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Politik | Ethnischer Proporz

Conta Etnica als Dauerzustand

Gewissermaßen ist der ethnische Proporz Südtirols Nervensystem. Tritt er in der Illusion einer geheilten Wunde auch mal in Vergessenheit, kehrt er in regelmäßigen Zeitabständen umso schmerzhafter zurück.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
Autonomie 3 Sprachgruppen
Foto: LPA
  • So etwa dieses Jahr mit der Diskussion um die „ethnische Schule“ im Frühjahr, dann in der Sanität mit den 52 Primaren, und im Wahlkampf sowieso. Darauf folgte die Landtagswahl und siehe da: Die italophobe Südtiroler Freiheit brettert plötzlich mit 10,9% das beste Ergebnis ihrer Parteigeschichte hin und steigt zur drittstärksten Kraft im Land empor. Die andere Seite der Medaille bilden dabei Fratelli d’Italia als stärkste italienischsprachige Partei. 

    Des Weiteren sind aktuell alle Landsleute zur „conta etnica“ gebeten, denn: “La maggior parte dei conflitti sul nostro pianeta sono collegati a questioni etniche, di rapporto tra maggioranza e minoranza, e per questo a livello internazionale sono interessati al nostro sistema. Anche l'ONU.” 

    In ultima, la biatleta Wierer ha fatto scalpore quando ha dichiarato a un giornalista: "In passato ci sono stati dei conflitti, ma dobbiamo guardare anche oltre, siamo nel 2023. Ci saranno sempre delle persone che si sentono non italiane, ma ormai credo che potremmo dire anche basta con questo argomento". 

    Un "basta", per quanto auspicabile, probabilmente non sarà sufficiente. Secondo un calcolo prudente, un commentatore qui su salto risponde all’atleta: "Non si cambia (forse tra 200 anni)". Insomma, chi vuole parlare di Sudtirolo non può tacere sulla questione etnica. Quindi, che ne è oggi dei gruppi linguistici altoatesini, al di là dei partiti e delle istituzioni?

  • In der Regel lohnt ein Blick in die Vergangenheit

    Zur Erinnerung: Um einen wirksamen Schutz der deutschen Minderheit (auf nationaler Ebene) zu gewährleisten, garantierte das zweite Autonomiestatut ein beispielloses Maß an Selbstbestimmung beim Gebrauch der deutschen Sprache in öffentlichen Einrichtungen (Krankenhäuser, Schulen, usw.) sowie ein politisches System der Machtteilung („power sharing“) zwischen den drei Sprachgruppen. 

    Im Wesentlichen wurde durch diese Rechtsnorm eine proportionale Vertretung im Landtag und im gesamten Verwaltungsapparat vorgeschrieben. Das Gleichgewicht in den Institutionen sollte laut Statut bis 1992 vollständig erreicht werden und die numerische Grundlage für die Proportion wurde aus den Volkszählungen entnommen, die im Zehn-Jahres-Takt registriert werden sollten. 

    Per risolvere la questione dell'appartenenza a un gruppo, lo statuto prescrive un'autodichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico (Sprachgruppenzugehörigkeitserklärung), che è stata attuata per la prima volta nel 1971, mentre l’implementazione della proporzionale stessa ebbe inizio nel 1981. La dichiarazione era obbligatoria per ogni residente adulto e non consentiva di dichiarare più di una lingua. 

    Poiché la scelta era comunque libera e non richiedeva alcuna prova di effettiva conoscenza linguistica, è presumibile che i dati disponibili non siano perfettamente accurati - per una ragione pragmatica. Se, ad esempio, si apriva un bando nell'amministrazione provinciale, le probabilità di vincere il concorso erano proporzionalmente più alte se ci si dichiarava parte della maggioranza linguistica tedesca, anche se l'unica lingua parlata era l'italiano. 

    D'altra parte, la possibilità di manipolare la proporzione nel settore pubblico era limitata dall'esame di bilinguismo (Zweisprachigkeitsprüfung) come prerequisito perché una domanda di lavoro potesse essere presa in considerazione. Ovviamente, questo sta in diretta contraddizione con l'opzione monolingue forzata, soprattutto nel caso di individui effettivamente bilingui. Ma soprattutto, i regolamenti di proporzione non riguardano il mercato del lavoro privato, assai più grande di quello pubblico. 

  • Die folgenden Karten zeigen für jede/n einzelnen Einwohner/in – deutschsprachig (blau), italienischsprachig (rot) oder Ladinisch (grün) - in Südtirol einen pixelgroßen Punkt, der durch eine Kartierungssoftware zufällig innerhalb der jeweiligen Gemeindegrenzen, in welchen er oder sie zum Zeitpunkt der Volkszählung(en) lebte, zugeordnet wurde. Im Jahrzehntevergleich soll dadurch eine eventuelle demographische Veränderung auf geographischer Ebene innerhalb des Landes erkennbar werden, oder nicht. 

  • 1971: Gesamtbevölkerung: 414.041 Deutsch: 260.639 (62,95%) Italienisch: 137.917 (33,31%) Ladinisch: 15.485 (3,74%) Foto: Alex Favalli
  • 1981: Popolazione: 430.568 Tedesca: 285.897 (66,04%) Italiana: 126.501 (29,38%) Ladina: 18.127 (4,21%) Foto: Alex Favalli
  • 1991: Gesamtbevölkerung: 440.508 Deutsch: 299.501 (67,99%) Italienisch: 121.800 (27,65%) Ladinisch: 19.206 (4,36%) Foto: Alex Favalli
  • 2001: Popolazione: 462.999 Tedesca: 320.164 (69,15%) Italiana: 122.556 (26,47%) Ladina: 20.233 (4,37%) Foto: Alex Favalli
  • 2011: Gesamtbevölkerung: 504.643 Deutsch: 350.510 (69,41%) Italienisch: 131.510 (26,6%) Ladinisch: 22.860 (4,53%) Foto: Alex Favalli
  • Fondamentalmente, la politica della proporzione etnica è un sistema di quote, che ha lo scopo di garantire l'equa allocazione di determinate risorse pubbliche in base alle proporzioni dei gruppi linguistici. L'economista Thomas Benedikter suggerisce che basta dare un'occhiata ai numeri per riconoscere il successo di questa politica. Scrive: 

    „Vorausgeschickt werden kann: der Proporz funktioniert. Von den 49.300 öffentlich Bediensteten (26,5% der abhängig Beschäftigten Südtirols) waren Ende 2014 70,5% Deutsche, 26,0% Italiener und 3,5% Ladiner. Die Volkszählung 2011 hatte ergeben: 69,4% Deutsche, 26,1% Italiener und 4,5% Ladiner.“

    In effetti, le tabelle rivelano un certo equilibrio e una correlazione tra i gruppi linguistici coesistenti e la loro distribuzione nel mercato del lavoro pubblico in Alto Adige. Non è certo un caso che questo specifico modello di autonomia sia presentato dalla SVP come il suo fiore all'occhiello e come esempio di "modello internazionale" applicabile altrove. Sono parecchie le regioni con minoranze etniche (Tibet, Nagorno-Karabakh, Kosovo, ecc.), che studiano e osservano con interesse le sue infrastrutture istituzionali. Ma cosa possono dirci i censimenti sul modo in cui il quadro giuridico viene applicato sul territorio, ovvero lì dove le persone vivono, interagiscono e si muovono ogni giorno?

    Zunächst ein Blick auf die Daten: Erstens können wir durch deren Zusammenführung einen Anstieg der Gesamtbevölkerung um 90.602 Personen zwischen 1971 und 2011 feststellen, 42.135 davon allein im Jahrzehnt 2001-2011. 

    Zweitens können wir anhand der Daten erkennen, dass die deutsche Sprachgruppe ein langfristiges Wachstum erfuhr - von 62,95 % auf 69,41 % -, während die italienische Sprachgruppe von 33,31 % auf 26,06 % zurückging und die ladinische um weniger als 1% von 3,74 % auf 4,53 % anstieg und somit die stabilste Sprachgruppe darstellt. Dabei verzeichnete die italienischsprachige Bevölkerung bereits zwischen 1971 und 1981 den stärksten Rückgang: Von 137.917 Individuen ging sie auf 126.501 zurück. 

  • Integrati o segregati?

    La proporzionale etnica fu, al momento dell'attuazione, fortemente criticata dal movimento Neue Linke/Nuova Sinistra e dal suo leader Alexander Langer, che perse la sua posizione di insegnante a causa del rifiuto di dichiararsi parte di un solo gruppo linguistico.  In quanto sostenitori di una soluzione "interetnica" o bilingue, vedevano in questa politica una strategia chiaramente determinata dalla “deutschnationale” SVP di segregazione dei gruppi linguistici attraverso la categorizzazione etnica. Questo, secondo Langer, costituirebbe una consapevole continuità con le politiche attuate da Hitler e Mussolini nella cosiddetta "Opzione" del 1939, creando una condizione permanente di divisione ("Option als Dauerzustand"), alimentando così i sentimenti nazionalisti da entrambe le parti. 

    Di fatto, il neofascista Movimento Sociale Italiano (MSI), che aveva raggiunto appena il 2,92% nelle elezioni provinciali del 1978, era improvvisamente salito al 5,88% nelle elezioni del 1983 e aveva raggiunto il 10,29% nel 1988, diventando il secondo partito più forte, subito dopo la SVP. 

  • Ergebnis der Landtagswahlen vom 19.11.1978

    Parteien

    Stimmen

    Prozent

    Sitze

    Südtiroler Volkspartei

    163.468

    61,27 %

    21

    Democrazia Cristiana

    28.800

    10,79 %

    4

    Partito Communista Italiano

    18.776

    7,04 %

    3

    Neue Linke/Nuova Sinistra

    9.749

    3,65 %

    1

    Partito Socialista Italiano

    8.944

    3,35 %

    1

    Movimento Sociale Italiano

    7.782

    2,92 %

    1

    Partito Socialista Democratico Italiano

    6.120

    2,29 %

    1

  • Ergebnis der Landtagswahlen vom 20.11.1988

    Parteien

    Stimmen

    Prozent

    Sitze

    Südtiroler Volkspartei

    184.717

    60,38 %

    22

    Movimento Sociale Italiano

    31.491

    10,29 %

    4

    Democrazia Cristiana

    27.748

    9,07 %

    3

    Grün-Alternative Liste

    20.549

    6,72 %

    2

    Partito Socialista Italiano

    12.332

    4,03 %

    1

  • Ergebnis der Landtagswahlen vom 21.11.1993

    Parteien

    Stimmen

    Prozent

    Sitze

    Südtiroler Volkspartei

    160.186

    52,04 %

    19

    Movimento Sociale Italiano

    35.833

    11,64 %

    4

    Verdi-grüne-Vèrc

    21.293

    6,92 %

    2

    Die Freiheitlichen

    18.669

    6,06 %

    2

    Union für Südtirol

    14.777

    4,80 %

    2

    DC-Part. Pop. AA

    13.622

    4,43 %

    2

  • Betrachtet man die Entwicklung auf den Karten, ist eine interethnische Durchmischung in relativ geringem Umfang und außerhalb der Städte durchaus festzustellen. Dennoch scheint die umfassendste Verteilung der Italiener 1971 ihren Höhepunkt erreicht zu haben und erst 2011 wieder dasselbe Ausmaß wieder zu erreichen. 

    Diese eher geringfügigen Bewegungen sollten jedoch nicht dazu verleiten, den gegenseitigen Integrationsprozess einer faktisch mehrsprachigen Gesellschaft zu überschätzen. Ein weniger differenzierter Blick auf die geographische Demographie Südtirols auf einer Zeitachse von vierzig Jahren symbolisiert in erster Linie eine statische, sich nur langsam lösende Verteilung der Sprachgruppen. 

    Sie zeigt in gewisser Weise, was der SVPler Anton Zelger bereits in den 1980er Jahren zum Ausdruck brachte:  "Je deutlicher wir trennen, desto besser verstehen wir uns". Gewissermaßen wurde eine eingefrorene Stabilität zur Doktrin. Darüber hinaus wäre jeder Annäherungsversuch scheinbar schon zu viel verlangt. Eher wird Dankbarkeit und Lob erwartet, wenn es gelingt, sich gegenseitig in Frieden zu ignorieren. 

    Le mappe confermano dunque l’ipotesi di Langer: tra il 1971 e il 2011, l'etnia è rimasta la linea di demarcazione dominante all'interno della società altoatesina. I contatti tra i gruppi rimangono visibilmente limitati per ragioni strutturali, come il divario urbano-rurale e le strutture economiche parallele, oltre che per le continue difficoltà linguistiche reciproche. 

    Ci ritroviamo dunque in "società parallele" non ufficialmente segregate. Come osserva il ricercatore dell’EURAC Jens Woelk, la proporzionale etnica ha uno scopo ufficiale e uno non ufficiale. Se la distribuzione proporzionale di posti di lavoro e risorse rimane inquadrata nell'ambito istituzionale, la divisione fisica etnico-linguistica non si ferma lì e crea “eine einzigartige institutionelle Mischung und Balance der eigentlich widerstreitenden Grundprinzipien Segregation und Integration”. Quest'ultima, a quanto pare, è più nelle mani delle iniziative personali dei residenti, che in quelle dei partiti e delle istituzioni. 

    Denn „dazu braucht es Menschen, die sich nicht allein als Angehörige ihrer Volksgruppe fühlen, sondern Gesamtsüdtiroler sind oder werden wollen. Die also ein Zusammengehörigkeitsempfinden vertreten, das die gesamte Bevölkerung unseres Landes umfasst, eine übergreifende Identitätsstiftung fördert, eine Gesamtverantwortung für dieses Land und alle seine Bewohner bejaht. Und dies, obwohl es geradezu verpönt und gesetzlich sozusagen verboten ist (muss sich doch jeder zu seiner Volksgruppe bekennen und durch den Proporzmechanismus unweigerlich die einen schwächen, um die anderen zu stärken, und umgekehrt)“, um mit Alexander Langer zu sprechen. Und es gibt sie, die Gesamtsüdtiroler, mit oder ohne Proporz. 

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Alex Favalli Do., 07.12.2023 - 13:27

Antwort auf von pérvasion

1. Der ethnische Proporz immunisiert Südtirol gegen eine eventuelle Intensivierung ethnischer Spannungen keineswegs. Dabei wissen wir inzwischen aus der neueren Geschichtsforschung zu multiethnischen Regionen: Ethnische Spannungen entflammen selten „von unten“. Empirisch betrachtet sind es vielmehr die politischen Systeme, die Trennungen entlang ethnischer Kategorien fördern. Unter den richtigen Umständen mag dies auch lange gut funktionieren, doch gerät die Stabilität dieser politischen Systeme ins Wanken, sind Nationalismen und damit einhergehende Freund- und Feindeinordnungen rasch wieder an der Spitze der Tagesordnung (siehe Wahlergebnisse damals und heute). Hierzu empfehle ich zwei wichtige Bücher: „The myth of ethnic war: Serbia and Croatia in the 1990s“ von Valère Philip Gagnon (2017) und “Modern Hatreds: The Symbolic Politics of Ethnic War” von Stuart J. Kaufman (2001). Leider kenne ich keine deutschen Übersetzungen davon.

2. Der ethnische Proporz ist ein zweckgebundenes Instrument. Ihn als Monstranz Südtirols hochzuhalten, halte ich für falsch. Er ist Resultat seines historischen Kontexts (Autonomiestatut als Folge der 50er und 60er Jahre) und hat somit durchaus eine gewisse Legitimität auf institutioneller Ebene. Gleichzeitig hat er aber auch auf der inoffiziellen Ebene gewirkt. Und da hat er eigentlich nichts verloren. Heutzutage würde eine Trendumkehr weder für die italienischsprachigen noch für die deutschsprachigen Südtiroler ein Risiko darstellen. Dadurch könnte langfristig sogar eine Abschaffung des Proporzes in Absicht gestellt werden. In gewisser Hinsicht passiert das auch schon, auch wenn begrenzt auf den kulturellen und universitären Bereich, seltener auch im Sport. Doch sie sind Beweis dafür, dass die Menschen, vor allem die jüngeren, können und teilweise auch wollen. Die Idee eines Kulturverlusts durch eine Öffnung, als wäre der Platz für Kultur/Ethnie/Sprache durch irgendwas begrenzt, ist schlichtweg ein Mythos, der in Südtirol aus mir nicht erklärlichen Gründen weiterhin am Leben gehalten wird.

3. Die Lektüre Langer’s in Südtirols Oberschulen wäre m.E. wünschenswert.

Do., 07.12.2023 - 13:27 Permalink
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Evelin Grenier Mi., 06.12.2023 - 20:19

Sono parecchie le regioni con minoranze etniche (Tibet, Nagorno-Karabakh, Kosovo, ecc.), che studiano e osservano con interesse...

Mi permetto di aggiungere un piccolo dettaglio...

Il Nagorno-Karabakh (da circa un mese) non è più una regione abitata da una minoranza armena, ma è "finalmente" una provincia azera a tutti gli effetti, ripulita a fondo giusto qualche giorno prima di celebrare la parata della vittoria. I 100 mila armeni che vivono ora nei campi profughi sul territorio armeno internazionalmente riconosciuto non hanno più bisogno della Proporz.

Che sollievo no?

Mi., 06.12.2023 - 20:19 Permalink
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Profil für Benutzer G. P.
G. P. Mi., 06.12.2023 - 20:35

"dazu braucht es Menschen, die sich nicht allein als Angehörige ihrer Volksgruppe fühlen, sondern Gesamtsüdtiroler sind oder werden wollen. Die also ein Zusammengehörigkeitsempfinden vertreten, das die gesamte Bevölkerung unseres Landes umfasst, eine übergreifende Identitätsstiftung fördert, eine Gesamtverantwortung für dieses Land und alle seine Bewohner bejaht. "

Dazu wird es erst kommen, wenn Südtirol - vielleicht irgendwann - ein unabhängiger, selbständiger Staat ist.

Mi., 06.12.2023 - 20:35 Permalink
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Salto User
nobody Mi., 06.12.2023 - 21:02

Ein interessanter Artikel und das Fazit muss sich jeder selber bilden. Ein Ausweg wäre jener, den NoiLand vorschlägt. Ein gleichberechtigtes Miteinander, dann bräuchte man den ganzen Unsinn nicht mehr, nicht die Autonomie und nicht den Proporz. Solange wir aber Minderheit sind, bleibt es ein unseliges Nebeneinander und Autonomie und Proporz sind unverzichtbar. Dies erforderte allerdings von Italien die Größe, auf seine glorreiche Kriegsbeute zu verzichten.

Mi., 06.12.2023 - 21:02 Permalink
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Hartmuth Staffler Do., 07.12.2023 - 14:11

Wenn man den Angriff Italiens auf Tirol vom 23. Mai 1915, den angeblichen Sieg vom 4. November 1918, die Annexion vom 10. Oktober 1920, die in der Option von 1939 gegipfelten Bemühungen des faschistischen Italien um die ethnische Säuberung Südtirols sowie den Polizei- und Justizterror der 60er-Jahre für richtig findet, dann kann man die Sprachgruppenzugehörigkeitszählung natürlich nicht für richtig finden. Da dürfte doch einleuchten.

Do., 07.12.2023 - 14:11 Permalink
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Salto User
endrizzi paolo luigi Do., 07.12.2023 - 15:21

Oltre alla divisione etnico linguistica, termine che non mi piace preferisco differenza e diversità culturale, esiste una differenza economica e classe che rimanda alla dimensione di democrazia e di equità. Parlare di etnico senza citare questi due aree (economia-classe) fa apparire una realtà distorta.

Do., 07.12.2023 - 15:21 Permalink