Ambiente | L'età del turismo/2

Discesa libera?

2,8 milioni di persone hanno raggiunto l'Alto Adige nell'ultimo inverno. Riflessioni critiche con gli sci ai piedi.
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Foto: Suedtirolfoto.com/Helmuth Rier
L’Istituto provinciale di statistica, ASTAT, ha rilevato che in Alto Adige nella stagione invernale 2016-2017 gli arrivi siano stati 2,8 milioni, con una crescita dell'1,8% rispetto al 2015-2016.
Le presenze (ovvero il numero degli arrivi moltiplicati per il numero medio dei pernottamenti) tra novembre 2016 e aprile 2017 sono state 11,8 milioni, con uno 0,8% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La maggior parte degli ospiti sono cittadini tedeschi (il 42%) ed italiani (33,5%).
"Scendere sugli sci su una pista innevata è uno dei moti più leggiadri immaginati dall'essere umano - scrive Marco D'Eramo nel libro "Il selfie del mondo" -. Ma perché si compia quest'eleganza quasi immateriale, è necessario costruire imponenti impianti di risalita, sparare con i cannoni da neve... E poi strade che spaccano le valli per arrivare nelle stazioni sciistiche".
Nel suo saggio, il giornalista accomuna il turismo invernale alla descrizione di ciò che comporta per una città turistica il riconoscimento UNESCO di Patrimonio dell'umanità, che catalizza l'attenzione dei visitatori. "Rappresentano due declinazioni di un turismo - spiega - che uccide se stesso".
Per entrambi, il problema è la massa, ovvero il numero die fruitori. "Quando le montagne erano praticamente disabitate e immote, deserte e silenziose, e le temperature scendevano a meno 10 o meno 20 gradi, la neve restava alta due metri da dicembre fino a marzo; quelle stesse località, una volta che diventano stazioni sciistiche, si trasformano per alcuni mesi in cittadine anche di 50-60mila abitanti, in cui ci sono migliaia di automobili - racconta D'Eramo -. Ogni sciatore porta giù neve, e perciò non basterebbe nemmeno un manto di 30 metri per garantire piste perfette per tutto l'arco della stagione. Ciò comporta l'esigenza di una infrastruttura 'pazzesca', fatta di strade, teleferiche, seggiovie, ski-lift, tralicci, generatori". Nel frattempo, i cambiamenti climatici stanno trasformando il paesaggio alpino: "Fa una tenerezza indescrivibile andar in giro per l’Austria, dove a 600 metri ci sono relitti di vecchie seggiovie, ricordo di un passato che non tornerà perché non c’è più neve. Tra quindici anni, probabilmente, sulle Alpi lo sport invernale sarà un ricordo".
 
 
Fa una tenerezza indescrivibile andar in giro per l’Austria, dove a 600 metri ci sono relitti di vecchie seggiovie, ricordo di un passato che non tornerà perché non c’è più neve. Tra quindici anni, probabilmente, sulle Alpi lo sport invernale sarà un ricordo"
Dei centri dell'Appennino che vivono di un turismo e di seconde case, D'Eramo spiega che sono tenuti in "vita in modo artificiale, perché non sono più borghi contadini agricoli". Sarebbe preferibile se fosse spopolari? La risposta a questa domanda retorica è, con tutta probabilità, no. D'Eramo non mette in discussione l'effetto economico del turismo (in Alto Adige vale il 10,6% del prodotto interno lordo provinciale), ma invita a riflettere sugli effetti a medio e lungo termine, in particolare quando diventa per molte città o località "la sola industria locale". Elemento chiave della trasformazione è la numerosità, l'afflusso di turisti: "Finché [questo] non supera di gran lunga il numero di abitanti, i turisti usufruiscono di servizi e prestazioni pensati per i residenti. Oltre questa soglia invece, i residenti sono costretti a usufruire dei servizi pensati per i turisti" scrive D'Eramo. E aggiunge: "il mercato per la domanda dei residenti non coincide con il mercato per la domande dei turisti". Questi elementi tornano anche nelle città d'arte come Venezia, Patrimonio dell'umanità con la sua Laguna. D'Eramo critica il ruolo dell'UNESCO perché "se una cerca di conservare le città, preservandone le pietre, finisce spesso con l'uccidere le città in quanto centri di attività. C’è poco da fare: una città è cambiamento. Se una città non deve cambiare, finisce imbalsamata".