Politik | politica, Bolzano

Renzo dorme

Ci sono tanti tipi di sonno.
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Renzo Caramaschi
Foto: Seehauserfoto

Quello del giusto, dell’anziano, dell’ignavo, del furbo. A quale di queste categorie appartenga quello che per molti è il sonno del sindaco di Bolzano rispetto alla situazione di crisi in cui versa il capoluogo non è facile dire.

Da anni ormai, la Bolzano in testa alle classifiche nazionali della qualità della vita si rivela sempre più per quello che è: un’immagine profondamente distorta della realtà. Per parlare di una città in cui si vive bene si possono usare pochi e semplici indicatori: la struttura demografica, l’attrattività, il costo della vita, e la possibilità di mobilità sociale ascendente.

Una struttura demografica che indica un buon livello di qualità della vita è data in demografia da un tasso di natalità positivo, da una bassa età media e da un numero medio di membri per nucleo famigliare tale da garantire un minimo di relazionalità e socialità primaria. Nonostante sia il centro pulsante delle attività amministrative e industriali della provincia, tutti i dati indicano che Bolzano è diventata ormai una città di anziani. La percentuale di over 85 è addirittura più alta di quella nazionale, che registrava nel 2022 il più preoccupante dato al mondo. Il problema di molti anziani non sono solo le patologie e la non autosufficienza, che aumentano inesorabilmente con l'età, ma anche che in moltissimi casi sono persone sole, i cui famigliari sono deceduti, oppure in un numero più alto di casi, che si sono trasferiti in altre città o altre regioni (o nazioni). Il peso sulle strutture assistenziali è dunque enorme e nel giro del prossimo decennio come ampiamente noto ai tecnici comunali e provinciali risulterà letteralmente insostenibile. La natalità è anche bassissima: i giovani sono pochissimi rispetto agli anziani e prospettive di riequilibrio demografico di breve periodo sono per motivi di ordine statistico semplicemente impensabili. Mentre i tassi di dipendenza e di vecchiaia continuano a aumentare, nel resto della provincia si assiste a un fenomeno contrario: la natalità, pur crollata rispetto al secolo scorso, regge ancora abbastanza bene, il saldo naturale è positivo e il numero degli anziani, anche s  in forte crescita, è compensato da una relativa tenuta dei nuclei famigliari ancora numericamente in grado di organizzare forme di auto aiuto e di coordinamento delle scelte assistenziali.

L’attrattività della città è un secondo punctum dolens, e per i nuovi residenti è molto bassa, se non bassissima. In quest’ giorni sui media domina il dibattito sull’Altstadtfest e sull’esclusione dei gruppi musicali rock e pop dalla scena. Fosse solo un problema di bigottismo musicale, si potrebbe forse anche chiudere un occhio. Il punto è purtroppo che la città deliberatamente non è pensata per attrarre nuove persone. Il numero di nuovi individui che arrivano in città per motivi principalmente lavorativi, e che dopo pochi anni se ne vanno, è altissimo il che vuol dire che i fattori di attrazione sono minimali e mal pensati, e ciò nonostante il bisogno emergenziale di nuovi abitanti per compensare il calo demografico e l’alterazione patologica della struttura della popolazione. Chi arriva per la gioia dei pochi noti, sono i turisti che vengono e vanno e lasciano dietro di sé soprattutto un caro vita insostenibile per la maggior parte degli abitanti.

Il costo della vita è il terzo problema che colpisce in modo drammatico la possibilità di normale sviluppo del capoluogo. Senza citare il costo esorbitante dei generi di prima necessità, che supera per molti prodotti di un 30% il prezzo medio nazionale, acquistare o prendere in affitto un’abitazione è praticamente impossibile per un giovane con un salario di ingresso nel mondo del lavoro. Già le condizioni di accesso a posti di lavoro dignitosi sono molto complicate a causa della legittima richiesta di competenze linguistiche di seconda e spesso terza lingua che rende lo sforzo di inserimento molto faticoso. Oltre a ciò, lo scoglio è che non ci sono alloggi disponibili. Quindi i giovani, o appartengono a una ristretta cerchia di famiglie che possiedono più beni immobili (tra cui contadini e commercianti del centro storico come d’obbligo), oppure sono costretti a restare nel nucleo famigliare di origine e a non avviare un proprio percorso famigliare. Oppure devono emigrare. 

Last but not least, Bolzano è una città delle rendite. Fa un po' sorridere quando per valutare la qualità della vita urbana si usano indicatori come l’elevato reddito medio. Il reddito degli abitanti dei diversi quartieri è talmente diverso da fare pensare non a due, ma a cinque, o dieci città diverse. Le condizioni di partenza sono decisive per offrire possibilità di mobilità sociale delle persone: come in molte piccole città di provincia se si nasce in una famiglia benestante e inserita nelle reti che contano ogni strada è aperta, se si è fuori quasi ogni strada è chiusa o difficilissima da percorre. In aggiunta a ciò la mobilità sociale ascendente è ostacolata dalle appartenenze ai diversi gruppi linguistici. Senza entrare nell’annosa discussione delle ragioni per cui si è arrivati a questa situazione, nascere nel gruppo italiano limita enormemente le possibilità di salita della scala sociale. Le cerchie che contano - imprenditoriali, economiche e politiche - sono saldamente in mano al gruppo tedesco e il gruppo italiano per una grandissima parte rimane inquadrato ancora oggi nella categoria dei Gastarbeiter, che devono avere poche pretese in nome di una non mai chiarita eredità con i colonizzatori fascisti del passato. ‘Se non ti piace qui puoi tornare a casa tua’, lei motivo di molti notabili Svp locali, è il classico equivalente del ‘qui siamo in Italia’, enunciato da ormai pochi italioti nostalgici dei tempi passati. Con l’aggravante che affermare ‘se non ti piace qui puoi tornare a casa tua’, sottointende il principio che qui decidiamo noi come gruppo linguistico dominante, quindi con un’idea di democrazia etnica che determina i criteri dell’inclusività del territorio. Per gli stranieri stigmi e sospetti spesso raddoppiano e arrivano sia da parte tedesca che italiana, perchè la regola vuole che ci sia sempre un ultimo su cui scaricare le proprie frustrazioni e paure.

In questo scenario molto complicato servirebbe per la città, per evitarne la trasformazione in gerontocomio e di Disneyland per turisti mordi e fuggi, un progetto politico completamente diverso da quello attuale. Servirebbe uno sviluppo urbanistico tale da consentire alle nuove generazioni di accedere a una casa, il che vuol dire non solo costruire nuove abitazioni, ma soprattutto non farle costruire ai monopolisti e semi-monopolisti del mercato immobiliare e agli amici degli amici che hanno storicamente messo le mani sulla città. Poi sarebbe necessario favorire il protagonismo commerciale e imprenditoriale di giovani e famiglie andando nella direzione opposta a quella seguita negli ultimi dieci anni di favori ai commercianti del centro e ai grandi speculatori dei centri commerciali. Il numero di esercizi commerciali vuoti nei quartieri periferici in città è impressionante e in alcune vie l’immagine plastica del cimitero è evidente.

Bisognerebbe promuovere anche occasioni di aggregazione e protagonismo giovanile, destinando spazi da autogestire alle associazioni sul modello dell’Ost West Club di Merano, il che significa ovviamente per la politica fare un passo indietro e liberare dai tentacoli della piovra il sistema di associazionismo che dipende in modo prevalentemente clientelare dalla essa.

Ma soprattutto è indispensabile smascherare il tabù indicibile che lega ancora l’assenza di un disegno di sviluppo della città alla storia drammatica della provincia. Bolzano rimane per molti una città che porta dentro il territorio provinciale elementi esterni, prima gli italiani e ora gli stranieri, che mettono in pericolo una ormai non meglio definita identità etnica locale e più pragmaticamente un sistema di interessi consolidato che si riproduce in base al principio intoccabile dello status quo.

Ciò nonostante la zona industriale sia stata ormai quasi completamente tedeschizzata nella proprietà delle industrie e dei servizi, che l’espansione urbana e il potere propulsivo di forze esterne sia stato ampiamente frenato e messa sotto controllo dall’attuazione dell’Autonomia, e che la struttura del mercato del lavoro sia ormai incompatibile con qualsiasi disegno, peraltro clamorosamente assente, di nuova colonizzazione. Spiace dirlo - e spiace che non se ne parli perché in fondo è un segno di grave infantilismo politico e culturale  - ma fino a quando non si penserà a Bolzano, veramente e non solo nella retorica, come a un centro di sviluppo multilingue, aperto e moderno in cui fare venire e restare nuove persone indipendentemente dalla nazionalità e dall’appartenenza linguistica è un investimento per il futuro, il destino di marginalizzazione del capoluogo è segnato.

Di fronte a queste evidenze il vecchio Caramaschi sembra giacere ormai in uno stato di profonda catalessi. La struttura demografica per lui non è un problema, nelle affermazioni alla stampa auspica una ripresa a breve del saldo naturale, completamente ignavo che le inversioni demografiche sono fenomeni di lungo periodo e non accadono mai naturalmente. Si compiace dell’alto numero di anziani centenari, incapace di valutare l’insostenibilità di brevissimo periodo di un’assistenza dignitosa su larghissima scala agli stessi.

Non è un problema nemmeno l’urgenza di aggiornare un piano urbanistico espansivo e inclusivo per dare possibilità alle nuove generazioni e ai nuovi arrivati di portare linfa alla decadenza demografica, ma anche economica, sociale e culturale della città. Per il sindaco, ventriloquo in ciò del vice Walcher, il contadino che vive nella città parallela del cuneo verde, la città ha raggiunto i suoi limiti di espansione. Anche se poi saltano fuori regolarmente deroghe e spuntano nuovi grattacieli di uffici o alberghi, ristrutturazioni di masi agricoli in alloggi per turisti, segni continui di piccole deroghe per qualcuno che ha precedenza sugli altri, non si capisce mai bene a che titolo, e in virtù di quali qualifiche.

Ignavo il sindaco è anche nel promuovere una vivacità culturale e sociale che vada oltre l’organizzazione della festa dello speck o il concerto della Haydn e che stimoli il protagonismo dei giovani visti come disturbatori della quiete e del meritato riposo quotidiano. Di superare le barriere etniche che segnano i confini invisibili della città, ovviamente, si rilevano anche solo flebilissime tracce: la gestione dei campi sportivi è divisa rigidamente per associazionismo etnico, lo stesso accade per l’associazionismo culturale, per il nuovo asilo di Druso Est è stato approvato un documento di approfondimento dell’educazione bilingue destinato molto probabilmente a rimanere naturalmente lettera morta nel momento della sua applicazione. Al massimo, sui bidoni dell’umido si riportano le istruzioni di uso anche in inglese e in arabo oltre che in italiano, il che è già qualcosa per una città che negli ultimi venti anni è stata caratterizzata dall’ingresso massiccio di Gastarbeiter stranieri e dei loro figli. Ma forse non abbastanza.

Cosa dire di fronte a questo immobilismo? Sull’inadeguatezza del sindaco è ormai tutto un vociferare nei corridoi della politica, negli uffici comunali, tra gli addetti ai lavori. Si aspetta la fine della legislatura, affinando le lame per la battaglia sul nome del suo possibile successore. Il re è nudo, ma per motivi di opportunismo, pavidità e incompetenza, nessuno pare ancora avere il coraggio di dirlo a chiare lettere. Eppure per chi ha a cuore il destino della città, una città inclusiva in cui conti essere abitanti prima che residenti da più generazioni, una città aperta e non avvitata sugli interessi di pochi, una città accessibile e non irraggiungibile per via del sempre più folle costo della vita, l’urgenza di un cambiamento è ormai ineludibile e urgentissima.

Di Caramaschi si ricordano due promesse: la prima era di non candidare una seconda volta, quando si era presentato alle elezioni comunali del 2015. Ed è stata disattesa. La seconda nel 2020 era di candidare la seconda volta per portare a compimento il progetto dell’Areale. Dopo tre anni di legislatura, del progetto non c’è traccia. Potrebbe essere questa presa di atto un buon motivo per presentare le dimissioni e consentire alla città di eleggere una maggioranza nuova, meno attenta a preservare le rendite di posizione, capace di avere una visione sul futuro, inclusiva e realmente democratica come ogni città che vuole crescere e prosperare dovrebbe essere.

Come nuovo sindaco sarebbe a questo punto bello avere uno straniero, per chiudere le contrapposizioni del passato, ma anche per dare un po' di aria nuova a una città che rischia di essere scambiata ormai da molti per un camposanto. 

 

 

 

 

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Simonetta Lucchi So., 27.08.2023 - 20:43

Mi scusi, ma non mi sembra affatto gentile dare al sindaco più volte del vecchio o dell'anziano. Questo dimostra quanto poco valore diamo all'età e all'esperienza, in generale. Ma andando alla figura del Sig. Caramaschi, io non credo si possa rendere colpevole di politiche che durano dacché io vivo in questa provincia. Trent'anni fa già ricordo che non si poteva suonare liberamente a Bolzano ma probabilmente in tutta la provincia, al contrario del resto del mondo in cui fortunatamente viaggiavo molto. Le condizioni impossibili in cui spesso si vive a Bolzano è ovvio che non incentivano a fare figli, per quanto non ci sia giornale anche nazionale che non inneggi ai primati di natalità dell'Alto Adige. Quanto può fare una persona? Si ricordino le risposte date al sindaco dai comuni limitrofi sul tema ospitalità ai senzatetto. Non penso certo che un sindaco giovane, sveglio, brillante, nuovo di zecca riuscirebbe a fare miracoli. Me lo auguro ma ho i miei dubbi. Forse cadrebbe in catalessi anche lui/lei.

So., 27.08.2023 - 20:43 Permalink
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Massimo Mollica Di., 29.08.2023 - 10:31

Personalmente preferisco la bellissima disamina di Maurizio Ferrandi fatta a maggio. Comunque io certe cose le vedevo e le dicevo nell' era Salghetti quando si parlava del referendum sul nome di piazza Vittoria. Da allora tutto è degenerato inevitabilmente. Quindi le premesse riferite al sindaco attuale sono fuori luogo. Semmai trovo corretto il giudizio finale politico. Cosa ha fatto nel secondo mandato? Detto questo il problema di fondo è che manca la politica e mancano i politici. Non c'è dibattito, il PD è assente, e gli altri sono ancora meno.
Quindi personalmente credo che Bolzano Bozen sia segnata a morte certa!
Concludendo con una considerazione: l' autore, sostenuto da Salto, ha portato avanti qualche anno fa una campagna, a mio avviso veemente, contro il progetto Benko. Questo, al pari del referendum sul nome di piazza Vittoria, ha rappresentato una delle tante distrazioni di massa sui veri problemi, che oggi l' autore e Salto, improvvisamente ma anche tardivamente riconoscono.

Di., 29.08.2023 - 10:31 Permalink