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“Non facciamo i talebani del teatro”

Il contestato spettacolo “Fa‘afafine” sarà al centro di un dibattito pubblico oggi a Bolzano. Il direttore del Tsb Zambaldi: “Non nascondiamo le paure sotto il tappeto”.
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Foto: Othmar Seehauser

Riprende fiato, e non solo a Bolzano, la polemica “gender” sollevatasi intorno allo spettacolo teatrale “Fa‘afafine - Mi chiamo Alex e sono un dinosauro” a cui, da febbraio, assisteranno molti studenti delle scuole medie altoatesine. Il motivo: l’oggetto della rappresentazione, giudicata dai detrattori, leghisti in testa, diseducativa per i ragazzi. Il protagonista della pièce è un bambino di 8 anni che si innamora di un suo amico e che non si riconosce completamente nella propria identità sessuale. Lo spettacolo, che si inserisce all’interno della rassegna “W il teatro!” a cura del Teatro Stabile di Bolzano (Tsb), ha vinto diversi riconoscimenti per il teatro ragazzi, ovvero il premio Scenario Infanzia, l’Infogiovani al Festival di Lugano, l’Eolo Award. Oggi pomeriggio (30 gennaio) alle ore 18.00 nella sala civica di via del Ronco il regista e autore dello spettacolo Giuliano Scarpinato, insieme al direttore dello Stabile Walter Zambaldi, spiegherà a un’assemblea di genitori perché si è scelto di mettere in scena “Fa‘afafine”.

"È bene che a scuola si parli di tutto, perché se entriamo, anche lontanamente, in un meccanismo di desiderio di censura creiamo uno strumento di terrore"

“Si tratta di uno spettacolo bello e delicato, oltre che pluripremiato - anticipa Zambaldi -, difendo la scelta di proporlo alle scuole, negli ultimi tempi però sembra si parli solo di questa rappresentazione, voglio dire, se ci pensiamo Pollicino è molto più truculento. Parliamo di vita e il teatro è vita, indaga quelli che sono gli argomenti della contemporaneità, rappresenta la società anche nelle sue piccole parti e quindi inevitabilmente si incappa in varie tipologie di umanità, di emozioni. Si aprono delle possibilità, poi ognuno ricevere quello che vuole, non dimentichiamo che il teatro e la letteratura raccontano di guerre, stupri, massacri, omicidi, pensare che un bambino possa imitare ciò che vede in scena significa allora che non potrebbe assistere nemmeno al Riccardo III di Shakespeare”. Secondo il direttore del Teatro Stabile, dunque, occorre fare attenzione a non strumentalizzare la questione, “probabilmente chi si lamenta o protesta non conosce il teatro, non è un caso che in questi anni lo Stabile abbia ricevuto ricevuto centinaia di email piene di apprezzamenti da parte di insegnanti, genitori e ragazzi, soprattutto da quando abbiamo intensificato il lavoro sulle scuole, del resto facciamo attività insieme a 50mila giovani ogni anno”.

E ancora: “È bene che a scuola si parli di tutto, perché se entriamo, anche lontanamente, in un meccanismo di desiderio di censura creiamo uno strumento di terrore, ognuno ha le sue paure e le sue inadeguatezze, ben inteso, ma nasconderle sotto il tappeto non è la soluzione e in questo senso il teatro ha una funzione sociale”. È un lavoro articolato, del resto, quello che precede la messa in scena dello spettacolo, come spiega Zambaldi, infatti, ci sono 3 persone che lavorano a tempo pieno sul teatro ragazzi all’interno del Tsb. In questo contesto i vari passaggi prevedono che i progetti artistici vengano valutati dal Consiglio d’amministrazione dello Stabile e anche a livello ministeriale, seguono due incontri l’anno con i referenti dell’Intendenza scolastica e poi con gli insegnanti di riferimento e i dirigenti scolastici che illustrano l’offerta nei consigli d’istituto e poi nelle riunioni scolastiche con i genitori. “Mettiamo a disposizione 16mila libretti che illustrano la tipologia, la trama, e gli elementi didattici degli spettacoli, basta informarsi”, afferma Zambaldi.

“Non stiamo facendo i talebani del teatro, Fa‘afafine non è affatto uno spettacolo rivoluzionario, ora non entro nel merito dell’ideologia però, se vogliamo, sono molto più emulativi gli YouTuber, e forse è lì bisognerebbe applicare più filtri e poi - tiene a precisare il direttore del Tsb - lo spettacolo è rivolto a ragazzi delle medie, sfido chiunque perciò a dire che in quella fascia d’eta non si conoscano già determinate dinamiche, credo che questi momenti siano cartine tornasole per far emergere le proprie fragilità, ed evidentemente ci sono persone che non hanno i mezzi per rapportarsi a una cosa così semplice come l’affetto perché è di questo che tratta lo spettacolo oltre che di alterità, del sentirsi diverso, e ognuno di noi prova questa sensazione, la differenza è che io percepisco questo come un valore mentre altri come una distorsione della realtà, ma affermare che i temi di cui si parla nello spettacolo non esistono è paradossale”.