talferbrueckebozenmeranbahn.jpg
Foto: w
Politica | Avvenne domani

Chi sale e chi scende

Qualità della vita e classifiche.

Tre cose si accendono invariabilmente a Bolzano quando, con gli ultimi giorni di novembre, l'autunno declina verso l'inverno: le luci del mercatino, le candele sulla corona dell'Avvento e le polemiche sulle classifiche che misurano la qualità della vita. Il caso vuole, poi, che mentre quella della corona di rami d'abete sia una tradizione più che centenaria, i mercatini di Natale e le classifiche stilate da un paio di giornali economici e pubblicato proprio in questo periodo risalgano più o meno ad una trentina di anni fa.

Per la precisione è dal 1990 che Il Sole 24 Ore pubblica la classifica della qualità della vita delle province d'Italia ( da consultare qui). Vengono giudicate attraverso sei parametri: ricchezza e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia e società, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero. L'altro giornale, Italia Oggi, ha iniziato a stirare le sue graduatorie un po' più tardi, ma le pubblica comunque da oltre vent'anni e basa le sue conclusioni su parametri inevitabilmente assai simili (alcuni dati qui).

Sarà per il fatto che l'idea stessa di una classifica, con un primo, un secondo e un terzo classificato come alle olimpiadi, evoca furori agonistici, sarà perché mettere in competizione le città e i loro hinterland solletica quel tanto di campanilismo che è ben connaturato della storia nella cultura italiana sin dai tempi in cui i liberi comuni si massacravano allegramente tra di loro, ma ogni anno l'uscita in edicola dei quotidiani che riportano i risultati scatena un profluvio di reazioni, di accuse e di controaccuse.

Bolzano non sfugge alla regola. Quest'anno in particolare il fatto che l'Alto Adige, nella classifica di Italia Oggi, si trovi in decima posizione quando l'anno scorso occupava la vetta, ha provocato tutta una serie di roventi accuse da parte di singoli esponenti politici e di movimenti che hanno interpretato la cosa come una conferma dell'inarrestabile declino e dello sprofondare nel degrado più assoluto che essi vanno denunciando da tempo.

A nessuno sfuggirà, voglio credere, che questa temperie risulta probabilmente influenzata dal fatto che tra sei mesi o giù di lì si andrà a votare per una consultazione i cui esiti verranno decisi, con ogni probabilità, proprio dalle percezioni sui temi della sicurezza e su poco altro. Basterebbe, per averne conferma, ritornare indietro di dodici mesi per constatare come gli stessi soggetti che oggi gridano allo scandalo per l'arretramento in classifica, si dichiarassero allora totalmente scettici e increduli rispetto al risultato che collocava il capoluogo altoatesino in testa alla classifica nazionale.

Verrebbe voglia, a questo punto, di gettare con gli altri giornali vecchi anche quelli che si occupano di classifiche o di usarli per impacchettare il frastuono polemico che circonda questi temi, ma vale forse la pena, prima di compiere l'operazione, di svolgere alcune sommarie e banali considerazioni sulla validità di questi strumenti statistici.

Va detto innanzitutto che l'idea di misurare coi numeri un concetto così etereo e impalpabile come la qualità della vita rappresenta di per sé una sfida quasi improponibile. Prima di tutto perché si tratta di una questione affidata in larghissima misura a sensazioni del tutto soggettive e poi perché ci sono fattori che influenzano in maniera notevole la qualità della nostra esistenza e che difficilmente possono essere ricondotti ad una fredda analisi statistica.

In realtà, come abbiamo visto sopra, chi svolge queste ricerche si limita a prendere in considerazione alcuni elementi che possono essere desunti da un dato numerico e ad assegnare loro un punteggio in funzione delle diversità che emergono tra un luogo all'altro del nostro paese. Mettendo assieme tutte le varie classifiche di settore viene fuori una graduatoria nazionale che esprime, di conseguenza, solo una realtà del tutto parziale. Basterebbe, tanto per fare un esempio, mettere a raffronto le statistiche dei due quotidiani economici con altri numeri, come ad esempio quelli sull'uso degli psicofarmaci o sul tasso medio di suicidi, in base ai quali, in Italia come in Europa, le zone nelle quali si registra un miglior livello nella cosiddetta qualità della vita, sono spesso anche quelle dove la gente fa più uso di sostanze psicoattive o pone fine alla propria vita più che altrove.

Tutto questo ovviamente non significa che le classifiche non abbiano senso, che siano bugiarde come sostengono i politici quando esse contraddicono i loro dogmi preelettorali.

I dati che vengono esaminati sono reali o perlomeno lo sono nella gran parte dei casi. Anche qui occorre prendere le cose con un certo beneficio d'inventario. Ricordo come la provincia di Bolzano svetti da sempre nelle statistiche sui sequestri di sostanze stupefacenti a livello nazionale. Un dato del tutto allarmante, se non si tiene conto che molti di questi sequestri, quelli di maggior peso tra l'altro, vengono effettuati periodicamente alla barriera autostradale di Vipiteno, su mezzi provenienti dal nord Europa o comunque in transito, con partite di droga che  quasi mai, in questi casi specifici, sono destinate al mercato altoatesino. La statistica non fa distinzioni.

I parametri utilizzati possono esprimere poi situazioni assai diverse e a volte apparentemente contraddittorie. Sui dati riguardanti la salute già pubblicati da Il Sole 24 Ore ( qui), Bolzano è largamente in testa alla classifica nazionale, ma guardando i singoli parametri utilizzati per arrivare a questo risultato finale si notano alcuni elementi che potrebbero sembrare poco congruenti tra loro. L'Alto Adige svetta in queste classifiche per il tasso di mortalità in generale, per la mortalità da tumore, per il consumo pro capite di farmaci per il diabete, per le malattie respiratorie, per l'ipertensione. Ha invece una situazione meno favorevole sotto altri aspetti come il numero di medici di medicina generale e ed i pediatri in rapporto la consistenza della popolazione. È evidente che le cifre non dicono tutto.

In conclusione occorrerebbe fare, in questi casi, un ragionamento più pacato e complessivo di quello che rimbalza sulla stampa e sui social media in occasione della pubblicazione di queste classifiche. Se nell'arco di due o tre decenni, una città e la provincia che la circonda occupano sempre o quasi sempre una posizione di vertice in tutte le classifiche questo significa che, almeno per gli elementi sui quali le graduatorie sono state combinate, quella città e quella provincia sono effettivamente luoghi dove certi fattori hanno un impatto positivo sulla vita quotidiana delle persone. L'economia gira meglio che altrove, anche se poi non tutti possono beneficiare di un reddito superiore. Il livello della salute è migliore, i servizi funzionano meglio, l'ambiente è meno inquinato, l'offerta culturale è più varia e, al netto delle percezioni individuali che vanno contraddire molto spesso ogni dato numerico, anche la sicurezza collettiva è meno precaria.

Poi può darsi che di anno in anno le posizioni in classifica vadano a cambiare anche se di poco, ma se una città, come detto, è sempre nella "top ten" e un'altra è sempre in fondo alla classifica, qualcosa questo finisce sicuramente per significare.

La campagna elettorale, ovviamente, è tutt'altra cosa.