Ambiente | Sassolungo

Salvare la montagna salva chi la abita

La manifestazione a Passo Sella delle associazioni ambientaliste e alpinistiche. “Basta impianti e sfruttamento. La funivia del Sassolungo non deve essere ampliata”.
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Foto: Othmar Seehaueser

La montagna è satura e ora ha bisogno di rispetto. È un grido di allarme quello delle associazioni ambientaliste e alpinistiche riunitesi stamani (3 agosto) al cospetto del massiccio del Sassolungo. “Silenzio anziché frastuono” è il motto che ha accompagnato la manifestazione, in opposizione al rombo dei delle moto e delle auto, che in breve tempo hanno riempito l’intero parcheggio di Passo Sella, diventato un simbolo dello sfruttamento selvaggio e dell’assalto della montagna a fini turistici. 

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In poche ore, centinaia di auto hanno raggiunto Passo Sella: Negli anni la zona del Sassolungo è diventata un simbolo della turistificazione di massa delle Dolomiti (Foto: Othmar Seehaueser)

 

Molte le sigle presenti con delegazioni nazionali, austriache e tedesche intervenute per ribadire la seria minaccia che sta affrontando l’intero ecosistema delle Alpi. Uno sviluppo incontrollato e senza limiti minaccia lo spazio alpino e chi lo vive, umani e non, ribadiscono le associazioni all’unisono. Ogni nuova invasione ne diminuisce il valore, troppi i danni già causati fino adesso e che non vengono messi ancora seriamente in discussione.

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“Silenzio anziché frastuono”: Molte associazioni hanno partecipato alla manifestazione a Passo Sella, con delegazioni delle principali associazioni alpinistiche della Germania e dall'Austria (Foto: Othmar Seehaueser)


“La pressione sull’ambiente sta aumentando e il rispetto per la natura sta diminuendo” ha ammonito il presidente dell’Alpenverein, Georg Simeoni. Dal 2005 le associazioni chiedono la chiusura del traffico sui passi più affollati dai motori delle auto, il Sella in particolare. Gli impianti a fune, spesso venduti come la panacea al traffico veicolare, continuano ad aumentare, attirando sempre più turisti in auto, spesso desiderosi di raggiungere in pochi secondi le vette più alte e magnifiche. Una di questa è proprio la cabinovia che conduce alla Furcela de Saslonch, nel comune di Selva, una nuova minaccia per un ecosistema già fortemente compromesso.

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La funivia del Sassolungo: L'impianto, ormai obsoleto, si trova di fronte a un bivio (Foto: Othmar Seehaueser)

 

L’impianto, ormai obsoleto, si trova di fronte a un bivio: essere smantellato o ricreato da zero. Il nuovo progetto ha messo in allarme le associazioni di montagna, in primis il Cai – proprietario del terreno – che ha ribadito la netta contrarietà al rifacimento della funivia in quanto moltiplicherebbe a dismisura il numero dei turisti che arriverebbe in cima, oltre a necessitare di un grosso intervento della stazione a valle. 
 

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In cima alla Furcela: Un nuovo impianto comprometterebbe un ecosistema già messo a dura prova (Foto: Othmar Seehaueser)

 

“Se quell’impianto rimanesse così non ci sarebbero così tanti problemi, in fondo ha una capienza limitata ed è in funzione solamente pochi mesi all’anno – dice Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige – La mia paura è che vogliano fare qualcosa di più ampio e andare oltre, collegarsi con il Cunfin e l’Alpe di Siusi. Siamo pieni di impianti. Sistemiamoli, rinnoviamoli ma non costruiamone di nuovi. Non so se la Provincia voglia e può spingersi fino a un esproprio del terreno in favore del concessionario dell’impianto”.

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Enrico Demetz, storico gestore del Rifugio Toni Demetz: "Ho visto turisti fotografare la nebbia" (Foto: Othmar Seehaueser)

 

Ad essere contrario al nuovo impianto è lo stesso Enrico Demetz, storico gestore del Rifugio Toni Demetz, sceso a valle per unirsi alla manifestazione. “Non si può fare, non c’è posto – spiega ai giornalisti presenti – né per la stazione a monte né per le masse che arriveranno. Ci sarà un danno al paesaggio, ci saranno grandi piloni che copriranno una parte del panorama. C’è un enorme problema acustico, perché la Forcella è un anfiteatro: più visitatori significa più rumore e questo posto rischia di perdere tutta la sua magia. Ci adattiamo all’impianto attuale e siamo pronti anche al suo smantellamento – ammette Demetz –. L’altro giorno sono arrivati in cima due turisti orientali, c’era un sacco di nebbia e non si vedeva nulla. Ecco, si sono messi a fotografare la nebbia. Sono estremamente contrario a questo tipo di turismo”. 

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Antonio Montani, Presidente del CAI nazionale: "Mi prendo l’impegno di scrivere al ministro Matteo Salvini" (Foto: Othmar Seehaueser)

 

“Oggi siamo qui tutti insieme per lanciare un grido di allarme – ha detto Antonio Montani, Presidente del CAI nazionale –. La montagna ha bisogno di turismo ma l’eccesso porta a dei danni irreparabili. Quando parliamo di turismo della montagna è sbagliato pensare alle grandi masse turistiche e alle grosse stazioni rinomate che attirano migliaia di turisti. Il turismo, al contrario, deve essere fatto di ricerca di quelle piccole realtà locali che hanno altrettanto bisogno di una presenza  per svilupparsi ma uno sviluppo che sia particolarmente attento all’ambiente. Uno dei danni maggiori è il successo delle stagioni turistiche quelle località che non hanno avuto uno sviluppo industriale del turismo. Noi siamo contrari al numero chiuso – sottolinea Montanari – servono politiche di marketing attivate su larga scala. Questo modello di sviluppo presenterà presto il conto, meglio immaginare un futuro di verso fino a che siamo in tempo di farlo. La più grande infrastruttura in montagna devono rimanere i sentieri, non crearne di nuovi ma mantenere quelli esistenti. Gli impianti di risalita non vanno demonizzati ma bisogna smettere di ampliarne di nuovi e quelli dismessi devono essere rimossi. Mi prendo l’impegno di scrivere al ministro Matteo Salvini”.

Le conseguenze di una montagna presa d’assalto si stanno già facendo sentire sulla popolazione, è il monito di Othmar Prinoth, presidente dell'associazione delle guide alpine altoatesine.

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Othmar Prinoth, presidente dell'associazione delle guide alpine altoatesine: "Salvare l’acqua del Cunfin significa salvare la salute e la vita dei cittadini" (Foto: Othmar Seehaueser)

 

“C’era una cascata e ora non viene giù neanche una goccia, quei ghiacciai non esistono più e l’acqua del Cunfin che viene utilizzata da migliaia di persone non è più acqua buona perché viene contaminata dalle acque nere che scendono dai rifugi e che non hanno un impianto di scarico adeguato. È già successo che siamo stati costretti a intervenire con agenti chimici per renderla ancora potabile – denuncia Prinoth –. Salvare l’acqua del Cunfin significa salvare la salute e la vita dei cittadini eppure si sente solo dire che è necessario salvare questa bidonvia. Se questo impianto dovesse venire raddoppiato, raddoppiata sarà la quantità di acque nere che continuerà a contaminare la falda. Dopo sessant’anni è ora di correggere gli errori che abbiamo fatto. Se Daniel Alfreider vuole essere ricordato come qualcuno che ha fatto veramente qualcosa per questa terra faccia mettere sotto tutela il Sassolungo e il Cunfin, altrimenti sarà il solito politico che ha finanziato un piccolo gruppo di sfruttatori con i soldi di tutti”.

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Tommaso Marangoni Ven, 08/04/2023 - 10:11

É incredibile che questa Giunta continui a mettere l'interesse di pochi speculatori davanti a quello della collettività. Non è la prima volta (Tires, Rifugio Passo Santner, ...). Quando ci va di mezzo l'ambiente poi, è ancora più grave, perché non si può più tornare indietro. Se non basta il grido delle associazioni di montagna, cosa bisogna fare ancora?!

Ven, 08/04/2023 - 10:11 Collegamento permanente