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Un premio per l'arte altoatesina

Tra giovani promesse e artisti deceduti il nuovo Premio Piero Siena vuole portare l'arte altoatesina a Roma, e non solo. L'intervista alla curatrice Paola Tognon.
Bruno Faidutti
Foto: Faidutti

L'Ufficio Cultura della Ripartizione Cultura Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano ha deciso di dare una spinta al mondo dell'arte altoatesina attraverso un accordo con MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma e Museion - Museo d'arte moderna e contemporanea di Bolzano. Trattasi di un premio, intitolato a Piero Siena - pittore, autore, storico dell'arte e manager che contribuì a dare vita a progetti di grande respiro, tra cui Museion, di cui fu anche direttore. Il premio avrà cadenza biennale e vuole offrire agli artisti premiati la possibilità di entrare nelle collezioni di un grande museo nazionale o altre istituzioni dedicate all'arte contemporanea.

A questo scopo sono stati presi in considerazione circa 130 artisti che negli ultimi 25 anni hanno goduto di un sostegno pubblico da parte dell'Ufficio Cultura italiana per i loro progetti. Una commissione composta dalle curatrici Paola Tognon e Frida Carazzato (Museion), e dalla storica dell'arte Paola Bassetti, ha selezionato una rosa di undici artisti, i cui lavori saranno presi in esame da un'ulteriore commissione composta da Bartolomeo Pietromarchi, direttore di MAXXI, Bart van der Heide, direttore di Museion e nuovamente Paola Tognon.

 

 

Sarà dunque questa seconda giuria a scegliere le tre opere vincitrici. La prima delle opere selezionate sarà inserita nelle collezioni del MAXXI mentre la seconda e la terza in quelle di Museion. Gli undici artisti finalisti annunciati ieri sono: Stefano Bernardi (1970), Carla Cardinaletti (1971), Mario Dall’Aglio (1927-2016), Daniela Chinellato (1950), Claudia Corrent (1980), Nicolò Degiorgis (1985), Maura Delpero (1975), Egeon (1990), Bruno Faidutti (1955-2014), Silvia Hell (1983), Rina Riva (1922-2009).

Certo stupisce che siano inclusi nella selezione finale anche alcuni artisti già deceduti, soprattutto in un intervento di sostegno economico giunto a seguito di un periodo piuttosto buio per le arti e lo spettacolo.
Con la curatrice e storica dell'arte Paola Tognon, che ha fatto parte di entrambe le commissioni giudicatrici, abbiamo voluto approfondire il senso e lo spirito di un premio come questo.


Salto.bz: La commissione di cui ha fatto parte ha dovuto selezionare una rosa di "finalisti" tra più di 130 artisti. Sulla base di quali criteri è avvenuta questa selezione?

Paola Tognon: Prima che parlare di una selezione mi piace parlare del lavoro svolto accanto a Frida Carazzato e a Paola Bassetti. Due studiose e curatrici che conoscono più di me il contesto e la storia di quel contesto.
Lavorare con loro è stato molto importante e mi ha permesso di allargare la visione, approfondire le conoscenze, rintracciare nomi e artisti e riannodare conoscenze pregresse. Da parte mia ho cercato di portare un occhio esterno nel senso di uno sguardo lucido e distante dalle dinamiche che ciascuno di noi porta con sé.
Ma questo è stato solo l’inizio perché ci siamo molto appassionate a questa analisi allargata e abbiamo aperto nuove ricerche per il semplice ma fondamentale motivo che scoprivamo paesaggi ed esperienze inaspettate. In qualche caso, soprattutto per artisti non più viventi, intense e commoventi.
Sapevamo di dover stringere il campo, ma abbiamo cercato di farlo senza pregiudizi, con curiosità e la massima attenzione, mettendo in gioco anche un confronto serrato tra di noi.
Si trattava di una lista “lunga tanti anni” e disomogenea, anche con la presenza di artisti non più attivi.
Ma la scelta, direi scelta più che selezione, l’abbiamo compiuta con la convinzione che si sarebbero potute fare più liste…
Se infine dovessi sintetizzare i criteri, potrei dire qualità, ricerca e distinguibilità sulla base di un confronto critico e curatoriale con il panorama italiano e, per le generazioni più recenti, europeo.
Ma devo aggiungere alcuni presupposti che hanno guidato il nostro lavoro (solo alcuni fra una lunga lista costruita nel ragionare insieme): l’attenzione alle differenti pratiche artistiche e medium espressivi, considerato anche l’ampio arco temporale preso in esame; l’analisi di ricerche e forme espressive innovative; l’attenzione, disgiunta rispetto a notorietà̀ e carriera, verso esperienze creative e forme espressive caratterizzate e distinguibili per intenti ed esiti; l’osservazione del panorama nel quale le artiste e gli artisti hanno vissuto e vivono, con attenzione al ribadirsi di segni e riferimenti caratterizzanti culturalmente il territorio.

 

 

Qual è secondo lei lo spirito di un progetto come questo, considerando anche il fatto che nella lista si trovano artisti ormai deceduti? Si può dire che sia la promozione dell'arte locale altoatesina? Un tentativo di portarla all'attenzione del pubblico nazionale? Oppure è preponderante il desiderio di sostenere anche finanziariamente i giovani artisti del territorio?

Se mi posso permettere risponderei no alle sue ultime due domande nella domanda. Ma sarebbe in parte una doppia negazione.
Dal mio punto di vista, descrivere lo spirito di questo progetto è forse la strada che ci permette di includere i tanti (e anche ambiziosi) intenti del progetto.
Lo spirito del progetto è quello di promuovere il lavoro degli artisti e offrire loro delle opportunità di crescita e di promozione cercando di corrispondere alle loro aspettative e ai loro sforzi. Ma con un occhio rivolto al futuro. Non solo alle generazioni future, ma al futuro dell’arte e delle sue pratiche.
Quindi un futuro rivolto anche a chi ha lavorato in silenzio per molti anni, a chi ha intrapreso strade diverse, a chi ha scelto media diversi, a chi svolge con determinazione una ricerca continua.

 

 

 

In questo senso il locale torna in gioco: esiste un artista o un autore che non abbia debiti con le sue origini e la sua storia? Scandagliare e offrire opportunità di confronto (e forse anche di competizione) agli artisti di un territorio è un compito fondamentale di cui spesso ci si dimentica. Non in questo caso.
E mi permetto di aggiungere che il territorio altoatesino, proprio per la sua storia, le sue contraddizioni e per la sua geografia è un “locale” piuttosto straordinario nelle sue espressioni culturali.
Ma rimane sempre importante “portare fuori” per riportare dentro di noi.
In questo senso va lo sforzo del premio, che permette alle opere degli artisti premiati di entrare in collezioni museali, nazionali e non, dopo un passaggio di valutazione da parte di chi dirige quelle stesse collezioni.

Eccoci infine alla terza ed ultima domanda dentro la sua domanda, cioè “…Oppure è preponderante il desiderio di sostenere anche finanziariamente i giovani artisti del territorio?"
Non direi proprio preponderante. Anche se un premio è sempre uno sforzo da più punti di vista, compresi quelli economici, un premio si qualifica per le occasioni che apre agli artisti, per gli occhi che incontra, per le ricerche e gli studi che chiede, per la sua continuità … Ma un premio, a parte rarissimi casi, non è mai un sostentamento economico per chi vi partecipa.
Più semplicemente è un’opportunità: vada come vada, pronti a discuterne, a pensarne in modo diverso, a giocarlo e rigiocarlo. Inoltre, dal punto di vista più generale, un premio non è solo un’opportunità per gli artisti ma anche per il territorio che lo costruisce.
Sono processi e sforzi di scambio che vanno nella direzione del futuro producendo energia.

 

Pensa che un'operazione come questa possa essere presa ad esempio anche da altre regioni? Può esistere cioè una promozione dell'arte locale che passi attraverso l'accordo tra gli enti territoriali e grandi istituzioni museali di respiro internazionale?

Quando visito manifestazioni internazionali vado sempre cercando, magari in fondo alla didascalia, dove e quando è nato l’artista di cui sto osservando l’opera. Se possibile cerco anche dove vive. Ciò non cambia il mio sguardo, ma lo approfondisce.
Scandagliare i territori con l’obiettivo “di portare fuori” è un arricchimento per tutti.
Sì, credo che sia una buona pratica. Anche faticosa e a volte difficile da comprendere con immediatezza. Quindi grazie a chi la compie e grazie a chi vi partecipa.