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Andrea Sebastianelli

"Piume vellutate" di Andrea Sebastianelli è il nuovo pezzo di design in vendita sull'Artstore di Salto, quest'anno a cura di Lottozero.
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Foto: Andrea Sebastianelli

Lottozero in conversazione con Andrea Sebastianelli

ArtstoreQuali sono i temi cardine della tua ricerca e della tua pratica come designer?

Andrea Sebastianelli: Ho intrapreso gli studi in Design convinto del fatto che nell’industria ci sia un innegabile potenziale: il cambiamento sociale. Come nella musica, nella letteratura e nel cinema, così anche nella progettazione di oggetti, non in tutti, sussiste un’idea di innovazione dei valori che caratterizzano una specifica società. Dal momento in cui ho intrapreso questo percorso, mi preoccupo di raggiungere la forma necessaria per l’ottenimento di questo obiettivo.
Detto questo, le aree di ricerca su cui mi concentro sono quelli della sostenibilità̀, innanzitutto ambientale ed etica. C’è un modo per produrre meno e durare di più? C’è un modo per influenzare il mercato ad un atteggiamento positivo nei confronti del consumo?
Inoltre mi preoccupa disegnare pensando non solo alle macchine che realizzano i pezzi, ma anche a coloro che attraverso le loro mani fanno quel qualcosa, e quindi coinvolgerli in modo partecipato nell’atto della creazione. Mi preme rispettare la materia, per le sue caratteristiche intrinseche e unicità espressive.
Infine, l’aspetto che più mi interessa e che più influenza il sistema dei valori di cui parlavo prima, è il fatto che l’oggetto riesca a comunicare e quindi ad attuare un cambiamento superando il limite fisico della materia ed evocando simboli e quindi significati specifici.

 

 

Come ti sei avvicinato al mondo tessile e come ti sei trovato a lavorare con questo medium?

Sono cresciuto con le donne della mia famiglia che hanno sempre lavorato la lana, creato patchwork con i tessuti di scarto e intrecciato il lino per tramandare la tradizione dell’uncinetto chiamato in Abruzzo “Il Chiaccherino". Sono tecniche più o meno complesse che non ho mai imparato, ma ho sempre apprezzato moltissimo. Da questi lavori ho scoperto il piacere del fare con le mani, di inventare sempre qualcosa di nuovo e di ripensare l’esistente.
Nel campo del tessile ritrovo un universo di simbologie e di rimandi a cui potermi aggrappare per comunicare al meglio. Dicendo questo penso all’infinita varietà di disegni e di motivi che ogni civiltà ha sviluppato per comunicare con il divino. Penso al ruolo che le tinture hanno svolto nella società medievale definendo i ceti sociali. In ultimo penso ai nodi Quipu che servivano per fare calcoli matematici, oppure al telaio Jaquard, primo esempio di calcolatore nella storia dell’uomo. È un manufatto antichissimo che non smette mai di reinventarsi e di inspirarmi. È sempre stato il collante tra il presente ed il passato tessendo le relazioni tra i diversi popoli e le varie culture e per me rappresenta un medium fondamentale da investigare.

 

 

Il progetto Campo Libero (2018) si focalizza sulla produzione della canapa in Trentino-Alto Adige, ripensando la filiera in modo inclusivo e trasversale. Quali erano gli obiettivi del progetto?

Campo Libero è il progetto di tesi magistrale in Ecodesign iniziato nel 2016 da me e Stefania Zanetti presso l’Univeristà di Bolzano. Il progetto ha l’obiettivo di reintrodurre la filiera della fibra di canapa in Trentino-Alto Adige, come risorsa locale capace di sostituire l’uso della plastica nel mondo tessile. Fino al 1940 infatti, l’Italia era una delle più grandi produttrici Europee di tessuto in canapa ma con l’avvento dei materiali sintetici e la demonizzazione di questa coltura, la canapa ha visto un repentino declino fino alla sua quasi scomparsa. Negli ultimi anni questa è stata riscoperta e valorizzata, specialmente per le sue proprietà alimentari, nell’uso edile e farmaceutico, ma non ancora nel suo uso tessile. L’obbiettivo è proprio dimostrare le potenzialità economiche, ecologiche ed estetiche che questo materiale può ancora darci, e che invece viene abbandonato o bruciato nei campi. Partendo da questi presupposti, insieme ad aziende specializzate, abbiamo riadattato un vecchio decorticatore per trasformare gli steli di canapa in fibra grezza, e con questa abbiamo creato una collezione di oggetti che rappresentassero il Genius Loci dell’area da cui siamo partiti. Infatti nel progetto abbiamo coinvolto gli agricoltori di Brunico, decine di artigiani impegnati nel filato, nel feltro e nella tintura tra Bolzano e il Museo di Bressanone. La produzione finale ha tentato di cogliere l’essenza e la conoscenza di questi luoghi, e ha visto infine il coinvolgimento di un’organizzazione no profit che ha dato modo alle persone con disabilità di lavorare e sperimentare questa materia. In conclusione, il progetto non riguarda solo la canapa e la sua tradizione, ma è la creazione di sinergie nuove all’interno della comunità.
Per il futuro ci piacerebbe riproporre lo stesso progetto in un’altra regione, connettendo la canapa a nuove tecniche o a nuove applicazioni, ad esempio a Fabriano con le sue cartiere.

 

 

 

La collezione Piume Vellutate (2019), che proponiamo in esclusiva per Artstore, reinterpreta i velluti storici degli archivi di alcuni importanti musei tessili europei, tra cui quello di Prato. Come rivivono questi materiali nel tuo progetto? Che relazione c’è nella tua pratica tra design e storia?

Nel 2019 il Museo del Tessuto di Prato, insieme ad altri 5 musei europei, mi ha dato la possibilità di sviluppare un nuovo prodotto partendo dai materiali conservati negli archivi storici. Questo patrimonio è composto da frammenti di tessuto e vari artefatti, esposti all’interno di teche oppure invisibili alla maggioranza dei visitatori di questi musei, in quanto archivio. L’idea era innanzitutto quella di trovare una relazione tra questi frammenti, ma soprattutto dare la possibilità alle persone di usufruire diversamente di questa eredità, al di fuori della scatola bianca dei Musei. Innanzitutto, mi sono concentrato sul materiale velluto. Questo mi ha permesso di catalogare tutti i reperti e di constatare come i motivi, cioè i pattern che caratterizzano ogni frammento, si evolvono con il trascorrere delle epoche storiche, degli incontri con nuove civiltà e con lo sviluppo della tecnica. Il risultato finale sono tre coperte, che come in un puzzle funzionano da cornice per ricomporre tutti i reperti testimoni dello sviluppo del velluto, dal 1440 ai giorni nostri. È un patchwork storico. 
In conclusione, queste coperte danno la possibilità a chiunque di entrare in contatto con questi frammenti al di fuori del museo e di diventare testimoni partecipi della storia.
Nella mia pratica considero il rapporto con la storia un elemento imprescindibile. Ogni oggetto che penso è in relazione con essa perché soltanto capendo ciò che è stato si può disegnare ciò che sarà.

 

 

 

 

 

Andrea Sebastianelli

PIUME VELLUTATE

Tecnica: Incisione laser su trapunta in velluto di cotone e ovatta di poliestere
Dimensione:  260 x 260 cm

700€ cad. 

Disponibile su richiesta in tre colori (rosso, blu, bianco)
(tasse ed eventuale trasporto esclusi)

 

Andrea Sebastianelli (Vasto, 1992) vive a Milano dove lavora come product designer. Si laurea presso l’ISIA di Pescara durante la quale prende parte all’exchange program presso la Moholy-Nagy University of Art and Design di Budapest. Conclude il percorso di studi con un Master in Ecodesign nella Libera Università di Bolzano. 
La sua pratica mira ad una consapevole trasformazione della materia e al coinvolgimento del lavoro artigianale attraverso un approccio sistemico. Attraverso i suoi progetti non solo pone l’attenzione sulla qualità finale del prodotto ma anche sull’intero processo produttivo.
I suoi lavori sono stati presentati in gallerie ed esposizioni internazionali tra cui: Biblioteca Umanistica dell’Incoronata, Museo del Tessuto di Prato, MAD Bruxelles, The Strzemiński Academy of Art in Łódź.
Collabora come progettista con Antonio Citterio, il Museo del Tessuto di Prato, lo studio TheNewRaw e la storica azienda Arco.

www.andreasebastianelli.com