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Contro le diseguaglianze

La forbice tra i redditi cresce ovunque in Occidente. In Italia un gruppo di economisti, guidati dall'ex ministro Visco, ha scritto un Manifesto, e spiega come rispondere
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Foto: upi
La prima riga del Manifesto contro la diseguaglianza scritto da Maurizio Franzini, Elena Granaglia, Ruggero Paladini, Andrea Pezzoli, Michele Raitano e dall'ex ministro Vincenzo Visco inquadra il punto di vista dei redattori: "La diseguaglianza è il problema fondamentale del nostro tempo".
Eppure, spiega a Salto.bz Michele Raitano, ricercatore di Politica Economica nel Dipartimento di Economia e Diritto della Sapienza, Università di Roma, "quello che a noi sembra il fenomeno economico più evidente degli ultimi venti o trent'anni, e una tendenza già in atto in tutte le economie occidentali ben prima della crisi, è un tema minimizzato o nascosto o valutato esclusivamente nella sua dimensione di lotta alla povertà". Almeno nel nostro Paese, sottolinea Raitano, "chi ammette che esista un problema di diseguaglianza nella distribuzione del reddito, usa questo concetto come permessa per affermare poi che il fenomeno non sia contrastabile, e che dipenda da forze esogene, come il progresso tecnologico, che premia di più i più bravi, o la globalizzazione". 
 
Il Manifesto (che può essere scaricato a questo link) prova a decostruire alcuni falsi miti sull'aumento delle diseguaglianze (misurate dall'Indice di Gini), sulla loro presunta efficacia nel funzionamento dei sistemi economici, per arrivare infine a toccare l'elemento cardine dell'analisi: cancellare l'idea che "le politiche possono fare poco", anche se "i mercati sono divenuti istituzioni all’interno delle quali si produce sempre più disuguaglianza" (tra il 1980 ed il 2010, nel nostro Paese il reddito dell'1% più ricco è passato dal 6 al 9% del totale). 
Qui Raitano cita l'economista Tony Atkinson, il padre degli studi sulle disuguaglianze, mancato il 1° gennaio del 2017, che nel "suo ultimo libro, 'Inequality', spiegava invece come esse dipendano sempre da scelte politiche nell'organizzazione di sistemi economici, dalle regole, e che non si può immaginare di combattere la diseguaglianza solo attraverso azioni pubbliche redistribuitive, nell'ambito del welfare: i governi devono intervenire sui mercati che funzionano male. Nessun può infatti pensare che una determinata persona, un manager, sia decine di migliaia di volte più produttiva di un'altra, un operaio dello stesso gruppo, ma in alcuni casi le differenze di reddito sono così macroscopiche".
 
Il Manifesto - promosso da Etica Economia e da NENS - vuole offrire quindi al legislatore ed all'esecutivo spunti d'intervento, che - sottolinea Raitano - "possono essere suddivisi in due ambiti: misure volte a far funzionare meglio i mercati, da una parte; interventi che vadano a compensare e ridurre le disuguaglianze che si formano nei mercati, dall'altra.
Il mercato del lavoro è un tema cruciale: prima degli ultimini trent'anni le diseguaglianze erano in larga parte relative a forme di ricchezza ereditate; oggi, invece, dipendono dai salari giganteschi corrisposti a professionisti di settori quali spettacolo, tv, sport, o ai manager di alcuni gruppi, con remunerazioni fuori da ogni logica, che in molti casi non sono direttamente collegate a premialità legate al mercato, ma sfruttano posizioni di rendita, l'esser 'noti'. Un primo intervento pubblico possibile - spiega così il ricercatore della Sapienza - è la promozione di forme di concorrenza effettiva nei mercati, per scongiurare queste posizioni estreme, tutelando i lavoratori più deboli rafforzando i sindacati e favorendo una redistribuzione dei redditi tra imprese (remunerazione del capitale) e lavoratori (salario)".
 
Quando parla di redistribuzione, il Manifesto immagina un possibile mix di azioni che vede senz'altro presenti i trasferimenti pubblici (che possono prendere la forma di redditi minimi o di inclusione), ma anche interventi fiscali a carattere progressivo (non si dovrebbe, ad esempio, aumentare l'IVA, un fenomeno che incide sui consumi ed ha carattere regressivo, almeno secondo il rapporto di finanza pubblica 2017 del Mulino, presentato a metà settembre e di cui dà conto un articolo del Sole 24 Ore). "Prendere di più da chi ha di più - traduce Raitano -: cancellare l'imposta di successione ha un peso diverso per chi eredita mille euro o 100 milioni". Il giorno dopo la presentazione alla Camera dei Deputati, il tema fiscale ha catalizzato l'attenzione della stampa di destra sul Manifesto: "Rischio patrimoniale" ha titolato il Giornale. "In nessun modo lasciamo intendere che la strada per affrontare le disuguaglianze sia quella di alzare le tasse - ci tiene a sottolineare Raitano -, ma quella di rendere progressivo il carico fiscale".
Si può leggere: "Introdurre una imposta personale progressiva sul patrimonio complessivo (mobiliare ed immobiliare) con una franchigia in grado di escludere i patrimoni di minore consistenza, e con aliquote basse, non superiori all’1%, riducendo contestualmente le imposte sui redditi". 
Senza dimenticare, conclude Raitano, "che a livello globale è necessario interventire su tutte le forme di elusione o evasione fiscale, da quelle che riguardano le piattaforme web allo scandalo della ricchezza detenuta nei paradisi fiscali. Anche la possibilità di evadere e di eludere, infatti, è molto diseguale".