Cronaca | L'appuntamento

Pax Christi in Palestina

Il movimento cattolico per la pace racconta l'esperienza della guerra in un incontro fissato per domani, 6 agosto, in Comune. Interviene anche l’attore Moni Ovadia.

“A Gaza si stanno ammucchiando i cadaveri”, scriveva il giornalista israeliano Gideon Levy in un articolo sull’Internazionale di una ventina di giorni fa. Nulla è cambiato nel frattempo, le bombe continuano a cadere incessanti e il conteggio dei morti è un display in tilt. Una testimonianza diretta delle sofferenze dei civili arriverà dalla delegazione di Pax Christi durante l’incontro “Nell’inferno di Gaza” fissato per domani (6 agosto) alle 20.30 nella Sala di rappresentanza del Comune, con un collegamento video dell’attore ebreo Moni Ovadia che nei giorni scorsi ha duramente condannato la politica israeliana nei confronti dei palestinesi.

La compagine del movimento cattolico internazionale per la pace, composta da una decina di persone e guidata dal coordinatore don Renato Sacco e dal referente della campagna “Ponti e non muri” don Nandino Capovilla, si è recata in Terrasanta incontrando uomini e donne comuni e impegnandosi nella realizzazione di un dispensario medico.

Trasversalmente unanimi sono le opinioni raccolte sul conflitto in corso: “Le radici di questa guerra in realtà – dichiara padre Raed Abusahliah, direttore della Caritas a Gerusalemme, – sono l'occupazione e il blocco della striscia di Gaza. Non si possono tenere chiuse un milione e settecentomila persone nella più grande prigione del mondo”. Il patriarca della chiesa latina Michel Sabbah si sofferma invece sulla futilità di una guerra senza scopo: “Quello che sta succedendo a Gaza non è una guerra, ma è piuttosto un massacro. Un massacro inutile, che non farà avanzare nemmeno di un passo Israele verso la pace e la sicurezza. Al contrario, con tutti questi sacrifici umani, cuori di israeliani e palestinesi si sono riempiti di nuovo odio”.

Critica anche la posizione di Daniela Yoel, ebrea israeliana, impiegata nella biblioteca ebraica a Gerusalemme: “Mi vergogno come israeliana di tanta violenza esercitata dal nostro paese contro tante persone innocenti. È vero che Israele è stata minacciata e attaccata ma bisogna trovare una forma di dialogo e di diplomazia per fermare questo conflitto. L'uccisione di uomini, donne e soprattutto bambini è una vergogna”.

Uno scenario sconfortante, infine, secondo gli operatori di pace: “La differenza sensibile rispetto alle altre volte in cui siamo stati qui è la assoluta perdita di speranza in una delle sue classiche possibili soluzioni: uno stato per due popoli oppure due stati per due popoli. Entrambe a questo punto sembrano impossibili, così come è ovvio che la comunità internazionale non interverrà per fermare Israele. E non per motivi ideologici ma solo per pura convenienza. Sentire questa disperazione nella voce dei preti del patriarcato latino di Gerusalemme, del patriarca emerito Sabbah, dei giovani resistenti di Hebron, del direttore della Caritas di Gerusalemme, della gente comune che anche per strada ha voglia di parlare e sfogarsi, è davvero molto triste e ci fa riflettere”.