Cultura | zoom #19

Le cozze di Caldaro e Monticolo

Poco conosciuti e a rischio di estinzione, i molluschi nostrani arrivano a 20 cm di grandezza. Massimo Morpurgo racconta “il silenzioso dramma delle cozze d'acqua dolce”.
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Unio elongatulus piede estroflesso
Foto: Naturmuseum Südtirol

La conchiglia è meno robusta rispetto alle specie marine. In mare il carbonato di calcio è in quantità costanti. “I laghi di Monticolo sono poveri di calcio, e la conchiglia è più sottile e leggera. Lo spessore dipende dalla chimica dell'acqua: i molluschi non vivono in acque acide, perché altrimenti non riescono a formare la conchiglia: si scioglierebbe”. Massimo Morpurgo, biologo del Museo di Scienze naturali di Bolzano, ci racconta le cozze d’acqua dolce dell’Alto Adige. “Parliamo di un gruppo di molluschi bivalvi d'acqua dolce, gli Unionidi, volgarmente dette “cozze” o “vongole” d'acqua dolce, specie protette dalla legge provinciale”. Sono animali poco appariscenti: vivono infossati o semi-infossati nel sedimento, in laghi o stagni oppure in acque correnti a flusso molto lento o modesto. Si fanno poco notare, nel bene e nel male. “C’è il silenzioso dramma delle cozze d'acqua dolce, per citare la collega ricercatrice Nicoletta Riccardi, perché sono tra gli organismi più a rischio d'estinzione a livello globale - nell'indifferenza generale. E sono in lista rossa anche in Sudtirolo”.
Le cause sono molteplici: la distruzione e alterazione degli habitat, varie forme di inquinamento, il cambiamento climatico e, non ultimo, le specie aliene invasive che interagiscono con quelle nostrane. “A volte si arriva all'equilibrio, altre volte all'estinzione”, sottolinea Morpurgo. “Dove arriva la cozza zebrata c'è un calo drammatico delle nostre specie. A Monticolo potrebbe aver causato il declino della popolazione. Un altro fattore di minaccia è la pulizia, pur necessaria, delle fosse del fondovalle nella valle dell'Adige”.

 


Ma dove vivono le cozze d’acqua dolce in Alto Adige? “In laghi di bassa quota, sino a 1000 metri di quota: sono presenti anche al lago di Fiè”. Nello studio cui ha partecipato Morpurgo sono stati indagati i molluschi dei laghi di Monticolo – “ce ne sono pochi, è probabile vi sia stata una contrazione delle popolazioni” –, del lago di Caldaro, dove si trovano anche a profondità modeste, e dell'emissario della Fossa Grande di Caldaro. “L'obiettivo della ricerca - spiega il biologo - è stato raccogliere informazioni sulla distribuzione di questo gruppo di molluschi, stimarne la quantità e, tramite analisi genetiche, fare chiarezza sulle specie presenti”. Il risultato più interessante è la scoperta di ben 4 specie di questi molluschi in Alto Adige, “mentre nelle ricerche precedenti si parlava di due-tre specie. Le analisi molecolari sono state compiute nei laboratori dell'Università di Porto, in Portogallo, dove c'è un team di ricerca specializzato nella genetica di questi molluschi”.

 


Morpurgo racconta la sua esperienza con i bivalvi nostrani: “È difficile vederli e trovarli perché si mimetizzano tra fango e alghe, e perciò sono poco conosciuti, nonostante tra gli invertebrati acquatici d'acqua dolce siano tra le specie più grandi: possono raggiungere i 20 cm di grandezza, nel lago di Monticolo ho trovato esemplari di 16-17 cm e 3 etti di peso”. Oltre il 60% degli esemplari di cozze “nostrane” a Monticolo presentano cozze zebrate attaccate al guscio, una “zavorra” che arriva a toccare il 40% del peso dei nostri unionidi. “L'acqua di trasporto dei pesci da ripopolamento potrebbe aver veicolato le larve della specie aliena, ma non si può escludere nemmeno le introduzioni intenzionali”, spiega.

 


Le cozze sono a sessi separati, con maschi e femmine: “La fecondazione è interna e la femmina non libera le uova, bensì le incuba nella cavità branchiale e dopo un periodo variabile – da uno a tre mesi – gli embrioni si trasformano in larve parassite di circa un mm o meno. Queste larve parassite vengono rilasciate in primavera in acqua libera e devono trovare dei pesci sui quali insediarsi, sulla loro pelle: colpiscono o le branchie oppure le pinne”. Trascorrono poi alcune settimane come parassiti sui pesci – ma solo su determinate specie, quindi dalla loro sopravvivenza dipende la riproduzione di tali cozze. Dopo circa un mese le larve si staccano dal pesce, cadono sul fondo e avviene la metamorfosi come animali filtratori: “Hanno una funzione ecologica molto importante: si nutrono di fitoplancton, di particolato organico e depurano l’acqua trattenendo sostanze inquinanti” conclude Morpurgo.