Wirtschaft | La crisi

“Ci hanno tolto la dignità”

Stella Gagliano, dipendente della Solland Silicon di Sinigo, in cassa integrazione dal 2011, racconta la sua storia. “Noi, completamente abbandonati dalle istituzioni”.
Stella Gagliano
Foto: Stella Gagliano

“Sono stanca ma non mi rassegno, combatterò fino alla fine per il mio posto di lavoro”. Stella Gagliano ha 38 anni ed è una dei 157 lavoratori della Solland Silicon che in questi anni, fra promesse di cartone e misure tranchant, hanno vissuto nel ventre dello tsunami che ha travolto l’azienda di Sinigo, specializzata nella produzione di silicio per applicazioni nel campo dell’elettronica e del fotovoltaico. Stella viene assunta nel 2006 e finisce al reparto spedizioni, dal 2011 è in cassa integrazione. Nel 2010 accende un mutuo ventennale, la casa dove va a vivere con il marito - anche lui impiegato alla Solland - e le due figlie, oggi maggiorenni, è proprio davanti allo stabilimento. “Io e mio marito avevamo un contratto a tempo indeterminato - racconta Stella -, non c’è stato nemmeno bisogno del garante per il mutuo, perché potevamo contare su due redditi di tutto rispetto, seppure sudati: io arrivavo a 1.800 euro al mese e lui anche a 1.900. Poi il crollo, 3 anni senza stipendio e la cassa integrazione, 800 euro a testa al mese e alla banca dovevamo darne 1.200 solo per il mutuo, per un anno ci è andata bene perché in caso di perdita di lavoro l’assicurazione avrebbe coperto le spese, ma il tempo è scaduto e restano altri 15 anni da pagare”.

L'obiettivo, per Stella, è ora quello di trovare almeno un lavoro stagionale. Nel frattempo, con in tasca un diploma da estetista, è riuscita ad arrangiarsi, per un po', come libera professionista in qualche albergo della Provincia. Il marito da 6 mesi arrotonda lavorando, 15 giorni al mese, alla Solland con un’agenzia interinale, “ma il posto è garantito solo fino a luglio, poi non sappiamo cosa succederà, non possiamo permetterci un ‘piano B’, o di rifarci una vita altrove con tutte le scadenze e i pagamenti che dobbiamo affrontare”. E il famoso sussidio di emergenza non risolve il problema. “Per legge prima di dare un sostegno le istituzioni chiedono i redditi della famiglia e quindi non sempre si hanno i requisiti per poterlo ricevere, e intendiamoci, posso forse andare a chiedere aiuto dopo 20 anni che sono fuori casa ai miei genitori? O farmi mantenere dalle mie figlie che hanno il diritto di pensare al loro di avvenire? Perdere il lavoro in questo modo, senza motivi validi, è devastante, un’enorme sofferenza anche a livello psicologico, ci hanno tolto la dignità. E grazie a Dio la nostra famiglia non ha avuto bisogno dell’assistenza sanitaria fino a questo momento, altrimenti non so come avremmo fatto”, afferma amaramente Stella. Fa una pausa, come a raccogliere i pensieri, e poi riprende: “Sono una delle poche donne in azienda che ancora lotta, le altre hanno perso la speranza ma io non sono pronta a gettare la spugna”. Farcela, intanto, diventa ogni giorno più difficile, più umiliante.

"Mi domando quand’è che il governo, a Roma, si accorgerà di noi, quando capiranno che quest’azienda data in mano a uno sciacallo legalizzato è stata totalmente deturpata"

E la rabbia fa da combustibile all'angoscia: “Non capisco come un personaggio del genere (l’evanescente Massimo Pugliese, patron della Solland che ha dichiarato fallimento qualche settimana fa), possa essere a piede libero. Mi domando quand’è che il governo, a Roma, si accorgerà di noi, quando capiranno che quest’azienda data in mano a uno sciacallo legalizzato è stata totalmente deturpata, tutta Italia dovrebbe sapere che questa cosiddetta isola felice della Provincia autonoma di Bolzano si sta dimostrando uguale all’ultimo paesino del Mezzogiorno, per non parlare di quanta discriminazione abbiamo subito perché non siamo un’azienda 'tedesca'”. Stella era fra quelli che venerdì scorso (24 marzo) si sono ritrovati davanti al municipio di Merano per protestare contro le dichiarazioni del primo cittadino Paul Rösch, il quale aveva auspicato lo smantellamento dell’area dove ha sede la Solland Silicon in modo da trasformarla in una nuova area artigianale. “Rösch è sindaco da troppo poco tempo, tante cose paradossalmente non le sa, come ad esempio che sul sito ci sono 2 aziende, di cui una funzionante, non si rende conto della gravità di quello che dice, il punto qui è che siamo stati completamente abbandonati dalle istituzioni”.


Il destino della Solland

Il 20 aprile ci sarà l’asta per la vendita dello stabilimento. Attualmente i sindacati stanno ricostruendo la storia dei lavoratori raccogliendo tutta la documentazione necessaria per l’udienza fallimentare. “Vedremo come si esprimerà il giudice e se ci sarà un acquirente, ma la questione è molto complessa perché c’è un debito di 30 milioni di euro da saldare, e occorre un finanziamento per rimettere in moto la produzione che non si riattiva così, da un giorno all’altro. Speriamo si riesca a salvare l’azienda, altrimenti sarà un disastro”, spiega Maurizio Albrigo (Femca/Sgb-Cisl). Ad oggi i lavoratori rimasti sono 104, quelli che hanno trovato un’alternativa sono naturalmente andati via. 40 dipendenti lavorano per mantenere costantemente la sicurezza dell’impianto e sono pagati dalla Provincia, “che da settembre a oggi, e fino a luglio, sta investendo 700mila euro al mese, fiumi di denaro pubblico per garantire la sicurezza. Tutti gli altri operai sono in cassa integrazione a zero ore pagati dall’Inps, cassa integrazione, si badi bene, in deroga, ma solo fino a luglio, appunto, grazie a un accordo specifico fatto con le istituzioni provinciali per i lavoratori di aziende in crisi”, chiosa il sindacalista.

"Se fallimento sarà i lavoratori dovranno in qualche modo cambiare la loro cultura, capire che quel mondo di cui hanno fatto parte finora non esiste più e rimettersi in gioco specializzandosi in altre attività produttive del settore industriale, e questo non sarà un processo facile, ma del resto mica possiamo farli diventare tutti camerieri"

Ma la barca rischia di infrangersi sugli scogli. Se il fallimento sarà dichiarato definitivo e non ci sarà un compratore la Provincia dovrà intervenire. Forse si riuscirà a “tirare”, eventualmente, fino alla fine del 2017 prima di procedere con la chiusura e lo smantellamento dello stabilimento. “A quel punto si dovrà bonificare, ma data la vastità e la complessità dell’area ci vorranno anni e anni di lavoro”. Cosa ne sarà a quel punto degli operai? Alcuni si sono lanciati nel settore turistico, notoriamente florido in Alto Adige, gli altri saranno possibilmente integrati nei comparti in cui c’è richiesta. “I lavoratori dovranno in qualche modo cambiare la loro cultura - sostiene Albrigo -, capire che quel mondo di cui hanno fatto parte finora non esiste più e rimettersi in gioco specializzandosi in altre attività produttive del settore industriale, e questo non sarà un processo facile, ma del resto mica possiamo farli diventare tutti camerieri”. La classe operaia va in paradiso, dicevano.

 

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Oskar Egger Fr., 31.03.2017 - 08:16

Con tutto il rispetto per i lavoratori: il sindaco conosce benissimo la storia di questa pericolosissima azienda ed anche i motivi, per cui é stata rianimata fino ad oggi. Se i lavoratori avessero avuto un indenizzo ed un aiuto per orientarsi altrove, questa é la cruda realtá, allora ci sarebbe stato un risparmio, di dolore, di energie ed anche di molto denaro.

Fr., 31.03.2017 - 08:16 Permalink
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Oskar Egger Fr., 31.03.2017 - 08:18

La giunta allarga il sussidio di emergenza anche ai lavoratori di aziende in crisi, compresa la Solland Silicon. Schwarze (Cgil): “Apprezzabile, ma il problema resta”.
Von Sarah Franzosini 16.02.2016

Fr., 31.03.2017 - 08:18 Permalink