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Se la libertà di stampa...

... è anche una vecchia linotype.
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Foto: Foto: Wikipedia

Se la felicità è una coperta calda (Charles Schultz per i Peanuts) oppure una pistola calda (John Lennon, in una canzone grondante di metafore ma essenzialmente pacifista), allora una linotype è (è stata) la libertà di stampa.
Perché senza quella macchina da scrittura grande come un camioncino in verticale, rumorosa come cento officine e per lunghi decenni il passaggio non solo tecnico obbligato da un articolo scritto a macchina ad un giornale composto in righe di piombo e poi stampato, senza tutto questo vivremmo oggi un giornalismo decisamente meno libero e molto più noioso anche se magari scritto con acribia.
Certo, i giornalisti ci hanno messo del loro: schiena dritta e, prego, nessun inchino ai potenti. Lotta alla censura (e alla autocensura), una buona conoscenza, anche sintattica, della lingua nella quale si scrive, determinazione e metodo nel documentarsi, eccetera.

Senza dimenticare la vecchia faccenda di “consumare la suola delle scarpe alla ricerca di una notizia” e la regola, elementarissima, secondo la quale solo al termine di una conferenza stampa, dove ci hanno detto soltanto quello che volevano noi sapessimo, solo dopo inizia il nostro lavoro. Di approfondimento, di domande a chi abbiamo di fronte, di lode (più o meno brechtiana) del dubbio. Della curiosità, del rifiuto di tesi e verità preconfezionate.
Per questo, accanto a tanti appassionati di giornalismo e di cronaca per hobby, (r) esiste per fortuna l’istituto del praticantato giornalistico. Con i canonici diciotto mesi in una redazione, poi un severo esame scritto e orale e solo dopo l’inizio “vero” della professione. L’ordine dei giornalisti, che garantisce i lettori quanto gli iscritti (guardiamo la luna e non il dito che indica la luna), sovrintende anche a scuole di giornalismo in alcuni atenei. Da noi in regione, il deserto: per ora.
Tutto questo è (quasi tutta) la vita di chi lavora da giornalista professionista nei giornali da poche stagioni oppure da alcuni decenni, come chi vi sta scrivendo ora (oltre 40 anni e, tutto sommato, non sentirli…).
Una vita (anche) “da film”? A giudicare dalla messe di pellicole dedicate al lavoro giornalistico, diremmo di sì. Compreso l’ultimo (e ben) arrivato: “The Post” (da pronunciare in anglo-americano, suona molto meglio), grande film di Steven Spielberg. E che è ancora nelle sale regionali, ma sbrigatevi ad andarlo e vedere.
Chi scrive si è sottoposto qualche settimana fa e con vero eroismo al test domenicale della visione in una sala dove tutti mangiavano, bevevano e scartocciavano caramelle. Si è emozionato vergognandosene un po’ salvo scoprire poi che a fior di amici e colleghi, soprattutto in Europa, è accaduto lo stesso. L’emozione, non il rumore delle caramelle.

La storia del quotidiano statunitense “Washington Post” e della sua grande avventura di democrazia e di giornalismo anteriore a quella dello scandalo Watergate (“Tutti gli uomini del presidente”: la testata, si sa, fu la stessa) è la storia anche delle linotype. Che hanno macinato quintali e quintali di piombo fuso per far stampare la verità sullo scandalo feroce e ancor oggi inquietante legato a informazioni e studi riservati sul ruolo nordamericano nella guerra in Vietnam. E sui Pentagon Papers commissionati dal governo americano nel giugno 1967.
Nel film ricorrono le sequenze in cui i linotipisti sono chini davanti a tastiere grandi come le piattaforme di organi da chiesa. Dietro, il frastuono che assomiglia a quello delle vecchie locomotive.
Una linotype (sostituita solo da qualche decennio da un sistema di scrittura, di composizione e di stampa di tipo elettronico) staziona nel salone di via Solferino 28 a Milano. E’ la sede del Corriere della Sera, del quale in questa regione è possibile leggere anche le due edizioni provinciali, concepite e scritte con cura. Come le pagine delle altre testate giornalistiche, salvo il diritto-dovere del lettore di scegliere le migliori.
Quasi tutti i giornali che vengono stampati e distribuiti da noi hanno avuto, un tempo, alcune linotype in funzione per tutta la notte.
Ora attraversiamo la notte amando, scrivendo, dormendo, consultando i buoni siti giornalistici. Come questo.
Amici di amici di Monaco e di Berlino lo consultano, non solo da casa, per trovare una informazione non conformista.
Chissà che cosa farebbero – o magari hanno fatto in passato – davanti alla linotype. Ovvero davanti a (quasi tutta) la libertà di stampa.