Gesellschaft | L'evento

Restare umani

Parte oggi, 1° ottobre, la Settimana dell’accoglienza con varie iniziative in Trentino-Alto Adige. Fra queste una mostra fuori dal comune a Bolzano, visitabile domani.

Scardinare gli stereotipi negativi e levigare le inquietudini sparse, un lavoro di cesello oneroso e spesso ingrato eppure antidoto necessario contro la facile propaganda isolazionista. Un tentativo in questo senso - tuttavia quasi stridente dopo le ultime avvilenti notizie arrivate dalla Provincia - è quello che verrà presentato in Trentino-Alto Adige durante la Settimana dell’accoglienza, che si apre oggi, 1° ottobre, e che durerà fino al 9 dello stesso mese. “Dobbiamo innanzitutto capire i cambiamenti in atto e poi affrontarli cercando di trovare i modi per ricostruire la comunità perduta. Creando nuove relazioni umane e sociali dove non ci sono o si sono perse”, scrivono gli organizzatori dell’iniziativa che fanno parte del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca).

Sono 6 i convegni previsti che andranno in scena ad Arco, Cavalese, Cles, Rovereto e Trento, ma in programma ci sono vari eventi “in tanti luoghi in cui l’accoglienza è quotidianamente vissuta e anche fraternamente sperimentata”. Fra questi c'è l’appuntamento di domani, domenica 2 ottobre, dalle 9 alle 14, al Centro di accoglienza profughi “ex Lemayr” di Via Avogadro a Bolzano, intitolato “Segni e Parole”. Si tratta di una mostra che ospiterà i lavori artistici di una decina di giovani, quasi tutti pakistani a parte un afghano, poco più che ventenni e un uomo di 46 anni, finora ospiti del centro. L’idea, spiega Luca De Marchi, referente dell’ufficio stampa dell’associazione Volontarius che si è occupata della coordinazione del progetto, è nata dalla volontà di ricercare un momento di introspezione traducendolo in un atto artistico concreto per poi condividerlo in gruppo. Oggetto al centro di questa indagine soggettiva è quello dell’albero, “universalmente riconosciuto come simbolo di vita, di respiro, di benessere”, riferisce De Marchi.


                      Alcuni dei giovani partecipanti del progetto "Segni e Parole"

“Dopo un momento di riflessione - spiega il referente di Volontarius - i ragazzi hanno scelto alcuni ricordi e li hanno rappresentati attraverso un albero che hanno intagliato con dei pezzi di legno, cercando di interpretare, ognuno a suo modo, una parte del loro vissuto”. C’è chi, parlando della prima volta che ha messo piede a Bolzano, si è detto stupito di vedere così tanti alberi, altri a cui questi stessi alberi evocavano la propria infanzia, “un ragazzo in particolare mi ha confidato che il progetto lo ha aiutato a far emergere la sua interiorità, a mostrare qualcosa di suo, che è quello di cui ha bisogno oggi, perché quando esce dal centro e frequenta la città si ritrova spesso da solo ai prati del Talvera”, chiosa De Marchi. Ma in un momento in cui il concetto di accoglienza appare inesorabilmente svilito quale senso acquistano manifestazioni del genere? “Il progetto - afferma il rappresentante dell’associazione di volontariato - funziona nel momento in cui si raggiunge l’obiettivo di far vivere a queste persone qualcosa di nuovo, di intenso e di importante stimolando in seguito anche una riflessione nella cittadinanza, è un’occasione per far emergere quelle domande nascoste e attivare un confronto, perché se in Italia non siamo in grado di offrire un’adeguata accoglienza è anche perché nella vita di tutti i giorni abbiamo difficoltà a parlarci l’un l’altro, e questo è un disagio personale che arriva prima della paura del ‘diverso’”.