Società | Il caso

Dalla parte delle statue-aiuola

Le nuove statue-aiuola, somiglianti a quelle dell'Isola di Pasqua, incidono sull'arredo urbano bolzanino. Qui un'opinione a favore dell'iniziativa, contro "il fastidio"
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Foto: giuseppe musmarra

Premesso che non ho parenti architetti, ma solo amici, premesso che non conosco né gli ideatori né i realizzatori delle "statue-aiuola" che da qualche giorno presidiano con una certa, gagliarda, innegabile dose di imperiosità alcune zone di Bolzano, premesso che il sindaco Caramaschi mi sta antipatico da sempre tanto che vorrei leggere uno dei suoi romanzi storici solo per poterne dir male e un giorno lo farò, vorrei spezzare una lancia, una balestra, o anche solo una piccola fionda in favore delle statue suddette: e contro il fastidio che questa inconsueta iniziativa comunale parrebbe aver suscitato in una parte della città.

Sulle statue poco o nulla posso tecnicamente discettare, da fruitore inconsapevole, tendente al bovino, in fatto d'arte. Ma trovo siano piacevoli, è possibile dirlo senza crear scandalo? Fanno allegria. Rompono la rispettabile monotonia (forse a volte un po' troppo severa, austera?) fiore/balcone-balcone/fiore caratteristica dei nostri idillici, bellissimi luoghi.

Ma è in realtà soprattutto sull'interessante meccanismo del fastidio che gradirei soffermarmi. Anzitutto, una domanda preliminare: abbiamo diritto al fastidio? La risposta è, da sempre, ovviamente affermativa. Soprattutto in anni recenti una ulteriore accentuazione dell'importanza dell'esercizio di tale diritto s'è rivelata durante il lungo periodo della pandemia, con attuale appendice bellica in Ucraina.

Esiste, a Bolzano, una dose supplementare di fastidio per il prossimo rispetto al resto d'Italia?

Il fastidio che proviamo  (mascherina sì-mascherina no, Green Pass sì-Green Pass no, Putin macellaio-Zelensky servo della Nato) è ormai tale da dividere per sempre chi (in genere noi) ha ragione da chi (in genere gli altri) ha torto. Ogni residua e ipocrita parvenza di tolleranza tra le persone e tra i punti di vista delle persone è sostanzialmente svanita, disintegratasi sull'altare della particolare difficoltà del presente; ed ecco che il fastidio non solo è stato sdoganato quasi come valore, ma è divenuto di fatto cifra connotante, quasi caratterizzante delle nostre esistenze. Il fastidio non solo come diritto ma come principale elemento costitutivo del nostro attuale vivere comune.

Una domanda successiva: esiste, a Bolzano, una dose supplementare di fastidio per il prossimo rispetto al resto d'Italia? Mi pare un po' un luogo comune, e non lo credo affatto. Mi paiono visibili, al contrario, nella comunità cittadina, begli esempi di convivenza, di solidarietà, lodevoli attitudini di volontariato. Esiste però, senza dubbio, nel tessuto civico, una tendenza al fastidio per le novità in quanto tali. La novità cioè vista non come esperienza possibile anche solo da valutare, ma come forma di affronto verso l'esistente, una sorta di tendenza all'immodificabilità assurta a principio di religione cittadina collettiva.

È questo retrogusto - così evidentemente presente nel folto partito anti statue-aiuola - a non convincermi, quando leggo le diffuse e rispettabilissime critiche nei loro confronti, "Il materiale che non va", "sono una copia dell'Isola di Pasqua", "con i soldi spesi si poteva fare ben altro", "ma non bastavano semplici fioriere?", "ma perché così vicine al Duomo?", "ma che bisogno c'era?".

Invece questo bisogno evidentemente c'era e c'è; e no, evidentemente non bastavano "semplici fioriere". Si è probabilmente avvertito, in senso percettivo prima ancora che artistico, il bisogno di qualcosa di insolitamente gioioso, variopinto, etno-pop; di qualcosa che scompaginasse il tic monocorde della presunta perfezione, di qualcosa che scardinasse la tenaglia del sempre eguale.

Davvero, nel solco della modalità "borbottio continuo", danno fastidio anche queste innocue, variopinte, forse un po' grossolane, e se vogliamo pure un po' grottesche statue-aiuola?

Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, ironizzava in anni un po' lontani Lucio Dalla. Ma pure se qui a Bolzano fosse Pasqua un po' più a lungo del solito e del previsto, in fondo, mi chiedo: quale sarebbe il problema? Tra tutti i casini in cui in questi due anni siamo stati immersi, morti, contagiati, rinchiusi in casa, coi vicini di balcone improvvisatisi cantanti di nenie spiritualistiche con tendenza all'autoflagellazione, abbiamo superato un bel po' di rischi. E se la pandemia finalmente mostra un po' la corda, accanto, invece, la guerra è ancora guerra, a non moltissimi chilometri da noi.

Davvero, nel solco della modalità "borbottio continuo", danno fastidio anche queste innocue, variopinte, forse un po' grossolane, e se vogliamo pure un po' grottesche statue-aiuola? A me procurano invece una sensazione di candida simpatia, mista a benevolenza. Le trovo sdrammatizzanti; persino capaci - ma meglio dirlo sottovoce, perché probabilmente loro non lo sanno - di strapparci un sorriso.  

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Massimo Mollica Lun, 05/09/2022 - 12:50

"Una domanda successiva: esiste, a Bolzano, una dose supplementare di fastidio per il prossimo rispetto al resto d'Italia? "
Viste le premesse direi proprio di sì. Siccome lavoro, sostendendo così il welfare, tanto importante, non ho avuto il tempo di vederle dal vivo, ma mi piacciono a prescindere. E se hanno causato tanto fastidio mi piacciono ancora di più. Anzi spero che tale fastidio crei molta acidità.

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