Politik | Toponomastica

Il gioco delle (tre) carte

Storielle d'estate sulla scomparsa dell'archivio di Ettore Tolomei

Letto su Internet il titolo, verrebbe spontaneamente da interpellare il programma "Chi l'ha visto?". "Scomparso l'archivio di Tolomei" si proclama solennemente. Il sommario aggiunge al tutto sfumature di complottismo: il suddetto archivio proverebbe la fondatezza della toponomastica italiana in Alto Adige.

In un'estate dominata, per quel che riguarda le perenni diatribe nazionalistiche, dal tema del doppio passaporto da concedere i sudtirolesi, mancava da un po', in effetti, qualche accenno ad uno degli "evergreen" di settore, quello della toponomastica. A recuperare ci ha pensato con un'interrogazione in consiglio provinciale il consigliere di Alto Adige nel cuore Alessandro Urzì che ha domandato all'assessore provinciale ai beni culturali Florian Mussner se avesse avuto qualche notizia, di recente o in passato, dell'archivio di carte geografiche e documenti scritti, posseduto, prima del 1943, nella sua casa di Gleno, sopra Ora da Ettore Tolomei. Risposta scontata e burocratica (l'archivio ufficialmente è andato perduto e non se ne sa più nulla) e commento indignato per la perdita di un patrimonio culturale che - secondo Urzì -avrebbe potuto testimoniare la fondatezza della toponomastica italiana elaborata agli inizi del novecento proprio per iniziativa di Tolomei e ufficializzata nella prima metà degli anni 20.

La tentazione sarebbe quella di ignorare l'intera questione, ma una lunga esperienza induce a credere che invece sia opportuno intervenire per ripristinare, senza paura di annoiarsi nel ripetere le cose per la centesima volta, i dati di fatto che vengono volentieri stravolti per il puro gusto di accumulare argomenti da usare nella battaglia nazionalistica.

Ed allora, ancora una volta, con pazienza, mettiamo in fila i fatti.

La casa di Gleno, per Ettore Tolomei era ben più che una semplice abitazione. Acquistata da un parente agli inizi del novecento divenne ben presto il centro dell'attività del geografo nazionalista, impegnato con ogni mezzo propugnare l'italianità dell'Alto Adige. Da quel maso abbarbicato sulle pendici della montagna Tolomei gestì con regolarità la pubblicazione della rivista, l'Archivio per l'Alto Adige", che, di fatto, contiene la totalità dei suoi scritti, dei contributi scientifici del gruppo di collaboratori da cui si era attorniato, dei risultati delle sue e delle altrui ricerche riguardo ai nomi italiani a proporre prima e da imporre poi come toponomastica ufficiale. Al di fuori delle annate della rivista, gli scritti di un certo rilievo di Tolomei in pratica non esistono. Per quarant'anni l'Archivio diviene testimonianza fedele tutto quel che lo studioso roveretano ha raccolto, delle sue valutazioni politiche, degli strali polemici lanciati contro chi osava mettere in dubbio i dogmi da lui enunciati. Il materiale cartaceo usato per stendere questa enorme mole di scritti era conservato nella torre fatta costruire da Tolomei accanto al maso. Una sorta di tempio consacrato allo scopo della sua vita. Tre piani, il primo dedicato alla preparazione, il secondo la riconquista, il terzo all'italianizzazione dell'Alto Adige.

Fu a questa porta che, all'indomani dell'8 settembre del 1943, bussarono gli uomini della Gestapo arrivati appositamente da Innsbruck. L'operazione, evidentemente, era stata preparata da tempo e con cura. Ad arrestare Tolomei non vennero solo poliziotti ma anche esperti storici in uniforme nazista. A loro il compito di selezionare le carte accumulate dall'anziano senatore e disporne il trasferimento nel capoluogo tirolese. Tolomei, come noto, dopo un breve periodo di detenzione a Innsbruck, fu internato a Dachau e vani furono i tentativi di Mussolini di farlo rilasciare. Tornò in Italia solo diverso tempo dopo la fine della guerra, reduce tra l'altro anche dall'internamento in un campo di prigionia russo.

All'indomani del conflitto le autorità austriache dichiararono che il materiale sottratto a Gleno era scomparso, forse distrutto nei bombardamenti di quegli anni. È una tesi ufficiale dalla quale, non hanno mai voluto distaccarsi. Solo che, nel corso degli anni, a smentirli clamorosamente, è stata la comparsa sulle opere di numerosi autori che hanno lavorato sul tema della più recente storia altoatesina, di documenti, non di rado anche riprodotti in copia fotografica ed anastatica, che non possono non provenire da quell'archivio. Evidentemente l'accesso alle carte di Tolomei, conservate con ogni probabilità in qualche ben protetto sotterraneo, è stato consentito ad autori di provata fede, perché vi attingessero elementi per sostenere le loro tesi nella diatriba storico politica che ha infuriato tra Austria e Italia, sulla questione altoatesina, sino a non molto tempo fa.

L'archivio dunque esiste ancora, ma è argomento tabù per tutta una serie di motivi facilmente comprensibili. Vienna e Innsbruck dovrebbero innanzitutto ammettere di aver raccontato per decenni un sacco di frottole. C'è poi il fatto che, ad onta del tempo ormai trascorso, la figura di Tolomei continua ad essere, per i sudtirolesi, una sorta di demone maligno, reo di colpe ben più gravi di quelle che una serena analisi storica potrebbe confermare. Non aiuta infine il fatto che, sulla toponomastica altoatesina, continui ad essere aperta una querelle politica ben alimentata dagli interessi di bottega degli opposti nazionalismi.

E tuttavia partire da tutto questo per ipotizzare che nelle carte nascoste oltre Brennero ci siano documenti segreti in grado di capovolgere il giudizio storico scientifico e politico sulla toponomastica italiana elaborata da Ettore Tolomei e dai suoi collaboratori, significa entrare in una sorta di leggenda fantapolitica simile a quelle dei romanzi di Dan Brown.

Chiunque abbia studiato l'opera di Ettore Tolomei con un minimo di attenzione sa benissimo che tutto quello che il geografo roveretano ha trovato, recuperato, tradotto, inventato per dare un nome italiano a tutti i toponimi altoatesini è scritto e documentato nelle annate dell'Archivio. Tolomei non era uomo da dossier segreti. Era uno scrittore compulsivo che ripeteva all'infinito le sue proposizioni e pubblicava tutto quello che poteva sostenerle. Da non dimenticare poi che Tolomei, all'indomani della prigionia, tornò in Italia e tentò, senza troppa fortuna, di riprendere il ruolo di consigliere del governo sulla questione altoatesina, nella delicata fase delle trattative per il trattato di pace e poi nella fase di elaborazione del primo statuto di autonomia. Se tra i fogli e i libri che gli erano stati sottratti dai nazisti ci fossero stati le clamorose pezze d'appoggio di cui qualcuno favoleggia, lo avrebbe proclamato ai quattro venti.

Dove ci porta tutto ciò? In primo luogo a riflettere tristemente sul fatto che le opposte visioni nazionalistiche della realtà altoatesina ci tengano inchiodati da un secolo all'dibattito su temi, come quello della valenza dei nomi come simboli del potere di un popolo sugli altri, che dovrebbero essere stati gettati da tempo nel cestino della spazzatura della storia. Se così fosse avvenuto le carte di Tolomei potrebbero essere poi serenamente recuperate e trasferite nel posto che loro compete: un archivio storico dove, magari assieme a quelle che testimoniano delle attività parallele, analoghe e contrapposte dei tanti Tolomei di lingua tedesca, potrebbero essere studiate da generazioni di giovani storici, vaccinati contro le febbri perniciose della faziosità nazionalista, per scrivere libri che possano insegnare ai giovani una verità che ancora oggi è troppo spesso celata

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ferdinand tessadri Di., 01.09.2015 - 14:51

Ma quale archivio? Se ti capita di girare le nostre valli,ti viene da ridere nel vedere le invenzioni-traduzioni. Goldrain-Coldrano,Schlanders-Silandro ecc.
Basterebbe consultare l' opera di Kühebacher per capire la pochezza di quanto
in gran parte inventato da questo politicante. Quindi mettiamoci almeno una pietra sopra, non merita la discussione.

Di., 01.09.2015 - 14:51 Permalink
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Laurin Rosengarten Mi., 02.09.2015 - 00:44

Pietra sopra ist ok,
mich würde aber trotzdem brennend interessieren ob der gute Hektor Tollmeier bei seinen linguistischen Ergüssen einen welschen Merlot oder einen autochthonen, taitschen Vernatsch gsoffn hat.
Nüchtern kann er auf keinen Fall gewesen sein.
Und Spaß muss es ihm einen höllischen gemacht haben.
Moncucco di fuori lässt grüßen!

Mi., 02.09.2015 - 00:44 Permalink
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ferdinand tessadri Mi., 02.09.2015 - 10:17

Antwort auf von Laurin Rosengarten

Das wird schwer zu eruiren sein. Aber vielleicht hat er sich an Hochprozentigem gehalten.Da wird es aber wieder schwierig, denn unsere noblen Schnapsbrenner haben ja gedacht sie muessten den vulgären Treber veredlen und daher als Grappa
vermarkten. Alles um unsere lieben Gäste aus Deutschland nicht zu verunsichern, und den Umsatz zu steigern.

Mi., 02.09.2015 - 10:17 Permalink