Politica | Autonomia

Statuto, patti chiari e cooperazione

La parola d’ordine è “cooperare”: tra le due Province, nella Regione (da ripensare), nell’Euregio, nelle istituzioni transfrontaliere e in Europa. A cominciare dal percorso di revisione dello Statuto.
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Foto: Salto.bz

“Trento non è mai stata ‘a rimorchio’ di Bolzano”. Il tono di Lorenzo Dellai è pacato ma deciso. Molti progetti, secondo l’ex presidente, sono partiti a Trento e poi Bolzano si è accodata. D’accordo, ma con quali sentimenti, in Trentino, si guarda ora ai tentativi altoatesini di mettere mano allo Statuto che, ricordiamolo, è lo stesso per le due Province? Risponde un osservatore super partes, il direttore dell’Adige, Pierangelo Giovanetti: “In Trentino c’è forse una visione un po’ diversa. È più forte la consapevolezza che è finita un’epoca, quella dei ‘nove decimi’, quella del chiedere a Roma, quella delle maggiori garanzie. Occorre oggi ridefinire i rapporti tra Autonomia locale e Stato centrale, nell’ottica di un moderno Stato federale”. Ad esempio? “Oggi c’è una definizione dei ‘nove decimi’ piuttosto astratta. Va stabilito con maggiore chiarezza quanto spetta alla comunità locale e quanto allo Stato. Altrimenti, come è avvenuto negli ultimi due anni, sempre più si affiderà la difesa dell’autonomia ai contenziosi davanti alla Corte Costituzionale. Non ha senso”.

Ma c’è davvero, nell’opera di revisione, una fuga in avanti da parte altoatesina? “Abbiamo raccomandato alla provincia di Bolzano e alla SVP di non procedere in modo unilaterale”, dice Michele Nicoletti, deputato e segretario del PD trentino. “Abbiamo proposto per questo uno strumento, la ‘convenzione’, che consenta di allargare il ripensamento e l’opera di revisione non solo ai rappresentanti istituzionali dei due Consigli provinciali, ma anche alle forze sociali, economiche, culturali della regione. Questo – aggiunge Nicoletti – perché crediamo nell’unitarietà dello Statuto regionale, all’interno del quale si collocano poi le due Province autonome. Noi abbiamo sempre voluto una riforma fatta insieme”.

Francesco Palermo, che a Roma rappresenta PD e SVP è sostanzialmente d’accordo: “Il coinvolgimento dei trentini è non solo logicamente dovuto, ma anche giuridicamente necessario. Lo Statuto è regionale, e non si può cambiare senza il consenso della Provincia di Trento”, a meno di colpi di mano.

Quanto all’approccio, secondo Nicoletti va “rafforzato il quadro internazionale su cui poggia l’autonomia fin dall’accordo di Parigi”. “Oggi l’ancoraggio internazionale è da collocarsi a livello europeo. Rivedere lo Statuto significa adeguarlo alla normativa europea e utilizzare gli strumenti di cooperazione internazionale che l’UE prevede, ad esempio l’Euregio, ma non solo”. Ovvero: “La cooperazione va estesa a più livelli: l’area alpina, la regione dolomitica (compreso il Bellunese)…”

Tra i vari livelli c’è pure quello, controverso, della Regione che, sottolinea Nicoletti, “non va indebolita”. Anzi: “Ne va mantenuto il potere ordinamentale, come nel campo dei diritti delle minoranze. Non solo di quelle linguistiche, ma anche di quelle rappresentate, ad esempio, dai nuovi cittadini immigrati. Poi c’è tutta la parte della cooperazione tra Province che va rafforzata. Se per i trasporti è impensabile che Trentino e Alto Adige vadano in direzioni diverse, così per la sanità, per l’università e la ricerca abbiamo bisogno di politiche di cooperazione sempre più convinte ed efficaci”. Ma già a partire dai progetti di riforma, precisa Palermo, “è necessario un forte coordinamento tra le due realtà della regione”. Meglio non aspettare, per confrontarsi, il momento finale, quello del voto nei Consigli provinciali e in quello regionale. Tutto il percorso di revisione va elaborato e attuato insieme. Possibilmente senza veti o riserve mentali.