Politica | Post-Referendum

Giglio magico show

Il governo Gentiloni ottiene la prima fiducia con 368 sì e 105 no. Oggi tocca al Senato. Fugatti: “Renzi staccherà presto la spina”. Urzì: “Svp pronta ad incassare”.
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Foto: Ansa/Alessandro Di Meo

“Fotocopia”, “fac-simile”, “Renziloni”, sono queste alcune delle parole che vanno a comporre il glossario del neo-nato governo Gentiloni che, a parte poche nuove entrate (caustiche critiche, peraltro, sono piovute su Maria Elena Boschi, nominata sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, e Valeria Fedeli, neo-ministra dell’Istruzione, oltre che sulla scelta, inspiegabile, di spostare Angelino Alfano dal dicastero degli Interni a quello degli Esteri) e alcuni rimescolamenti di ministero, di fatto non si discosta da quello del giovane rampante di Rignano, Matteo Renzi. Distanza che invece si fa siderale sul piano del carattere e della personalità politica. La grammatica delle immagini, ne è un esempio il discorso di ieri, 13 dicembre, alla Camera per chiedere la fiducia, ritrae un premier estraneo alla comunicazione spudorata - talento divulgativo, lo chiamerebbero alcuni - del suo predecessore, a favore, piuttosto, di una compostezza istituzionale impeccabile.

Nessun fragore propagandistico, dunque, solo il tempo necessario per fare i compiti a casa e siglare la legge elettorale. Missione possibile, quest'ultima, anche in tempi brevi, e fa scuola, in questo senso, la legge di bilancio “timbrata dal Senato su due piedi, o meglio nello spazio di due giorni (in seguito alla sconfitta del Sì al referendum costituzionale, ndr). Dimostrando così che il bicameralismo paritario non è affatto un intralcio, che il Senato non è affatto un freno. Dipende dal pilota, non dal motore”, osserva il costituzionalista Michele Ainis. Sarà un governo “di responsabilità” che durerà “fin quando avrà la fiducia del Parlamento”, e che inquadrerà fra le sue priorità l'intervento nelle zone colpite dal terremoto, il sostegno alla classe media disagiata, le banche, gli impegni internazionali e il Sud, ha detto Gentiloni presentando il suo esecutivo a Montecitorio mentre le opposizioni (Movimento 5 stelle, Ala e Lega) alzavano i tacchi lasciando l’aula semivuota.

La ramanzina

E proprio nel discorso di replica alla Camera dopo il dibattito sulla fiducia arriva la strigliata ai 5 stelle: “Se c'è stata una cosa davvero bella di questi mesi di campagna referendaria, che a me non sono piaciuti moltissimo - ha affermato il Primo ministro - è stata una discussione pubblica sulla Costituzione. Ora non si può fare che la discussione svanisca nel nulla e la costituzione venga dimenticata. Abbiamo i super paladini della centralità del Parlamento che nel momento più importante della vita parlamentare non ci sono. Vi sembra logico?”. E ancora: “Bisogna farla finita con l'apparentemente inarrestabile escalation di violenza verbale nel nostro dibattito politico. Il Parlamento non è un social network. Contribuiamo a rasserenare il clima nelle famiglie del nostro Paese”.

Poco prima delle ore 20 il governo incassa la fiducia: 368 voti favorevoli e 105 contrari. Oggi il voto di fiducia a Palazzo Madama; a breve (ore 9,30) inizierà la discussione generale che proseguirà fino alle 13. Poi la replica del Presidente del Consiglio e le dichiarazioni di voto, alle 15 la prima 'chiama'. La partita, in questo caso, sarà più complicata perché, senza i verdiniani, il numero dei senatori è appena sufficiente per ricevere la fiducia.

Camera dei Deputati, dichiarazioni programmatiche di Gentiloni - replica

 

Destrorsi sulle barricate

“Il partito democratico non ha capito che l’alta affluenza di votanti in occasione del referendum costituzionale non ha respinto solo la riforma ma ha anche dimostrato in modo deciso il disagio verso un governo che non è stato votato dal popolo e cosa hanno fatto il giorno dopo? Come se nulla fosse hanno piazzato un altro governo non eletto democraticamente”. Non nasconde lo sdegno verso i risvolti politici a livello nazionale il il consigliere provinciale trentino della Lega Nord Maurizio Fugatti secondo cui “Gentiloni non è certamente una figura di primo piano del PD, né una presenza politica particolarmente forte e con le nomine di Boschi e di Fedeli - aggiunge - si è rafforzata ancora di più la compagine del Pd all’interno del governo, certo per il momento i verdiniani si sono ritirati dai giochi ma non mi sorprenderebbe se cambiassero di nuovo idea”.

Ma quanto durerà questo esecutivo? Secondo Fugatti “se dipendesse dai singoli parlamentari il governo reggerebbe fino al 2050, fra centrodestra e centrosinistra ci sono soprattutto mercenari in Parlamento. Fatta la legge elettorale sarà Renzi a staccare la spina, altrimenti rischia di delegittimare ulteriormente se stesso e anche il suo partito se questo governo, come credo, non farà bene”. In sintonia anche il consigliere provinciale di Alto Adige nel cuore Alessandro Urzì: “Appare sorprendente che sotto l’alta egida del Presidente della Repubblica, dopo la bocciatura alle urne, si riconfermi lo stesso programma, lo stesso impegno e la medesima squadra, con alcuni sconfitti del referendum che sono stati addirittura premiati”.

“la Volkspartei ha ormai aderito perfettamente a questa alleanza strutturale con il centrosinistra diventandone componente fondamentale, curiosamente il partito di raccolta si trova sempre nel posto giusto al momento giusto

Opinione diffusa è che il passo indietro dell’ex premier sia funzionale all'elaborazione di strategie e futuri piani d’azione, perché defilarsi dalla scena politica non è un’opzione, “Gentiloni, che stimo, è solo un paravento - dichiara Urzì - Renzi controlla il governo con posti chiave garantiti dai suoi uomini e dalla sue donne e intanto utilizza questo intermezzo temporale per organizzare la sua campagna interna al Pd e imporsi come candidato premier, insomma, il governo avrà esaurito il suo scopo quando Renzi sarà pronto a tornare in campo”. E la Svp sarà in pole position, del resto, osserva l’esponente di Alto Adige nel cuore, “la Volkspartei ha ormai aderito perfettamente a questa alleanza strutturale con il centrosinistra diventandone componente fondamentale, curiosamente il partito di raccolta si trova sempre nel posto giusto al momento giusto”.

“La Svp - conclude Urzì - ha appoggiato la riforma di Renzi senza esserne convinta, con l’impegno di vedersi ricompensata, sul piano politico, con ‘moneta sonante’ nel dopo voto, ora è il momento di incassare, solo che al posto di Renzi sarà Gentiloni a pagare. Il senatore Zeller e compagni potranno agevolmente contrattare una serie di questioni che sono sul tavolo essendo molto determinanti i voti che il gruppo controlla a Roma”.