Politik | Gastkommentar

Una mozione eversiva e avventurista

La richiesta di abolizione della Regione presentata da nove consiglieri della destra sudtirolese, Freiheitlichen compresi, comporterebbe il ritorno di tensioni e violenze.
  • E ’confortante che dopo tanti anni di sistematica delegittimazione dell’istituto regionale, finalmente il maggiore gruppo di opposizione in consiglio regionale, quello del PD, abbia assunto una formale deliberazione a sostegno della Regione, evidenziandone l’insostituibile ruolo di cerniera fra le componenti etniche in cui è suddivisa la popolazione del Trentino Alto Adige, e di modello per forme di autogoverno sempre più avanzate.

    Sono però nel contempo allarmanti le circostanze da cui la presa di posizione del PD è stata originata. Essa nasce come reazione ad una mozione presentata in consiglio regionale da consiglieri di vari gruppi della destra sudtirolese, in cui si chiede che il consiglio “deliberi” (non rivendichi) la abolizione propria e di quella dell’intera Regione, nonché il trasferimento dei relativi poteri alle Province. E’ un documento la cui trattazione in consiglio regionale è chiaramente inammissibile, dal momento che la Regione non ha il potere di “ deliberare” alcuna abrogazione di leggi costituzionali. E’ anche da aggiungere che se il Consiglio regionale deliberasse questo, ed insistesse su questa posizione, andrebbe incontro allo scioglimento anticipato per atti contrari alla Costituzione, trascinando nella caduta automaticamente anche i due consigli provinciali (art.33 Statuto).

    A questo punto l’iniziativa della destra sudtirolese non può essere considerata come una sparata propagandistica: essa è incompatibile colla dignità del mandato popolare conferito ai proponenti , e con il giuramento da essi prestato all’atto di assumere l’incarico. Si dà inoltre il caso che, come si rileva nel documento del PD, fra i firmatari figurino i nomi dei consiglieri del gruppo dei Freiheitlichen che sono parte della coalizione di governo in Provincia di Bolzano, sulla base di accordi solennemente sottoscritti.

    Dal che risulta che essi recitano due parti in commedia. Da una parte quella di partner in una coalizione che lavora per la realizzazione di un programma concordato in Provincia, nel rispetto delle leggi e dello Statuto, dall’altra quella di un partito che in Regione opera per cancellare lo Statuto regionale ed instaurare sul crinale delle Alpi ed in contesa collo stato italiano, una entità semi-indipendente, ultimo passo verso la secessione. Per quanto riguarda la Provincia di Trento, enucleata dal contesto regionale, sprovvista di quella legittimazione alla specialità che le sarebbe stata conferita dal riconoscimento dei ladini retici della valle del Noce, che la Svizzera riconobbe 80 anni fa, sarebbe destinata a scivolare verso l’irrilevanza.

    E’ chiaro che la realizzazione di un programma eversivo di questo genere, comporterebbe il ritorno di tensioni, violenze e di interventi dello Stato a tutela dell’ordine pubblico e delle istituzioni democratiche.

    E’ chiaro che la realizzazione di un programma eversivo di questo genere, comporterebbe il ritorno di tensioni, violenze e di interventi dello Stato a tutela dell’ordine pubblico e delle istituzioni democratiche. Cose che abbiamo ben conosciuto prima dell’ entrata in vigore del nuovo Statuto di autonomia del 1972. Proprio quello che i 9 sudtirolesi autori della mozione, vogliono abolire, e che ha garantito 50 anni di pace e di progresso a tutte le popolazioni di questa regione e a tutti i gruppi linguistici che vi sono insediati. Parliamo quindi di esso e del suo iter travagliato

    Questo Statuto, oggi vigente, costituisce il principale strumento di adempimento degli obblighi che lo stato italiano si assunse, dopo lunghe ed estenuanti trattative condotte da Aldo Moro, per chiudere la vertenza dell’Alto Adige, che nel corso di decenni di attentati, stragi, tensioni internazionali e interne, controversie avanti le Nazioni Unite, aveva afflitto l’Italia. Il testo della relativa proposta di legge costituzionale elaborato e concordato da Moro con la SVP e con l’Austria, trasferiva, come è noto, alle Province tutte le competenze relative alle questioni economiche e sociali, riservando alla Regione le materie più propriamente politiche relative agli ordinamenti, agli istituti di garanzia, al libro fondiario. ai controlli di legalità, e in seguito, al servizio giustizia.

    La primazia in questo contesto di istituti spettava comunque alla Regione. Al Consiglio regionale spetta infatti il potere di iniziativa legislativa avanti il parlamento su tutte le questioni che riguardano in particolare modo il Trentino Alto Adige.

    Però tutto questo lavoro rischiava di finire nel nulla. Nell’autunno del 1971 ero capogruppo del PCI in consiglio regionale ed un giorno l’onorevole Carlo Scotoni deputato del PCI nella circoscrizione del Trentino Alto Adige, chiesta la convocazione urgente della segreteria, comunicava che il testo della riforma, sulla quale il PCI aveva parecchie riserve, sarebbe sì stato approvato in via definitiva dalle due Camere, ma secondo previsioni pressoché unanimi, sarebbe stato bocciato a larga maggioranza dagli elettori in sede di referendum confermativo.

    Erano infatti contrari tutti gli elettori della destra, molti del centro, e nello stesso elettorato della sinistra, larghi settori, indignati per la lunga serie di attentati sanguinosi e memori delle stragi naziste durante la Resistenza, consideravano il nuovo Statuto come un cedimento al revanscismo pangermanista. Erano quindi pervenute al PCI, anche da parte di Moro ,pressanti appelli perché, in nome dei superiori interessi della Repubblica e delle comuni origini antifasciste, il PCI votasse per la riforma, in modo che i voti favorevoli in parlamento, varcando la soglia dei due terzi, a sensi dell’ultimo comma dell’articolo 138 della Costituzione, escludessero il ricorso al referendum.

    E così, coi voti del PCI, di non molto inferiori a quelli della DC, fu varato il nuovo Statuto, posto al riparo dal referendum.

    La segreteria regionale del PCI, richiesta di un parere da parte della direzione nazionale, espresse la sua posizione favorevole. E così, coi voti del PCI, di non molto inferiori a quelli della DC, fu varato il nuovo Statuto, posto al riparo dal referendum. Una delle rare volte in cui la politica prevalse sul populismo. Ad esso seguì il rilascio da parte dell’Austria della quietanza liberatoria, e le controversie internazionali sul confine del Brennero, sulla sovranità italiana in questi territori e molte altre questioni connesse furono superate. Tornarono normali i rapporti con Austria e Germania.

    Questa fu dunque una pietra miliare sul cammino dell’autonomia, e con essa venne riconfermata la collaborazione di tutte le etnie del Trentino Alto Adige nell’ambito dell’istituto regionale, che si è tentato di ridimensionare, ma che dimostra anche oggi il suo ruolo insostituibile e la essenzialità delle sue funzioni anche in questioni vitali come la organizzazione della giustizia, onoraria e ordinaria, in tutto il territorio.

    La mozione sottoscritta dai 9 consiglieri regionali sudtirolesi, è chiaramente eversiva del quadro costituzionale dell’autonomia, e avventurista. Tutto questo rende incompatibile la presenza di queste formazioni politiche in coalizioni di maggioranza, sia in Regione che nelle Province. Questo vale innanzitutto per la SVP, che deve rendersi conto che una alleanza con queste forze è l’inizio della sua fine.

    Ma vale anche per i partiti italiani, specie per quello che è alla guida del governo nazionale, il quale è chiamato a garantire l’ordine costituzionale in quest’area sempre nevralgica dello stato italiano. La partecipazione a maggioranze nei governi locali con esponenti di queste forze eversive, sarebbe ben strana per un partito che proclama ad ogni pié sospinto di porre ai vertici della sua azione politica la tutela dei valori e degli interessi della nazione italiana.

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Luca Marcon Sa., 20.01.2024 - 19:08

«...reazione ad una mozione presentata in consiglio regionale da consiglieri di vari gruppi della destra sudtirolese, in cui si chiede che il consiglio “deliberi” (non rivendichi) la abolizione propria e di quella dell’intera Regione, nonché il trasferimento dei relativi poteri alle Province. E’ un documento la cui trattazione in consiglio regionale è chiaramente inammissibile, dal momento che la Regione non ha il potere di “ deliberare” alcuna abrogazione di leggi costituzionali.»
Una buffonata, quindi; un po' come marciare vestiti come ai tempi di Napoleone brandendo fiaccole o sparare a salve a mo' di fuciletti a tappo con armi modello del fu esercito nazista. Di cosa ci si preoccupa, esattamente?

Sa., 20.01.2024 - 19:08 Permalink
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Hartmuth Staffler Sa., 20.01.2024 - 21:08

Die Region ist eine vollkommen überholte Geldvernichtungsmaschine. Der üble Antisemit und Simonino-Verehrer Degasperi hat sein Trentino in die Autonomie mit einbezogen, um seine Klientel zu befriedigen, und damit den Grundstein für jahrzehntelange Spannungen zwischen Trentino und Südtirol gelegt. Die Abschaffung der Region wäre ein wesentlicher Beitrag zur Befriedung und Verständigung.

Sa., 20.01.2024 - 21:08 Permalink
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Matthias Wallnöfer So., 21.01.2024 - 18:09

Die autonomen Provinzen Bozen und Trient verfügen bereits heute über Kompetenzen, welche den Kompetenzen vieler anderer Regionen gleichkommen. In der Verfassung findet sich sogar ein eigener Passus im Art. 116, der ausdrücklich die beiden autonomen Provinzen als Bestandteile der Region festlegt. In der offiziellen Auflistung der Regionen (Art. 131) ist aber nur von der Region TAA/S die Rede, nicht von den beiden autonomen Provinzen.
Meines Erachtens wäre hier Hand anzulegen, sodass auf allen Auflistungen und Karten auch die autonomen Provinzen erwähnt werden müssten. Dann sollte die Rolle der Region auch aus Gründen der Sparsamkeit auf eine reine Koordinierungsstelle zurückgefahren werden, welche nicht mehr große Sichtbarkeit nach außen genießen sollte. Eine völlige Abschaffung scheitert am vorliegenden Autonomiestatut und dem Widerstand der Trentiner. Eher könnte eine Umbenennung erfolgen (in etwa "Bund der autonomen Provinzen") um die Koordinationsrolle zu unterstreichen, welche die erneuerte Institution neben der bereits bestehenden Euregio ausüben wird.

So., 21.01.2024 - 18:09 Permalink