Gesellschaft | Dal blog di Gustavo Corni

Le opzioni: piccola storia e grande storia

Venerdì 17 maggio alle 18 si parlerà a Bolzano di "opzioni e pulizia etnica", uno dei momenti più oscuri della recente storia sudtirolese.
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„Das-ist-das-Haus-vom-Ni-ko-laus“
Foto: Luca Meneghel

Venerdì 17 maggio si svolgerà alla sala Kolping di Bolzano un'interessante iniziativa, a cura di "Geschichte und Region", che vedrà la ricercatrice tedesca Maria Fiebrandt (Technische Universitaet Dresden) parlare di "opzioni, nazionalsocialismo ed eugenetica". Un'occasione da non perdere per cercare di inquadrare meglio la vicenda delle opzioni nella più grande storia del Novecento. E' vero: le opzioni rappresentano un momento importante, lacerante, nella storia e nella memoria della comunità tedescofona del Sudtirolo; un momento su cui forse non si è fatta ancora piena luce, soprattutto per gli echi che ha lasciato in una comunità sottoposta negli anni precedenti alle dure politiche snazionalizzatrici del fascismo, a cui nel 1939 venne offerta una possibilità, apparentemente allettante, di optare per la cittadinanza germanica, rientrando in seno al grande Reich di Adolf Hitler.

La decisione suscitò grandi lacerazioni, speranze e poi forti delusioni. La parte nettamente maggioritaria della comunità optò nella speranza che una scelta plebiscitaria avrebbe costretto Mussolini a cedere l'intero territorio della provincia di Bolzano al Reich. Altri decisero fin dall'inizio di non aderire. Quanto più divenne chiaro che optare avrebbe significato dover abbandonare la propria terra e le proprie radici (il governo fascista non avrebbe mai ceduto quel territorio, così carico di simboli per la nazione), tanto più la scelta divenne drammatica. Molti degli optanti finirono per restare, altri se ne andarono comunque (in generale i meno abbienti, che avevano meno da perdere). Altri ancora restarono bloccati dal blocco delle operazioni di trasferimento verso il Reich, dovuto alla situazione di guerra in cui a partire dal giugno 1940 venne a trovarsi anche l'Italia.

Sappiamo che gli studi storici sulle opzioni si sono sviluppati molto tardi, dovendo fare i conti con la difficoltà di rielaborare quel trauma. Ma, benchè meritori (ricordiamo la grande mostra a Bolzano del 1989 organizzata dal viennese Karl Stuhlpfarrer e dai suoi allievi, Poldi Steurer in testa) questi studi si sono prevalentemente concentrati sulla vicenda in sè, focalizzandola nel quadro della storia regionale. Meno sviluppati sono stati finora gli studi che collocano le opzioni sudtirolesi nel corretto quadro storico generale, costituito dalla poltiica hitleriana di "Heim ins Reich". Rivolta a tutto campo verso le comunità di Volksdeutschen che vivevano sparse nell'Europa centro-orientale, essa determinò il rientro entro i confini del Reich di circa 700.000 Volksdeutschen, fra 1939 e 1940; fra di essi gli optanti sudtirolesi. E' questo il quadro storico corretto entro cui la vicenda regionale va collocata e di ciò occorre avere consapevolezza. 

La politica di Heim ins Reich mirava a ricostruire la Volksgemeinschaft lacerata dalla storia, preparando la strada per una nuova, intensa colonizzazione germanica a Oriente (e non solo). Non a caso, a Berlino furono elaborati piani per spostare i sudtirolesi in massa verso la Crimea; altri progetti parlavano della Borgogna. Ma questi coloni, per essere considerati degni di rappresentare la superiore Kultur germanica nel gigantesco (solo abbozzato, peraltro) progetto di espansione e di colonizzazione, dovevano avere caratteristiche razziali peculiari. La selezione cui furono sottoposti era perciò complessa e rigorosa. Insomma, le opzioni sono legate da un lato ai progetti di "grande spazio" del regime hitleriano e dall'altro alla sua profonda connotazione razzistica. E' su questo aspetto che vertono gli studi di Fiebrandt, che verranno illustrati domani a Bolzano. Si tratta di una questione ancora poco studiata, che pone fra l'altro un interrogativo di fondo, o meglio ripropone questo interrogativo: i sudtirolesi che hanno optato erano consapevoli di ciò che stava accadendo, o perlomeno lo era una minoranza? Chi, fra i sudtirolesi optanti, ha partecipato a questo progetto di selezione razziale? Con quali obiettivi? Alcuni di loro erano dei convinti nazionalsocialisti, o semplicemente si stavano accodando al (presunto) vincitore, nella speranza che finalmente sarebbero stati liberati dal giogo italiano e fascista? Interrogativi importanti, che ancora una volta rimettono in gioco i nodi della memoria e dell'identità della comunità sudtirolese.