Cultura | salto weekend

Fu la Spagna!

Cosa lega la remota vicenda di un fotografo vipitenese alla guerra civile spagnola? Lo storico Andrea Di Michele ci parla della mostra che ha allestito a Barcellona.
guerra_civile.jpg
Foto: Salto.bz

Presso il Museu d’Història de Catalunya di Barcellona, è attualmente in corso una mostra fotografica, visitabile fino al prossimo febbraio 2017, intitolata Fu la Spagna! La mirada feixista sobre la guerra civil espanyola. L’esposizione documenta insomma il decisivo contributo italiano nella guerra civile spagnola. Il regime di Mussolini inviò infatti aerei, navi, armi e complessivamente circa 80.000 effettivi, la maggior parte dei quali appositamente arruolati nel Corpo Truppe Volontarie (CTV). La mostra – che tra un anno arriverà anche nella nostra città – riveste un particolare interesse, in quanto uno degli organizzatori è lo storico bolzanino Andrea Di Michele. Ecco l'intervista che ha rilasciato a salto.bz.

Salto.bz: Partiamo da un inquadramento generale del percorso di ricerca che l'ha portata ad allestire la mostra. Il visitatore che cosa vedrà?
Andrea Di Michele: Si tratta di una esposizione eminentemente fotografica, accompagnate da illustrazioni apparse sulle maggiori riviste italiane degli anni Trenta e dalla riproduzione di tre discorsi significativi, rispettivamente di Mussolini, Franco e Ciano. Tutto ha inizio circa dieci anni fa, quando lavoravo all’Archivio provinciale e mi sono imbattuto in un ricchissimo fondo fotografico ritrovato a Vipiteno con migliaia di fotografie scattate da un soldato italiano combattente nelle file dell’esercito fascista in Spagna a sostegno del colpo di Stato di Franco. Ho avviato una ricerca su quelle immagini riuscendo a risalire al fotografo, che con grande stupore è risultato essere un sudtirolese, Wilhelm Schrefler, il quale prima di partire per la Spagna italianizza il proprio nome in Guglielmo Sandri.

E a questo punto è stato necessario estendere lo sguardo verso il contesto spagnolo...
Esatto. Per “leggere” quelle immagini e identificare i luoghi ritratti in quella occasione presi contatto con gli studiosi del Museu d’Història de Catalunya, con il quale poi realizzammo una mostra e un catalogo dedicati allo sguardo di questo singolo “legionario” sulla guerra civile spagnola. Quella mostra ha rappresentato un po’ una novità sia per la Spagna che per l’Italia, poiché fino a quel momento non ci si era occupati della memoria e dell’immagine della guerra civile da parte dei fascisti italiani. Anche la loro documentazione, scritta o per immagini, non aveva trovato valorizzazione e nemmeno sedi di conservazione, a differenza di quelle dei combattenti antifascisti. Da allora ci sono state altre iniziative simili con al centro o le fotografie di altri, singoli, legionari o le fotografie concentrate su singole realtà geografiche, regionali, sui singoli teatri di guerra (Cantabria, Logroño, Burgos ecc.). In questa occasione abbiamo voluto fare un passo in avanti, da una parte una sintesi e dall’altra una ricerca nuova. Al centro non ci sono solo le immagini “private” dei legionari, ma tre tipologie di immagini che si incrociano, si confrontano e dialogano tra loro. Da una parte abbiamo le fotografie apparse sulla stampa illustrata italiana (nel percorso contrassegnate col colore verde), poi quelle scattate dai singoli legionari (bianco), infine quelle realizzate e conservate dalle diverse istituzioni politico-militari (rosso). Il risultato è il tricolore della bandiera italiana, ma è soprattutto una costruzione dialettica dei diversi sguardi, capace di restituirci un’immagine complessa e a tutto tondo dei modi in cui la guerra fu vista e rappresentata dalla macchina della propaganda, dai soldati e dalle istituzioni italiane. Tre sguardi non sempre coincidenti, che messi a confronto ci consentono di evidenziare assenze e presenze rivelatrici.

Qual è il team o la persona con la quale ha lavorato maggiormente per dare corpo alla mostra?
Come detto, la collaborazione internazionale nasce dalla precedente esperienza, quindi da una conoscenza già esistente, ma anche dalla presenza a Barcellona di una studiosa dell’Università di Barcellona, Daniela Aronica, che si occupa della produzione filmica del fascismo italiano inerente la guerra civile spagnola e che insieme a me ha curato la mostra.

Che differenze ha notato nell'approccio dei due Paesi (ma anche della Catalogna rispetto alla Spagna) nei confronti del passato dittatoriale, non solo riferito al periodo illustrato dalla mostra, ma anche negli anni successivi?
La mostra cade nell’anniversario degli 80 anni della guerra civile, quindi in un momento di grande attenzione per il tema. Rispetto all’Italia, il fatto che la dittatura in Spagna sia caduta assai più tardi ha in un certo senso a lungo “congelato” la riflessione critica e anche la ricerca scientifica sulla guerra civile e il franchismo. Il tema dei “relitti del fascismo” (per usare un termine tutto sudtirolese/altoatesino) è molto più forte rispetto all’Italia e in questo forse si avvicina al nostro piccolo caso regionale. A Barcellona proprio nelle scorse settimane c’è stato un evento interessante. Una mostra su architettura e spazio pubblico nella città contemporanea prevedeva che, a fianco del percorso museale, venisse esposta anche una statua di Franco. Si trattava della statua del caudillo a cavallo che fino al 1981 si trovava nel cortile interno del Castello del Montjuich a Barcellona e che poi finì in magazzino. La mostra è stata realizzata dall'amministrazione comunale di Barcellona, retta dalla sindaca di sinistra Ada Colau alleata di Podemos, quindi tutt’altro che una iniziativa “nostalgica”. Ebbene, subito la statua è diventata bersaglio di lancio di uova ed è stata dapprima imbrattata poi letteralmente abbattuta e semi distrutta. La stampa ha dato grande rilievo a questi fatti. In pratica non è stato possibile concludere la mostra con quel pezzo esposto. Quindi quando il 20 novembre sono andato per l’inaugurazione della nostra mostra ho potuto visitare anche l'altra, ma senza ormai più traccia dell’installazione all’esterno. Questa è la situazione della Catalogna, dove come sappiamo il vento dell’indipendentismo soffia piuttosto forte e dove la storia, i suoi resti e i suoi simboli continuano ad essere usati nella polemica politica (vedi la foto della statua con la bandiera catalana!). C’è chi ha detto che l’operazione espositiva con la statua di Franco non è stata gestita e soprattutto non è stata spiegata bene; può darsi, ma è la dimostrazione di come ci si muova sempre su un terreno minato e delicatissimo ed è difficile non pensare a Bolzano e ai suoi resti del fascismo, dove credo che alla fine le operazioni siano state condotte e progettate dando un esito positivo.

A proposito di Bolzano, visto che la mostra arriverà anche qui, qual è il suo specifico elemento di interesse a proposito del nostro contesto?
La mostra resterà a Barcellona fino a febbraio 2017, poi circolerà in Spagna e a partire dall’ottobre 2017 arriverà in Italia. La prima tappa sarà per l'appunto Bolzano. Ciò grazie a una collaborazione tra il Centro di storia regionale dell’Università di Bolzano, l’Archivio provinciale e il Comune di Bolzano che consentirà l’adattamento e il trasporto dell’esposizione, così come la traduzione e la stampa del catalogo. Una parte consistente delle foto private, quelle dei legionari fascisti proviene da archivi regionali, in primo luogo l’Archivio provinciale di Bolzano ma anche il Museo storico della guerra di Rovereto e la Fondazione Museo storico del Trentino. Si tratta di foto scattate da “nostri” legionari, tra cui, come detto, il sudtirolese Schrefler/Sandri. Quindi quella guerra ha interessato anche la nostra provincia e la nostra regione. Basti pensare che tra i caduti per il fascismo troviamo anche un Andreas Hofer di Glorenza! Sul tema dell’esperienza e la memoria di sudtirolesi/altoatesini/trentini e tirolesi del nord nelle guerre d’Abissinia e di Spagna in nome del fascismo ho appena curato un fascicolo di Storia e regione/Geschichte und Region che uscirà nel gennaio 2017 e che si ricollega bene a questa mostra. E poi la guerra civile spagnola merita di essere conosciuta perché fu anche una guerra italiana. Il sostegno di Mussolini a Franco e alla sollevazione golpista fu decisivo per l’esito della Guerra. Il regime fascista mandò aerei, navi, armi e complessivamente circa 80.000 effettivi, un vero e proprio esercito in terra straniera che si scontrò spesso con i tanti antifascisti italiani accorsi in Spagna per difendere la repubblica. Si è trattato del primo grande scontro militare tra fascismo e antifascismo, per molti aspetti anticipatore della seconda guerra mondiale.

Una mostra storica è uno strumento divulgativo diverso rispetto alla pubblicazione di un saggio specialistico, di un libro o anche di una lezione universitaria. Quali sono le sue particolarità?
È una bella sfida. Si tratta di lavorare con le immagini, di creare un percorso coerente e sorretto da idee forti che si costruisce attraverso l’utilizzo di fonti iconografiche e che obbliga a sintetizzare, ad accompagnare i materiali visivi con testi estremamente sintetici e allo stesso tempo leggibili e fondati. Un lavoro assai simile a quello che abbiamo realizzato nel Monumento alla Vittoria.