Chronik | da Roma

La grande normalizzazione

Basta un confronto aneddotico e soggettivo tra le ultime elezioni presidenziali per notare che in due anni è cambiato tutto

Era il 17 aprile del 2013. Il parlamento più rinnovato della storia della repubblica era insediato da un mese, ma era incapace di esprimere una maggioranza. Al governo c’era ancora Monti. Molti parlamentari erano ancora senza ufficio, e le commissioni non insediate. Si vagava nei corridoi cercando di lavorare dove capitava. Sembrava che si sarebbe tornati a votare a brevissimo. Ma si era nel semestre bianco, gli ultimi mesi del mandato del Presidente della Repubblica uscente, e il parlamento non poteva essere sciolto. Il nodo passava dunque dall’elezione del nuovo Presidente, il quale avrebbe avuto il compito di sciogliere la crisi politica o di sciogliere le camere.

Quella sera fu convocata l’assemblea dei “grandi elettori” dell’alleanza che allora si chiamava “Italia bene comune”, ossia grosso modo tutto il centrosinistra. Luogo della riunione il teatro Capranica, a metà strada tra Camera e Senato. Ore 20. Ci andai pensando ingenuamente ad un incontro breve, da concludersi prima di cena (secondo il calendario romano, quindi verso le 21.30). Nella piazzetta davanti al teatro un centinaio di persone che urlavano e fischiavano. Date le dimensioni della piazza sembravano tantissime e rumorose, scandivano “Ro-do-tà”, ed erano arginate da un cordone di poliziotti in tenuta anti-sommossa. Al teatro si poteva accedere ad uno ad uno, e solo previa esibizione del tesserino parlamentare, passando attraverso un pertugio tra il muro e la polizia.

Entrando ho incrociato per la prima volta lo sguardo con alcuni personaggi che avevo visto in televisione e con molti altri peones spaesati come me. Mi è venuto naturale salire in galleria (che era quasi vuota) e sedermi comodamente a guardare lo spettacolo della sala sottostante, che brulicava di gente. Quelli importanti e quelli (molto più numerosi) che li circondavano, si spingevano per conquistare posti nelle prime file, o si comportavano come se fossero stati importanti anche loro, dei “vorrei-ma-non-posso”, una categoria di cui la politica brulica. O magari erano importanti davvero, chi tira le fila sta sempre un passo indietro. Chissà. Allora erano comunque facce e nomi a me sconosciuti.

Poi è andato in scena lo psicodramma: prende la parola Bersani, e parla per meno di due minuti (fu allora che capii che non sarebbe potuto diventare Presidente del Consiglio, non ha l’ego adatto…). Dice più o meno testualmente: “ho parlato con Berlusconi e gli ho proposto tre nomi. Tra questi, l’unico che Berlusconi è disposto a votare è Franco Marini. Quindi, siccome il presidente non riusciamo a eleggercelo da soli e non sarebbe nemmeno giusto, domani si vota Marini”. Apriti cielo. Ore di interventi, quasi tutti di persone che l’ego adatto ce l’avevano eccome, e poi le vicende ampiamente riportate dai giornali dell’epoca: l’uscita di SEL dalla sala e dalla maggioranza, i lunghi coltelli nel PD, e le altre cose note, fino alla rielezione di Napolitano dopo tre giorni di follia.

Quando la riunione è finita era passata l’1 di notte. All’uscita, stessa scena di polizia e manifestanti. Non abituato a queste cose, ho pensato che si stesse ripetendo Weimar e che sarei dovuto emigrare al più presto. Ma non potevo. Mi sentivo in trappola. Oltretutto stanco, affamato, sudato, depresso. Ho vagato per una Roma sempre bellissima in una notte di primavera, senza trovare più nulla di aperto per mangiare qualcosa. Finché sono arrivato in un pub vicino a casa, in uno dei posti più straordinari della città, dietro S. Giorgio al Velabro. Era ancora aperto, facevano panini, mi sono seduto fuori a guardare la luna piena e a riflettere per ore. Nonostante la bellezza in cui mi stavo immergendo, non riuscivo a produrre alcun pensiero positivo. Sono andato a casa che quasi albeggiava.

Meno di due anni dopo. 29-31 gennaio 2015: si tiene la nuova elezione presidenziale. Tutto fila liscio. Nessuna riunione drammatica – o almeno non che io sappia. Qualche tensione tra partiti, ma roba da agenzie di stampa, rilevanza zero. Nessuna protesta in piazza. Non solo perché fa freddo e non è gradevole nemmeno per i potenziali manifestanti passare la notte sotto la pioggia gelida. Al quarto scrutinio passa come previsto il candidato di maggioranza, sostenuto nei fatti anche da chi non lo ha votato o potuto votare. Ottimo candidato, ottima mossa, non c’è dubbio. Giubilo collettivo. Il governo e il presidente del consiglio ne escono rafforzati. Pare che non si vada a votare per almeno un altro anno e mezzo, e che continueranno le riforme su cui nessuno avrebbe scommesso due anni fa. Strani scherzi della storia: la legislatura più traballante potrebbe diventare stabile e caratterizzarsi per la realizzazione di riforme che nessun’altra legislatura ha prodotto.

Cosa è successo? Sono io che mi sono abituato e vedo più le cose in modo meno drammatico? È perché fa più freddo (l’Italia in fondo è un Paese di contestatori in pantofole)? O stiamo tornando alla “Prima Repubblica”, al primato della politica, alla partitocrazia tranquillizzante, alla democristianizzazione pacificatrice? È il pendolo della storia che oscilla con rapidità? Chissà. Sono passati solo 22 mesi. Ma sembra un’era geologica.

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Guido Gentilli Di., 03.02.2015 - 10:59

Cos'è successo?
I grillini si sono sgonfiati, Renzi ha conquistato il potere, Berlusconi è caduto.
Che siano cose positive o negative, lascio ad altri valutare.

Di., 03.02.2015 - 10:59 Permalink