farà parte del G7”. In futuro l’unione farà la forza, insomma. Per questo anche nel 2019 gli industriali altoatesini faranno la propria parte, ospitando a Bolzano la nona edizione del Business Forum. Alla manifestazione, che ogni autunno vede confrontarsi gli imprenditori italiani con i colleghi del BDI – Bund Deutscher Industrie, prenderanno parte il vertice di BusinessEurope, la federazione delle Confindustrie europee, e per la prima volta anche il Medef, la confindustria francese.

 

"Se confrontato a quello dell'Unione, il bilancio federale degli USA è 25 volte superiore. Ciò dà un'idea dei rapporti di forza in campo"

Presidente Pan, quali sono le ragioni che spingono gli industriali europei a schierarsi apertamente contro le spinte centrifughe?
“Le ragioni sono economiche ma anche sociali. Da un lato fronteggiamo sfide inimmaginabili fino ad appena 5 anni fa: la gran parte delle risorse naturali dell’Africa si trova ormai in mano cinese, l’India sta emergendo con forza come potenza internazionale. Da tempo ci confrontiamo con gli Usa il cui bilancio federale, se rapportato a quello dell’Unione, lo supera di ben 25 volte. Questo quadro dà un’idea di quali siano le sfide del futuro e i rapporti di forza fra gli attori in campo. Divisi siamo 27 nani senza un futuro, non solo economico. La vera sfida è la tenuta sociale del Vecchio Continente, che si mantiene e consolida solo attraverso la coesione interna”.

"Berlino è il primo contribuente netto al bilancio UE. La Germania sa che da un'Europa divisa avrebbe solo da perdere"

Quali sono le richieste degli industriali europei in vista della consultazione di maggio?
“I quattro punti del “Manifesto per l’Europa” presentato poche settimane fa a Roma dal presidente di BusinessEurope Pierre Gattaz sono chiari e semplici. L’obiettivo è condiviso da tutte le Confindustrie, che in primavera lo illustreranno pubblicamente in un unico evento contemporaneo, ciascuno nella rispettiva sede. Il primo punto del Manifesto chiede un’Europa forte e indipendente; il secondo mira a costruire un’Europa leader globale della sostenibilità e dell’innovazione; il terzo immagina per l’Unione una burocrazia più snella; il quarto, infine, chiede una maggiore solidarietà interna, con i Paesi forti che aiutano quelli più deboli. L’opinione pubblica è convinta che la Germania badi solo a se stessa. In realtà Berlino è il primo contribuente netto al bilancio UE e sa che solo un’Europa unita può giocare un ruolo strategico per il futuro di tutti i Paesi che ne fanno parte. La sfida non è tra nazioni europee, ma tra Europa e resto del mondo”.

"Economia circolare e km zero sono il nostro futuro, senza dimenticare che questi meccanismi hanno bisogno dei grandi circuiti per reggersi in piedi"

Il contesto che prelude al voto non è rassicurante. L’economia italiana da due trimestri in trend negativo, il terremoto Brexit è ancora al centro del dibattito, il Fondo Monetario Internazionale che non risparmia sferzate alle politiche di welfare del governo. Come usciamo dal tunnel?
“La parola d’ordine è “crescita intelligente”. Parliamo di innovazione tecnologica, digitalizzazione, sostenibilità della produzione, formazione permanente e competenze, strumenti finanziari che supportino sviluppo e crescita in un mercato globale. L’economia circolare non mette in contrasto fra loro grandi e piccole realtà, anzi le due dimensioni sono fatte per rafforzarsi a vicenda. Il km zero funziona solo se funzionano anche i grandi circuiti: mobilità e comunicazioni sono una premessa essenziale per lo sviluppo”.

"Con la Gran Bretagna il 10% della popolazione europea lascia l'Unione. Ma l'effetto è stato un aumento di cittadini favorevoli a un rafforzamento dell'asse fra i 27"

Quali conseguenze vede per l’Alto Adige con l'uscita della Gran Bretagna dall’Unione?
“Il danno principale della Brexit è che spezza un sogno. Oltremanica le conseguenze concrete sono già evidenti. Con la Gran Bretagna esce dal mercato unico europeo oltre il 10% della popolazione europea e gli effetti sono pronti a riverberarsi anche in Alto Adige. Eppure la Brexit sta avendo anche conseguenze positive: gli ultimi dati dell’Eurobarometro hanno fatto segnare un incremento dal 49% al 57% di cittadini favorevoli a un rafforzamento dell’Unione. Si inizia a comprendere i rischi di un’Europa disunita e a riscoprire l’autentico sogno europeo”.