Politica | Il dibattito

Oltre ogni tollerabile limite

Per A. Urzì autodeterminazione e richiesta della doppia cittadinanza violano i confini giuridici fissati dalla quietanza liberatoria e mettono a rischio l'autonomia.
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Foto: Foto: Salto.bz

La serata – apparentemente annunciata come dibattito – era qualcosa a metà tra una conferenza informativa e un selfie dell'ala urziniana del Centrodestra locale in vista delle prossime scadenze elettorali. Alessandro Forest, al quale era affidata la moderazione, Gabriele Giovannetti, Maurizio Vezzali, e – per l'appunto – Alessandro Urzì hanno intrattenuto i 25 convenuti ieri (17 gennaio) nella sala Fronza del Cristallo su un tema eterno con risvolto attuale: l'autodeterminazione richiesta dai sudtirolesi (qui chiamati di preferenza “altoatesini di lingua tedesca”) e/o la loro agognata doppia cittadinanza. Dibattito apparente, si diceva, perché tutti in realtà pienamente convinti di una cosa: l'autodeterminazione è qualcosa di contrario allo spirito dell'autonomia, e anche la doppia cittadinanza ne eroderebbe le fondamenta a discapito della già maltrattatissima popolazione di lingua italiana. Alla fine la domanda è diventata questa: quando la smetteranno gli “altoatesini di lingua tedesca” di tirare la corda, cercando di cancellare i limiti delle loro rivendicazioni già ampiamente fissati con la benedizione dell'Austria dalla quietanza liberatoria del 1992?

Autodeterminazione non significa secessione

Il primo a prendere la parola è stato Gabriele Giovannetti. Neolaureato in Giurisprudenza, il giovane consigliere comunale di Alto Adige nel Cuore si è concentrato sugli aspetti problematici che la nozione di autodeterminazione presenta dal punto di vista del diritto internazionale. “Quando parliamo di autodeterminazione dei popoli – ha spiegato Giovannetti – dovremmo prima di tutto capire esattamente cosa si intende. In Alto Adige siamo abituati a scambiare questo diritto con il diritto alla secessione, ma nel mondo giuridico tale collegamento viene negato. I due piani devono al contrario essere considerati in modo rigorosamente separato, e l'abbiamo visto bene anche a proposito dei recenti fatti catalani. Il diritto alla secessione può al limite essere riconosciuto solo nel caso di un territorio in cui a una minoranza venissero negati altri diritti fondamentali, per esempio escludendo parte della popolazione dalla partecipazione politica. Nessuno però potrebbe ritenere che qui in Alto Adige abbiamo a che fare con un caso del genere”.

Il fallimento di una Convenzione nata morta

Che in Alto Adige non ci troviamo davanti a un caso del genere, ma eventualmente proprio in una situazione contraria, è stato testimoniato anche da Maurizio Vezzali, il quale ha parlato della sua esperienza (da lui definita “molto deludente e fallimentare”) nella Convenzione per la riforma dell'autonomia. “Il progetto – ha sintetizzato l'ex Presidente del Consiglio provinciale – poteva essere giudicato interessante in astratto, ma mi sono reso subito conto che in realtà era nato morto. Si è agito senza regole, senza obiettivi precisi, senza una vera rappresentanza della popolazione e con una esorbitante presenza della politica, nonché delle frange più estremiste della destra tedesca. In sostanza si è riusciti solo ad avanzare la richiesta di abolire la Regione, di incrementare le competenze per ottenere la Vollautonomie e di inserire il richiamo all'autodeterminazione nel preambolo del nuovo Statuto”. Per Vezzali il disegno, da rigettare nel complesso, era dunque chiaro: là dentro si volevano solo porre le basi della futura secessione, proponendo l'emancipazione progressiva e definitiva dallo stato nazionale.

Un'aggressione drammatica alle fondamenta dell'autonomia

Alzata in questo modo la palla, a questo punto non è stato difficile per Urzì andare a schiacciare. Il suo è stato un intervento di natura politica (“non mi addentro ulteriormente nelle questioni tecniche, già così bene illustrate da chi mi ha preceduto...”), animato dal pathos di chi sente di dover denunciare un accerchiamento soffocante. “Che la Svp punti da sempre a mettere in pratica l'autodeterminazione interna è chiarissimo, basta ricordarci quanto affermava tempo fa il Senatore Karl Zeller: se tutte le competenze passeranno in mano alla Provincia, compreso il controllo delle forze di polizia, anche l'appartenenza territoriale dell'Alto Adige all'Italia diventerà solo una mera questione formale”. Ciò costituirebbe però una negazione delle stesse prerogative dell'autonomia così come essa fu ratificata dalla quietanza liberatoria del 1992, ha sottolineato con forza il nuovo Coordinatore regionale di Fratelli d'Italia, e anche la recente discussione sul doppio passaporto va esattamente nella medesima, nefasta, direzione. “La richiesta della doppia cittadinanza – ha sentenziato Urzì – è un'aggressione drammatica, perché ci porrebbe davanti al problema enorme di avere, all'interno dello Stato nazionale, una maggioranza di cittadini di diversa nazionalità residente in una regione già ampiamente e generosamente garantita da uno Statuto autonomo”. L'argomento utilizzato spesso dalla destra tedesca, secondo il quale anche l'Italia in effetti concede la doppia cittadinanza agli italiani residenti all'estero e quindi non avrebbe il diritto di sindacare su un'analoga iniziativa austriaca, è rifiutato nel modo più netto: “Ricordo che quando l'Italia ha proposto la nazionalità agli italiani che vivono in Slovenia e Croazia l'ha fatto mediante accordi bilaterali con quei due paesi. Si è trattato in ogni caso di un'iniziativa slegata da qualsiasi tipo di ulteriore rivendicazione, lontanissima cioè dalle istanze secessioniste che vediamo all'opera qui in Alto Adige. Noi abbiamo cittadini italiani sparsi in tutto il mondo (dove questo sia ammissibile). L'Austria però si pone in maniera del tutto diversa: non riconosce la cittadinanza austriaca a nessuno nel mondo, è anzi contraria ad estendere questo principio, eppure adesso vorrebbe adoperarsi solo a favore di chi abita tra il Brennero e Salorno! La ritengo un'ingerenza inaccettabile e il governo italiano, se avesse un briciolo di dignità, dovrebbe ribadirlo senza i tentennamenti mostrati dalla sinistra e da Angelino Alfano”.

Il ruggito di Giorgia Meloni

Quando la parola è passata al pubblico, non è mancato chi ha rincarato la dose, aprendo il rubinetto di un risentimento catastrofista (“Vivere qui sta diventando sempre più difficile, gli italiani sono sempre meno, i posti di lavoro sono quasi tutti per i tedeschi”) e persino offensivo: “Tranquilli, l'Austria non ha nessuna intenzione di annettersi l'Alto Adige, perché si annetterebbe un pezzo di Africa”. Difficile allora tornare sul piano di una ponderata discussione quando si riaffaccia la sensazione sgradevole di avere a che fare con un “nemico” da combattere solo alzando il livello della polemica. Difficile, soprattutto, se pensiamo che il massimo referente politico di questo spezzone di Centrodestra, vale a dire Giorgia Meloni, ha già inquadrato la vicenda con un'esternazione, affidata alla sua pagina Facebook, che suona come un ruggito, ancorché velleitario: “L’Austria insiste nell’intenzione di voler concedere la cittadinanza austriaca a tutti gli italiani di lingua tedesca dell’Alto Adige. Si tratta di una gravissima ingerenza nelle questioni interne italiane che sancirebbe una annessione di fatto di quelle terre. Purtroppo la debolezza dei governi di sinistra porta anche a questo. Con Fratelli d’Italia le cose cambieranno radicalmente: se l’Austria dovesse continuare sulla sua strada, l’Italia risponderà vietando la doppia cittadinanza italiana e austriaca. Chi vuole quella austriaca perde quella italiana e con essa il diritto di voto, la qualifica di minoranza linguistica (che non vale per gli stranieri), la possibilità di lavorare per lo Stato e molto altro ancora. Il tutto nel pieno rispetto del diritto internazionale e italiano”.