Ambiente | Corsi d'acqua

“L’agricoltura è troppo assetata”

Morie di pesci in Sudtirolo, per il biologo Vito Adami la colpa non è solo della grave siccità: “Il prelievo d'acqua da alcuni torrenti è superiore alla loro portata”.
Möltner Bach, Rio di Meltina
Foto: Thomas Rainer/Facebook

In queste settimane di tempesta mediatica sulla siccità, sui problemi dell’approvvigionamento idrico soprattutto nel nord Italia, io una parola sugli aspetti ecologici non l’ho sentita. Si parla solo di agricoltura”. Il biologo bolzanino Vito Adami non ci sta. Il responsabile pescicoltura dell'Associazione pescatori di Bolzano (Fischereiverein Bozen), nella sua attività professionale di consulenza limnologica e ittiologica si è occupato di centinaia d'interventi di varia natura sui corsi d'acqua dell'Alto Adige, captazioni idriche comprese. E, per Adami, sono proprio i prelievi d'acqua gli indiziati numero uno per le morie di pesci in fiumi e torrenti in secca cui si sta assistendo in queste settimane.

 

 

salto.bz: Dottor Adami, abbiamo visto le immagini di pesci morti nei greti in secca. L'ecosistema sta soffrendo questo periodo di siccità estrema?

Vito Adami: La siccità è estrema, ma anche l’utilizzo è potente. Non è che non stiamo utilizzando acqua: ne continuiamo a usare molta. Ci sono aspetti peculiari per zone relativamente poco ricche di risorse idriche, per esempio le concessioni per uso irriguo su alcuni corsi d’acqua: spesso nella loro somma superano la portata del corso d’acqua, in condizioni estreme ma anche in condizioni normali, di magra estiva. Perciò tale problematica alcuni corsi d’acqua la soffrono tutti gli anni.

La somma delle derivazioni consentite è superiore alla portata del corso d’acqua.

Guardando al Sudtirolo, di quali corsi d’acqua parliamo in particolare?

In Alto Adige il corso d’acqua “medio” ha la magra d’inverno. Ma nella Bassa Atesina, in val d’Adige da Merano a Bolzano (dove i bacini imbriferi sul versante della Mendola e del Tschogglberg non hanno depositi nevali significativi: Rio di Prissiano, Meltina, Avelengo…), sulla sinistra orografica a nord della Val Venosta (ovvero il Monte Sole) e in Valle Isarco sino a Bressanone, i corsi d’acqua che hanno bacini che non salgono oltre i duemila metri e nella loro parte inferiore hanno colture importanti, come vigneto e meleto, vanno incontro a una doppia magra, invernale ed estiva, che di solito si verifica ad agosto o settembre se l’estate è poco piovosa. In questo caso, il caldo, la poca piovosità e le scarse precipitazioni soprattutto nevose invernali e primaverili hanno portato la situazione all’estremo. Ma la verità è che si usa molta acqua.

 

 

Tutta colpa dell’agricoltura, quindi?

Quando il deflusso è minimo, a volte è pure la struttura dei corsi d’acqua che non favorisce il mantenimento di un deflusso minimo: anche con una portata decente, infatti, se ci sono briglie di contenimento l’acqua si infiltra e non è in superficie, e gli animali che vivono nelle acque superficiali muoiono. Detto questo, chiunque può coltivare in qualsiasi momento il suo terreno, come vuole. Tali colture possono richiedere molta o poco acqua, e di norma non si chiede se quest’acqua c’è o non c’è. Certo, in linea di massima in Alto Adige abbiamo una situazione tutto sommato rosea rispetto ad altre regioni italiane ed europee. La nostra situazione non è quindi paragonabile alla Pianura Padana. Certo, sarebbe il caso di chiedersi prima di mettere in atto delle colture, di trasformare territori da arativo a frutticolo con maggiore esigenza di irrigazione (come accaduto in larga parte della Val Venosta), andrebbe fatta qualche considerazione di tipo strategico. Ma non è mai stata fatta dal punto di vista politico. L’agricoltura è molto assetata, tanto più assetata quanto maggiore è la percentuale di colture ad alto fabbisogno idrico.

L’agricoltura è molto assetata, tanto più assetata quanto maggiore è la percentuale di colture ad alto fabbisogno idrico.

 

 

E questo porta a grandi fiumi completamente in secca… 

In corsi d’acqua che hanno parecchie derivazioni di tipo irriguo, se il tratto terminale va in secca completa, ciò comporta non solo un danno ecologico, ma un danno per chi in fondo deriva acqua, quando quelli che stanno a monte avranno disponibilità pure in periodi di magra. Guardando quelle immagini dalla Pianura padana, consideriamo il fatto che greti completamente asciutti stanno a valle di derivazioni irrigue che portano via decine di migliaia di litri al secondo d’acqua. Già decenni fa, nel nord della Germania, il prelievo irriguo arrivava da pozzi piombati, le aziende agricole avevano un quantitativo da utilizzare su un lasso di tempo e in base della loro disponibilità d’acqua mettevano in atto delle colture che avevano più o meno bisogno di irrigazione. Da noi quest’organizzazione non c’è, ognuno guarda al suo orticello.

Un’organizzazione “di sistema” per il bacino dell’Adige sarebbe necessaria?

Una programmazione prima o poi si farà, rispetto al passato qualcosa si muove. S’è perso un po’ di tempo, perché le esigenze dell’agricoltura venivano coperte, sebbene localmente a spese dell’ambiente. Ricordo un sindaco della Val Venosta, quando si parlò della necessità dell’irrigazione anti-brina sopra le chiome a fine aprile, che portava spesso al prosciugamento del basso corso ad esempio del Rio Silandro, postulò una decina di anni fa che fosse una cosa normale. “In effetti nella Val Venosta gli affluenti di sinistra dell’Adige tradizionalmente vanno in secca perché si preleva l’acqua che serve”, punto. Ebbene, se anche esponenti politici, seppure a livello molto locale, la considerano una cosa normale, è difficile si sviluppi un approccio organico e strutturato alla materia.

I bacini di accumulo li hanno costruiti gli impianti sciistici.

Quali sarebbero le soluzioni?

Ora si grida alla necessità di immagazzinamento dell’acqua: avere dei serbatoi d’accumulo da riempire senza danno ambientale in periodo d’abbondanza, da usare in momenti di crisi, è una gran cosa. Ma questi bacini non hanno solo un volume, ma una superficie, quindi ciò significa consumare molto territorio. Certo, la frutticultura dal punto di vista ecologico non è l’ambiente più interessante. Ma queste superfici sono in mano ai privati, e qualcosa di diverso dalla monocoltura non c’è, tutto è a uso agricolo sino all’ultimo metro. L’agricoltura non si è fatta carico di una gestione migliore. I bacini di accumulo li hanno costruiti gli impianti sciistici, che hanno vissuto anni di vacche grasse. In alta quota, i corsi d’acqua venivano prosciugati senza tante storie: quando serviva l’acqua per i cannoni, l’acqua si prendeva dove c’era. Speriamo questo periodo di crisi insegni qualcosa.