Kultur | ARCHITETTURA: Cohousing e accoglienza

Una casa senza porte chiuse

L'abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra. M. Heidegger*

Concludiamo la serie di articoli riguardanti l'abitare, l'accoglienza e le problematiche legate al tema della casa (http://www.salto.bz/users/4149) con il racconto di un'esperienza di cohousing trentina.

Il filosofo Martin Heidegger nella sua celebre conferenza, tenuta a Darmstadt nel 1951 in una Germania devastata dalla guerra, provocatoriamente affermava che avere un'abitazione non corrisponde al saper abitare. Come ai giorni nostri, ma in misura numericamente più drammatica, la nazione tedesca era impegnata nell'accoglienza di 10 milioni di profughi fuggiti dall'est in seguito agli eventi bellici.

Secondo Heidegger le abitazioni umane hanno una particolare relazione con quattro elementi (simbolici e non, ndr.) la terra, il cielo, gli altri uomini e la divinità. Una casa diventa abitazione in funzione, ad esempio, delle relazioni umane che si instaurano in essa, e quindi solo se abbiamo la capacità di abitare possiamo costruire.

Bauen in tedesco è legato alla radice del verbo bin, io sono, e den Acker bauen significa coltivare la terra, prendersi cura dei campi. Secondo il filosofo tedesco il costruire, il prendersi cura, l'essere e l'abitare sono intessuti di significati comuni che egli svela analizzando le radici linguistiche.

 

L'esperienza di cohousing trentina è un progetto nato nel 2008 che tra autorizzazioni, costruzione e ricerca dei finanziamenti si è concluso nell'estate del 2014 con l'inaugurazione di una casa comune in via Giusti a Trento.

L'edificio risale al 1783, lo testimonia una ricevuta rinvenuta tra le mura in fase di cantiere. Dall'esterno ricorda una casa di ringhiera, tipica costruzione dell'edilizia popolare del nord Italia caratterizzata da balconate che corrono lungo tutti i piani della facciata. Gli accessi alle singole abitazioni, le porte sono sempre aperte, affacciano ai ballatoi comuni. La casa di via Giusti è costituita da 4 appartamenti che nel complesso ospitano 25 persone tra famiglie, anziani, persone che necessitano di una dimora temporanea e un giovane proveniente dal Gambia. Architettonicamente la suddivisione degli ambienti presenta 3 moduli per ogni piano che sono stati successivamente riorganizzati in un modulo centrale - ingresso, zona giorno e cucina - e due moduli, rispettivamente a sinistra e destra di quello centrale, adibiti a zona notte e bagni. Ogni piano ha una planimetria simile. Al piano terra, sotto le volte del soffitto settecentesco, si trova una sala comune per riunioni e feste.

Art. 4 della Costituzione Italiana:

[...] Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. [...]

Gabriella, artigiana del legno, vive al 3° piano di via Giusti. Mi racconta della nascita di questo progetto abitativo e dei suoi principi fondanti: condivisione, accoglienza, solidarietà e sobrietà. L'esperienza trentina è debitrice delle pratiche co-abitative nate in Villapizzone a Milano dal 1978 in poi. Studiando lo statuto dell'associazione di promozione sociale comunità e famiglia, di cui questo progetto di cohousing fa parte, trovo la citazione dell'art 4 della Costituzione Italiana. Nel proseguo della conversazione noto appesa al muro una riproduzione del dipinto Il quarto stato di Pelizza da Volpedo – un manifesto artistico del movimento dei lavoratori. Coerentemente con la scelta del quadro Gabriella descrive il progetto di cohousing come un'unione tra princìpi marxisti e una forma di cristianesimo delle origini.


Interessante risulta la gestione del denaro, perché ogni Euro è condiviso e spartito tra i 25 abitanti della casa. “É la cosa che maggiormente stupisce gli osservatori esterni”, interviene Gabriella, “ma ognuno contribuisce con il proprio lavoro e il proprio impegno alla convivenza comune. I lavori, solitamente non monetizzati, come cura dei figli, delle persone anziane, di altri ospiti o i lavori di casa hanno pari dignità a tutte le altre attività lavorative remunerate.”**

Per la ristrutturazione dell'edificio si è proceduto cercando il massimo risparmio in modo da poter investire maggiormente nell'efficienza energetica. L'edificio è dotato di un cappotto per la coibentazione termica delle pareti, di un impianto di recupero dell'acqua piovana che alimenta gli scarichi dei WC, di pannelli fotovoltaici e di pannelli solari autocostruiti per la produzione di acqua calda sanitaria. Le pavimentazioni degli alloggi sono tutte uguali, i sanitari dei WC sono di recupero, come anche parte dei mobili. Durante le fasi di ristrutturazione i futuri abitanti (tra cui artigiani, insegnanti, casalinghe/i) hanno dedicato un giorno alla settimana al lavoro di cantiere: demolizione solai, intonaci, posa delle tracce per gli impianti elettrici. L'approccio alla sostenibilità ambientale è vissuto dagli abitanti della casa anche nelle scelte in materia di mobilità, tre automobili per 25 persone e tante bicilette parcheggiate davanti casa.

Di particolare interesse anche il metodo di finanziamento, etico e locale, della ristrutturazione. In accordo con una cassa rurale amici e sostenitori del progetto hanno investito i propri risparmi in titoli vincolati che sono stati prestati dalla banca per il finanziamento del progetto. Il tasso di interesse dell'1% è suddiviso in uno 0.5% in dividendi ai prestatori e uno 0.5% alla banca.

Al momento dell'intervista nell'appartamento del mio interlocutore Sergio, oltre alla sua famiglia, vive Lamin, un giovane proveniente dal Gambia che vorrebbe costruirsi un futuro in Europa. Lamin è diplomato, parla correntemente inglese, ma preferisce conversare in italiano perché vuole imparare bene la nuova lingua. Nel suo paese d'origine era insegnante di matematica presso una scuola elementare. Alla mia domanda di come giudichi il progetto di cohousing sorride e mi risponde che si sente un po' come a casa propria. In Gambia la sua famiglia, composta da genitori, figli e alcuni altri parenti, vive sotto lo stesso tetto secondo i princìpi del mutuo aiuto. 

In questa serie di articoli abbiamo volutamente accomunato le esigenze di chi è appena arrivato, i profughi che scappano da guerra e terrore, a quelle delle persone del luogo (autoctoni o immigrati), perché convinti che il problema dell'abitare accomuni tutti gli esseri umani e che le soluzioni possano essere condivise.

*Tratto da: Costruire, abitare, pensare. Pubblicato in Italiano in Saggi e discorsi, Ugo Mursia ed.

**Trascrizione libera dell'intervista|conversazione.