Cultura | Scuola dell’infanzia

“Questa modalità non è la scuola”

In Trentino il 36% dei bambini iscritti agli asili provinciali è ritornato nelle strutture, riaperte con le regole anti-Covid. Abbiamo intervistato un’insegnante.
Bambini
Foto: Roberta Ravagni

Dall’8 al 18 giugno le scuole dell’infanzia anche in Provincia di Trento hanno potuto riaprire adottando nuovi protocolli di salute e sicurezza e riducendo il numero di frequenze. Numerose sono le scuole che hanno deciso di ripartire in sicurezza e che hanno prolungato l’anno scolastico fino al 31 luglio 2020. La riapertura è stata annunciata il 2 giugno e dal giorno successivo le famiglie hanno potuto inviare la richiesta di ripresa della frequenza dei propri figli. Una corsa contro il tempo, ma che ha permesso a circa 2.000 bambini il rientro a scuola. L’intervista ad un’insegnante ci racconta come è stato, soprattutto per i bambini, riprendere le attività.

salto.Bz: Come hanno lavorato le maestre durante il lockdown?

Roberta Ravagni: Inizialmente eravamo un po’ smarrite, non eravamo attrezzate e non sapevamo come si potessero raggiungere i bambini, non avevamo nemmeno la formazione per affrontare il lavoro a distanza. A cose fatte invece lo abbiamo rivalutato e pensiamo che sarà utile anche per il futuro. Abbiamo fatto il meglio possibile, ci siamo inventate un modo per restare in contatto con i bambini, che da un giorno all’altro hanno smesso di vedere i compagni e le insegnanti, interrompendo l’attività e il progetto educativo in corso. La scuola ha attivato una piattaforma online esclusiva, per le famiglie e le insegnanti, nella quale caricavamo dei piccoli video girati da noi con brevi racconti, canzoncine e ricette da fare a casa; alcune famiglie ci rispondevano e ci mandavano le foto delle attività fatte in famiglia. In questo periodo continueremo a pubblicare attività e foto dei bambini presenti per tenere il contatto con i bambini che non frequentano, che sono la maggior parte, come per dire loro che noi siamo qui e li aspettiamo.

Come credi abbiano vissuto questa pausa i bimbi?

Secondo me è stato un grosso cambiamento non poter tornare a scuola con i suoi spazi, i suoi riti, gli amici. Soprattutto in questa età la socialità e la relazione sono importanti e la scuola dell’infanzia è assolutamente fondata sullo stare insieme e sulla condivisione. Quindi, inizialmente, è stato sicuramente difficile per i bambini, però penso che la maggior parte di loro abbia avuto vicino dei genitori tranquilli che li hanno rassicurati rispetto alla pandemia; se invece i genitori fossero stati ansiosi avrebbero sicuramente provocato ansia sui bambini. Penso che i bambini più svantaggiati siano quelli provenienti da famiglie in difficoltà. Sinceramente i bambini che sono tornati erano sereni e contenti di rivedere i compagni.

Vi siete sentite pronte di ricominciare?

Eravamo piuttosto preoccupate, perché per molto tempo non si è parlato della scuola dell’infanzia, poi da un giorno all’altro è stata ordinata la riapertura. E’ vero, il numero di bambini per gruppo è stato ridotto a meno della metà e sembra che difficilmente si ammalino, però siamo a contatto con loro tante ore e quindi alcune di noi erano davvero preoccupate. Il pensiero era anche quello di cosa poter fare con loro, viste tutte le misure restrittive (come gestire gli spazi della scuola, che giochi potevamo usare, ecc.). Siamo fortunate perché abbiamo un bel giardino e stare nel verde permette loro di fare tante cose e rilassarsi.

Cosa ti è mancato di più di loro?

Il contatto, l’abbraccio, i bambini a questa età sono tanto fisici e affettuosi soprattutto perché parlano con il corpo. Purtroppo anche adesso queste cose mi mancano, infatti prima facevamo sempre gli abbracci collettivi con tutto il gruppo, adesso sanno anche loro che non si può fare e fortunatamente sono bravi a rispettare il distanziamento.

Come è stato per i bambini ritornare a scuola?

I bambini al rientro erano ben preparati, quando sono all’interno della scuola sono bravi e mantengono le distanze, all’esterno la cosa è un pò più difficile. Non mi aspettavo che fossero così, disegnano tanto il coronavirus: ad esempio, una bambina ha disegnato tanti sacchetti sigillati pieni di virus. È bello che ne parlino, questo vuol dire che non sono traumatizzati.

Quali sono le difficoltà?

È faticoso tenere la mascherina, soprattutto quando cantiamo o raccontiamo le storie, non è come prima. Inoltre, trascorriamo moltissimo tempo per igienizzare gli spazi e i giochi.  Poi dobbiamo continuare a controllare i bambini, non possiamo giocare con loro e, anzi, dobbiamo dirgli frasi come “Mi raccomando non prestatevi i giochi!”, che per me è paradossale perché è proprio il contrario di quello che insegnavamo prima cioè la condivisione che per noi insegnanti è molto importante.

Credi che sia cambiato il tuo lavoro?                                                                                                                     

Per quel che mi riguarda questa modalità purtroppo non è la scuola dell’infanzia

È diventato un servizio, snaturato, sminuito, ovviamente siamo tutti d’accordo che fosse necessario riaprire, perché i genitori hanno ripreso a lavorare e i bambini avevano bisogno di ritornare insieme. Durante il lockdown ho seguito alcuni webinar tenuti da esperti del nostro settore e mi ha colpito molto la riflessione di uno psicologo e psicomotricista che realizza corsi di formazione per educatori. Durante questo intervento, parlando della didattica a distanza, ha spiegato la differenza tra insegnare e educare: “Insegnare è far acquisire ai ragazzi delle competenze, e questo è possibile farlo a distanza. Mentre con i bambini della prima infanzia, non si insegna, si educa. È possibile educare a distanza? Per educare bisogna esserci in prima persona, bisogna dare tutto se stessi perché i bambini piccoli vogliono tutta la persona intera. Educare implica la presenza totale della persona.” Infine, vorrei evidenziare che la scuola dell’infanzia nella nostra provincia è sempre stata una realtà molto positiva, innovativa e funzionale, per questo siamo preoccupate perché in questo modo si perde la qualità del nostro lavoro, del nostro modo di essere e di stare con i bambini. Lo abbiamo sempre fatto in un certo modo, e questo stravolgimento organizzativo svilisce il lavoro di noi insegnanti.