Cultura | Baukultur

Prof. Arch. Oswald Zoeggeler

PREMIO DELLA CARRIERA | PREMIO ARCHITETTURA ALTO ADIGE 2022 (10° edizione)
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Oswald Zoeggeler

In Zusammenarbeit mit der Architekturstiftung Südtirol / in collaborazione con la Fondazione Architettura Alto Adige.

Laudatio di Alberto Winterle per Prof. Arch. Oswald Zoeggeler del Turris Babel 127

 

Caro Oswald, cari colleghi, care colleghe, cari ospiti,

è per me un onore pronunciare la Laudatio in occasione dell’assegnazione del primo premio alla carriera – erster Preis für das Lebenswerk – che in questa decima edizione del Premio Architettura Alto Adige si aggiunge ai riconoscimenti previsti per le diverse categorie dell’architettura.

Raccontare una persona, in questo caso, uno stimato collega, implica coinvolgere la propria esperienza individuale; quindi, vi parlerò di ciò che a mio parere Oswald Zoeggeler rappresenta attraverso qualche aneddoto personale.

 

 

Non essendo originario di Bolzano, il mio primo avvicinamento alle architetture di Oswald Zoeggeler è avvenuto sfogliando libri e riviste durante il periodo degli studi universitari di architettura a Venezia, nella seconda metà degli anni ’80. Per il primo esame di composizione, mentre io avevo scelto un’area da rigenerare nella città di Trento, Lorenzo Weber mio compagno di studi, aveva scelto un’area nel centro di Bolzano e quindi, per conoscere la produzione architettonica locale e le eventuali riflessioni sulla trasformazione della città, aveva acquistato una monografia fresca di stampa di quello che sembrava essere l‘architetto sudtirolese del momento. Un libro edito da Electa, con una copertina bianca e con al centro l’iconica immagine dell’Erker posto sulla facciata della sede della libreria Athesia di Vipiteno, reinterpretazione contemporanea di una delle più iconiche forme della tradizione costruttiva alpina. Analizzare i contenuti di quel volume è stato un modo per scoprire non solo ciò che Oswald Zoeggeler aveva progettato e realizzato a Bolzano e nei territori provinciali, ma anche per comprendere quale fosse il suo approccio alla professione e all’architettura contemporanea attraverso la definizione di progetti e di concorsi con obiettivi e sguardi che in realtà oltrepassavano gli stretti confini locali.

 

Una conferma autorevole di tale sensazione ci arrivava anche dalle parole di ­Manfredo Tafuri, che nel prezioso volume «Storia dell’architettura italiana 1944–1985», citando proprio Oswald Zoeggeler come unico architetto della provincia di ­Bolzano insieme ad altri colleghi a livello nazionale, parlava di «tentativi di elevare il clima professionale in vari centri italiani», di «innalzamento della produzione media» e del «ridursi delle distanze culturali tra centri e periferie», individuando ed indicando quindi proprio nelle realtà urbane minori alcuni interpreti di una nuova fase dell’architettura contemporanea italiana.

Questa sorta di doppia celebrazione ci ha quindi portato a conoscere e poi visitare molti progetti che sono rimasti, a mio avviso ancora oggi, fondamentali esempi di uno specifico momento storico e testimonianze dell’evoluzione del linguaggio architettonico nei nostri territori. Penso ad esempio allo stimolante rapporto con il contesto storico delle case in piazza Cappuccini a Chiusa, alla scala urbana dell’impianto del centro scolastico in via Roen a Bolzano, alla composizione urbanistica del concorso per il IV lotto delle Semirurali a Bolzano, alla ricerca sull’housing sociale con i «pifferi» in viale Europa a Bolzano o alla cooperativa residenziale a Chiusa (la cui immagine chiude la sezione iconografica del libro di Tafuri), o infine ai segni più formali e di dettaglio come il particolare sistema meccanico della «cancellata» che definiva l’entrata alla storica sede del Museion, o il vano scala esterno della scuola «Gasteiner» a Bolzano, oppure ancora alla facciata dell’Athesia a Vipiteno.

«le auguro di costruire una cosa del genere nella vita, ma non sarà qui a Vipiteno»

A questo primo livello di conoscenza, alimentato dal continuo aggiornamento garantito dalla lettura di Turris Babel, dove occasionalmente venivano pubblicati progetti o risultati di concorsi di Zoeggeler, si è aggiunto un secondo livello proprio grazie alla nostra rivista. Partecipando attivamente alla redazione, abbiamo conosciuto e stretto un rapporto di amicizia con Alexander Zoeggeler, figlio di Oswald, che ci ha fatto entrare nello storico studio di piazza erbe: un’affascinante successione di spazi creativi affacciati sul cuore pulsante della città, dove le stanze erano occupate da oggetti di design, libri di architettura, disegni realizzati con una particolare capacità tecnica ed artistica come le splendide prospettive acquerellate che rappresentavano alcuni dei progetti più importanti, plastici definiti a diverse scale, tanto che una porzione di città poteva occupare meno spazio del dettaglio di un singolo edificio, tutti ordinatamente accatastati uno sopra l’altro e protetti da preziose teche di plexiglas. Si trattava quindi di entrare in un mondo, e di vedere le rappresentazioni “originali” di molti progetti ormai a noi noti, comprendendo il valore innovativo di quelle esperienze progettuali. Inoltre, attraversare i locali dello studio, ci permetteva di respirare il clima creativo vissuto dai numerosi giovani architetti che, nella collaborazione con Oswald Zoeggeler, avevano svolto un’importante esperienza lavorativa e formativa prima di avviare le proprie carriere professionali.

Oltre alle opere, ai materiali ed agli spazi dello studio abbiamo avuto in seguito l’opportunità di incontrare molte volte Oswald, sentendo direttamente dalla sua viva voce, ironica e pungente, il racconto delle molte vicende progettuali, sempre ricche di aneddoti curiosi. Abbiamo quindi potuto apprendere come, per un giovane architetto appena rientrato dopo le prime importanti esperienze lavorative con Stirling a Londra e con Holzbauer ad Amsterdam, il tentativo fallito di diventare il responsabile dell’Istituto per l’edilizia abitativa della provincia di Bolzano si sia trasformato in un primo incarico per la realizzazione di ben duecento alloggi. Di come di fronte alla proposta progettuale per la nuova facciata dell’Athesia il responsabile della Soprintendenza esordiva dicendo: «le auguro di costruire una cosa del genere nella vita, ma non sarà qui a Vipiteno». Di come alla conclusione della stessa opera, una raccolta di firme che coinvolgeva buona parte della popolazione ne chiedeva l’immediata demolizione, suscitando una reazione più divertita che spaventata del progettista. Di come la proposta del coinvolgimento di un privato, attraverso un aumento volumetrico di un edificio esistente, diventava lo strumento per poter definire il completo ridisegno di un comparto edilizio a Chiusa. Di come, insomma, un architetto che aveva provato ad aprire il suo sguardo oltre i confini locali e nazionali, si misurava con le resistenze all’introduzione del nuovo in un contesto a quel tempo non ancora molto ricettivo nei confronti del contemporaneo, contribuendo così ad aprire una strada che stiamo ancora percorrendo.

 

 

Queste esperienze sul campo, legate anche alla profonda conoscenza della storia dell’architettura e delle trasformazioni della città di Bolzano e più in generale dell’intera provincia, ha portato Oswald Zoeggeler a diventare una figura di sintesi tra le due culture, tedesca e italiana, a cui spetta degnamente questo premio, in quanto la sua opera e ricerca costituisce un patrimonio ed un riferimento con cui in qualche modo tutti noi ci siamo misurati e ci misureremo ancora.

 

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Josef Fulterer Sab, 12/03/2022 - 06:25

Die Juroren dieser Wettbewerbe kleben zuviel an den Namen, die besonders auffällige, im Umfeld sehr störende und meistens Alles eher als Klima-gerechte Duftmarken gesetzt haben.

Sab, 12/03/2022 - 06:25 Collegamento permanente