Politik | Jimmy Milanese

L'inglese che ha detto Brexit

John Bull, stampa inglese e stereotipi che hanno portato alla Brexit.
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Il “manga” inglese John Bull è stato per almeno due secoli la personificazione dello stereotipo del cittadino medio della campagna lontana e irraggiungibile da Londra. Una personalità frustrata proprio dal suo vivere distante da quella che ancora non era la City, ma galoppa ondate di industrializzazione.

Nato dalla penna di John Arbuthnot all'inizio del 700, Bull è considerato il precursore del più celebre Zio Sam.

Il suo è il tipico buon senso civico del contadino che non si cura troppo di quello che accade oltre lo steccato che delimita il suo piccolo possedimento, dal quale trae abbastanza per vivere dignitosamente. Non ha i tratti dell'eroe Yankee o quello del giacobino francese, ma si difende dondolando i nipotini che vengono a trovarlo. Semplicemente, spilla la sua pinta di birra e si gode il landscape dei never-ending giardini inglesi.

La stampa britannica ha spesso ricorso a questo personaggio della narrazione culturale popolare per indicare l'essenziale britannico, in contrasto e conflitto con Louis Baboon, che nella penna dei vignettisti d'oltremanica altro non era se non lo storpiamento della Casa dei Borboni, all'epoca acerrimi nemici dei britannici, e con i quali s'instaurò una specie di competizione sul fasto delle corti. Forse, all'inizio, i britannici ebbero la meglio, se è vero che dalla fine dell'800 alcuni loro ingegneri si occuparono della sistemazione della rete idrica francese - quella disastrata parigina, in particolare - salvo poi un secolo dopo importare a camionate eau Evian in bottigliette da 250 ml.

I popolari tabloid inglesi, più attenti al gossip e alle foto di donne svestite, come il Sun e il Daily Mail, hanno recentemente tirato fuori questo personaggio, ma in chiave antieuropeista.

Sfogliati da molti inglesi, ma letti in particolare dalla classe operaia e contadina, ancora molto presente nella campagna tra Londra e Scozia, distribuiti a prezzi stracciati da portalettere che ti raggiungono anche se sei più isolato dell'ultimo giapponese, questi giornali hanno veicolato il messaggio più caro agli inglesi:”I want my country/money back”. Semplice, chiaro, complesso da contro argomentare, questo slogan ha presentato una Inghilterra assediata dal Regno Unito, ovvero un Regno Unito assediato dall'immigrazione, quindi da Bruxelles. Immigrazione, per un errore dell'ormai ex premier Cameron, è il termine con il quale sono stati indicati sia i cittadini comunitari “tanti, che assediano l'economia britannica in cerca di lavoro” sia quelli che dal Medio oriente o Nord Africa, per intenderci, nei decenni hanno portato alla candidatura ed elezione di un sindaco islamico a Londra. Gli stessi immigrati dal Commonwealth e non solo che molto prima avevano rovesciato la proporzione white/non white nelle regioni del Nord come lo Yorkshire, ribattezzato Bradistan dalla stampa più irriverente del paese; ma anche prodotto star mondiali note a tutti, come Farrokh Bulsara, ad esempio.

Nella contea metropolitana del Tyne and Wear, tipicamente feudo del partito laburista, politicamente defunto e mediaticamente silenzioso, il voto verso la Brexit ha sorpreso non poco i commentatori, viste le poco velate minacce di alcune Big Companies che in quel luogo hanno piantato radici, le quali in caso di Brexit avevano paventato di lasciare, quindi impoverire la regione. Certo, per vili ragioni economiche, che poi sono le stesse per il quale l'Unione chiede maggiore integrazione, appunto, per contrastare Cina e ultimi arrivati.

Ancora una volta, il grido del Sun e del Daily Mail, è stato quello indistinto contro gli “Immigrati”. Ovvero, quel misero 3% di popolazione non “white con i capelli chiari” che in quella periferia, rispetto alle percentuali di Londra all'11/13 %, è stata al centro della campagna di odio di questi due tabloid.

Ha vinto lo slogan dei Brexits: “I want my country/money back”, senza nemmeno dover spiegare l'enorme quantità di finanziamenti targati UE arrivati negli anni per finanziare riconversioni e progetti di sviluppo. Insomma, la forza di quel panzone di John Bull ha vinto sul futuro di quelle famiglie che ingenuamente pensano di risorgere inondando il tunnel sotto la Manica.