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Radio Radicale rischia di chiudere

Radio Radicale costa in un anno quello che la RAI costa in un giorno e mezzo. Eppure per questo Governo e per questo Parlamento sembrano essere comunque troppi.
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Radio Radicale - Palinsesto
Foto: Radio Radicale

Penso non esista persona in Italia che non conosca e non abbia ascoltato in vita sua – foss’anche solo per pochi minuti – Radio Radicale. L’unica radio italiana senza censure e senza filtri, senza pubblicità, che ci fa entrare direttamente via audio nelle aule del Parlamento, in quelle dei tribunali, in quelle dei congressi dei partiti, consentendoci di essere testimoni diretti della vita delle nostre istituzioni. Una radio interamente dedicata all’informazione e alla conoscenza, che da oltre 40 anni contribuisce in modo determinante alla formazione democratica del nostro paese. Una specie di “università popolare” dedicata fin dai suoi esordi a dare voce a chi non ne aveva, ad aprire le porte delle “segrete stanze” in cui venivano prese le decisioni, ad approfondire temi altrimenti banditi dal dibattito pubblico. Pensate che le dirette integrali dal Parlamento furono inaugurate da Radio Radicale in modo clandestino: i cittadini italiani ebbero così per la prima volta la possibilità di sentire direttamente, con le proprie orecchie, la voce senza filtri dei nostri rappresentanti politici, le loro argomentazioni, le loro dichiarazioni di voto. Oltre ad inaugurare le dirette integrali delle sedute del parlamento, Radio Radicale fu anche la prima (e tuttora unica) emittente a trasmettere i grandi processi, a partire dal processo Tortora, consentendo all’opinione pubblica di farsi un’idea di come realmente funziona la macchina della giustizia in Italia. 

Radio Radicale è quindi da sempre dedita a documentare - giorno dopo giorno, anno dopo anno - la vita civile e istituzionale del nostro paese. L’emittente ha inoltre fin dalla sua origine dedicato ampi spazi di approfondimento ai temi della politica internazionale, dell’economia, del diritto, delle nuove tecnologie, ha dato e dà voce alle minoranze perseguitate, ai detenuti, ai malati, ha intervistato e intervista personalità note e meno note sulle vicende storiche e d’attualità, con le sue corrispondenze dall’estero da decenni apre finestre d’informazione su Paesi vicini e lontani. Dal 1979 manda in onda l’ormai mitica rassegna stampa mattutina “Stampa e regime”: la voce di Massimo Bordin – per quasi due decenni sparring partner di Marco Pannella nella altrettanto mitica “conversazione settimanale” - è compagna quotidiana di decine e decine di migliaia di fedeli ascoltatori e ascoltatrici. Tutto il materiale qui citato è conservato in un archivio, da anni accessibile anche online da chiunque, che costituisce un patrimonio di memoria storica di incommensurabile valore. Vi è conservato un numero gigantesco di registrazioni indicizzate, che permettono cioè di fare ricerche per parole chiave o nomi, in parte persino trascritte (il che rende l’archivio fruibile anche alla comunità dei non udenti).

Ebbene: Radio Radicale sta per chiudere. Lo ha decretato il Parlamento su indicazione del governo in carica, decidendo di dimezzare i fondi che tenevano in vita la radio e le permettevano di esercitare la sua fondamentale funzione pubblica di strumento di conoscenza al servizio delle cittadine e dei cittadini. Radio Radicale costa in un anno quello che la RAI costa in un giorno e mezzo, quindi la motivazione ufficiale che “è troppo cara” risulta risibile. 

Com’è facile intuire, le conseguenze della chiusura di questa emittente che, unica, garantisce a tutte e tutti di poter ascoltare in modo integrale e senza filtri ciò che avviene nelle nostre istituzioni, sarebbero enormi. Si tratterebbe di un colpo mortale inferto ad uno dei più efficaci strumenti di democrazia ancora a nostra disposizione. Chiudere Radio Radicale (senza peraltro prevedere alcun “servizio sostitutivo” che ne faccia degnamente le veci) significa chiudere l’ultima finestra ancora aperta sulla realtà di ciò che accade in parlamento e negli organi di rilevanza costituzionale, significa lasciare l’intero campo dell’informazione alla “narrazione” – che non è mai integrale né tanto meno “oggettiva” - che ne fanno tutti gli altri media. Chiudere Radio Radicale significa cancellare la memoria storica del Paese.

Solo la conoscenza ci permette di effettuare scelte libere e consapevoli (“conoscere per deliberare”, come diceva Einaudi), di non essere meri esecutori di volontà altrui. Salvaguardiamo le nostre possibilità di conoscenza diretta dei fatti, proteggiamo i nostri spazi di libertà. Non assistiamo inerti allo scempio in atto. Facciamo sentire al Governo e al Parlamento la nostra voce. 

Salviamo Radio Radicale!