Società | emergenza abitativa

Senza un tetto, senza diritti

Una scelta, che vera scelta non è mai: vivere per strada implica la preclusione a numerosi diritti. Nonostante la legge, l'iscrizione anagrafica continua a venire negata.
senza dimora
Foto: nit

La scorsa settimana mi è capitato di essere ospite a casa di K. La maggior parte delle persone in realtà non la definirebbe una casa: è una capanna lungo il fiume Isarco, con un materasso e un angolo cottura. Il suo coinquilino era intento a cucinare del riso su una padella malconcia, mentre noi ci siamo seduti a chiacchierare con il fiume lì vicino che scorreva impetuoso. Gli ho domandato se non fosse un po' preoccupato che magari, una notte, si ingrandisse così tanto da portare via lui e la sua capanna, ma lui è convinto che questo non possa succedere.
 
A fine maggio è scaduta la proroga di alcune strutture di accoglienza che erano state messe a disposizione durante l’emergenza freddo e ora il numero di persone che, come K., non hanno un tetto è sicuramente aumentato. Lui mi dice che per lui è una scelta: potrebbe facilmente trovare una stanza in qualche appartamento, ma la capanna sul lungo fiume lo rende più libero. La sua mi sembra un po' una scelta imposta, ma per evitare riflessioni fatte e frasi già dette mi sono limitata ad ascoltarlo, che in tanti casi penso sia la cosa migliore da fare.
 
Ci si può ritrovare senza un tetto per tante cause e tutte sono soggettive, legate alle storie personali di ciascuno: un coniuge non riesce ad affrontare le spese di una separazione, un’imprenditrice fallisce, un giovane ha un contratto troppo precario per pagare l’affitto o un immigrato è in attesa di poter presentare la richiesta d’asilo. Certe persone dormono in macchina ma la mattina mettono la cravatta e vanno a lavorare.

I casi di locatori che chiedono oltre 500 euro per stanze minuscole in appartamenti condivisi è assai frequente


 
Il fatto però che, a causa del turismo esagerato, delle politiche abitative sbagliate e delle speculazioni edilizie, pagare un affitto stia diventando una spesa esagerata di certo è un filo conduttore tra tante di queste situazioni
. I casi di locatori che chiedono oltre 500 euro per stanze minuscole in appartamenti condivisi è assai frequente ed è spesso comprensibile che, tra spese e caparre, una persona si senta più “libera” ad arrangiarsi diversamente.
 
La dimora rappresenta però la nostra tana, il rifugio dove coltivare la nostra privacy e intimità, oltre che un luogo sicuro nel quale possiamo rispecchiare noi stessi. Non averla, per quanto liberi e forti possiamo essere, ci rende più esposti a diverse vulnerabilità.
 
La dimora abituale è anche quel presupposto oggettivo che viene preso in considerazione ai fini dell’iscrizione anagrafica
e, quindi, della residenza. Questo, sul piano pratico, ha delle implicazioni importantissime, in quanto da essa dipende una serie di diritti. Per fare un esempio, anche se K. mi dice che per lui questo non rappresenta un problema, dato che è sano e una soluzione la trova sempre, senza una residenza non si può eleggere un medico di base. Non si può nemmeno accedere al gratuito patrocinio, iscriversi al centro per l’impiego o aprire una partita IVA. Dal momento che non si appartiene a nessuna circoscrizione elettorale, non si può neanche votare e nemmeno percepire una pensione sociale o di invalidità.
 
Alle persone senza dimora vengono quindi preclusi tutti questi diritti? Per fortuna la situazione non è così drammatica. Già dal 1954, infatti, anno in cui fu emanata la legge anagrafica, si è ragionato su come individuare un criterio per poter attribuire una residenza anche a chi non ha una dimora abituale. Al tempo il legislatore aveva in mente soprattutto le comunità nomadi, i giostrai e i commercianti ambulanti, che si spostavano per tutta l’Italia. Per determinare la residenza delle persone senza tetto si applica un criterio soggettivo: esse scelgono il comune dove essere iscritte e il comune provvede a iscriverle in una via fittizia. A Merano, ad esempio, c’è Piazza Grande 37. Non serve sprecare tempo a cercarla su Google Maps perché effettivamente non si trova.

L’universo delle norme non coincide con la realtà


 
Quindi tutto a posto? Purtroppo, come si sa, l’universo delle norme non coincide con la realtà. Dal momento che molto è lasciato alle prassi comunali, ci sono tantissimi comuni che non hanno ancora individuato le vie fittizie o che agiscono secondo loro discrezionalità.
 
In base ad una sentenza della Cassazione del 2000, l’iscrizione anagrafica non è però un provvedimento concessorio, ma un diritto del cittadino e un obbligo per l’ufficiale dell’anagrafe. In mancanza di linee guida generali chiare e uniformi per l’assegnazione della residenza fittizia, speriamo che i comuni se lo ricordino.

Secondo la mia piccola esperienza, l’iscrizione all’anagrafe per i senza tetto in concreto è spesso una concessione. In tutti i modi si cerca di renderla più complicata

 
Bozen Solidale, che fornisce assistenza alle persone senza dimora, in particolare migranti, si occupa anche di aiutarle a richiedere l’iscrizione all’anagrafe presso i comuni. Da quello che racconta Giulia Silvia Giberti, diversi comuni altoatesini, per iscrivere all’anagrafe una persona senza dimora, richiedono diversi requisiti, come ad esempio la dimostrazione di una relazione di qualche tipo con il territorio comunale e che la persona abbia lì il suo centro di interesse. “Secondo la mia piccola esperienza, l’iscrizione all’anagrafe per i senza tetto in concreto è spesso una concessione. In tutti i modi si cerca di renderla più complicata. In diversi casi, dopo ripetuti dinieghi abbiamo dovuto richiedere l’assistenza di un avvocato. Questa però non può essere la prassi per delle persone che chiedono semplicemente di poter esercitare un loro diritto”.