Gesellschaft | L'iniziativa

Lo spazio pubblico al tempo del covid

Il progetto di Lungomare entra nel vivo a Bolzano: ecco gli “Atti pubblici” degli architetti di Orizzontale. Mohiti Asli: “Ricostruiamo gli spazi collettivi”.
Atti pubblici
Foto: Claudia Corrent

Ripensare lo spazio pubblico, configurare nuovi modi di viverlo, tornare ad occupare, anche attraverso disimpegni giocosi, luoghi in cui solitamente si intrecciano tessuto umano e urbanistico, e che sono rimasti da un momento all’altro deserti a causa della pandemia di covid-19 che ci ha costretto “all’interno delle nostre mura domestiche, facendoci vivere uno stato di pseudo-cattività”. Parte da questi elementi e presupposti “Atti pubblici”, una serie di esercizi pratici - per esplorare e riabitare gli spazi collettivi del capoluogo altoatesino - che si inseriscono all’interno del progetto di residenza 2020 curato da Lungomare. L’associazione culturale è attiva dal 2003 e dal 2014 invita artisti, architetti, designer, teorici a indagare il tema delle residenze di lunga durata a Bolzano e in generale in Alto Adige.

 

“I residenti - riassume Angelika Burtscher, presidente di Lungomare - sviluppano un progetto per la città e il territorio altoatesino e si connettono con altri attori che lavorano sul posto. Gli architetti, gli artisti, i teorici si focalizzano su un argomento di attualità, legato alla società, a quello che ci circonda quotidianamente, e lo leggono in chiave critica. L’obiettivo è di porre attraverso i progetti delle domande che ci facciano riflettere e produrre delle azioni che possono essere condivise con una comunità più larga e interdisciplinare”.

Il concetto di fondo? Non sono solo le persone strettamente legate al contesto artistico e culturale a contribuire al progetto ma anche la gente comune, la cosiddetta società civile.

La quarta edizione della “residenza” è affidata a Orizzontale, collettivo romano composto da sette giovani architetti, e ha come tema lo spazio pubblico di Bolzano, “perlustrato” durante la scorsa settimana (altre due tappe sono previste a luglio e in autunno) insieme a realtà territoriali come Spazio Autogestito 77, Fridays for Future South Tyrol, Vispa Teresa e il gruppo di redazione di Turris Babel (Rivista della Fondazione degli Architetti Alto Adige).

 

“L’idea è quella di tornare a discutere e ricostruire gli spazi collettivi, che rispondono alle necessità di una società in trasformazione che in questi luoghi negozia anche le proprie regole, protesta, manifesta per i propri diritti - spiega Nasrin Mohiti Asli, una degli architetti di Orizzontale che insieme alla collega Margherita Manfra ha seguito il progetto a Bolzano negli ultimi giorni -. In quest’ottica ci siamo quindi chiesti in che modo avremmo potuto plasmare i nostri interventi”.

Tre sono state le risposte. Tre “Atti pubblici” andati in scena in diversi angoli della città, il primo nel quartiere di Don Bosco, il secondo in piazzale Langer sul Lungotalvera e il terzo in piazza Università:
 

Atto pubblico #1

Spazi circoscritti. Tutela o esclusione?
Come primo approccio per uscire dal nostro stato di cattività, cerchiamo di materializzare un ambiente circoscritto. Utilizzando nastri segnaletici creiamo uno spazio di confronto sul tema del confine.


Atto pubblico #2

Spazi liberi. Possibilità o negazione?
La seconda esperienza esplorativa della città di Bolzano riflette sul tema della relazione. Giochiamo con il limite della distanza con strumenti di misura per tracciare grafiche a terra. Come possiamo interagire con lo spazio e con gli altri? In quali luoghi della città si può essere bambini?
 

Atto pubblico #3

Spazio domestico e selvatico. Esiste un equilibrio?
L’ultimo atto consiste in una proiezione di domande ed immagini presenti o desiderate sulla città di Bolzano. Questi frammenti della ricerca sono la raccolta delle impressioni che le persone incontrate hanno condiviso con orizzontale. Sono domande aperte rivolte alla città. Quale immagine esiste della città di Bolzano? Come possiamo immaginarla?

 

“Abbiamo ragionato, lungo le varie fasi, sui momenti di aggregazione; sulla necessità di costruire insieme, in un senso non solo materiale ma anche immateriale e immaginifico; sui distanziamenti e gli spazi aperti ipernormati per via dell’emergenza sanitaria”, racconta Nasrin. In città, per garantire il distanziamento fisico, sono comparsi “nastri da non attraversare, pattern pavimentali, che danno forma a un sistema ordinato e stanziale, in cui come individui dovremmo muoverci e isolarci” evidenzia il collettivo che infine decreta: “È arrivato il momento di attivarci nel pensiero-azione, varcare la soglia e uscire dalla nostra comfort-zone, cimentandoci nell’esercizio del riabitare con diritto l’esterno”.