Chronik | L'inchiesta

Scandalo mascherine: dettagli choc/1

Nell'avviso di conclusione delle indagini sui DPI cinesi emerge un quadro accusatorio pesante. Fin dai primi giorni "tutti sapevano tutto". Alle 12 la seconda puntata.
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Foto: Asp

Questa è una storia che comincia bene - in modo esemplare, si direbbe - con un’azienda tra le più rappresentative in Alto Adige, la Oberalp Salewa, che, all’inizio della pandemia di Covid 19, in pieno “panico da mancanza da mascherine e dispositivi di protezione”, mette a disposizione i propri contatti in Oriente per procacciarne a milioni, anticipando addirittura il denaro di tasca propria. Ma pochi giorni dopo il suo inizio la storia si complica. Le autorità realizzano che il materiale di protezione non è idoneo per l’uso sanitario e non risponde ai criteri di sicurezza. Invece di denunciare la scoperta pubblicamente i protagonisti di questa vicenda cercano in tutti i modi di correre ai ripari. Secondo la Procura di Bolzano, che ha aperto un’inchiesta, quanto appreso sulla non idoneità viene tenuto nascosto e si prova maldestramente a “sbolognare” il materiale anche ad enti terzi. L’indagine condotta dal pm Igor Secco, e cominciata nei giorni successivi alla pubblicazione di un articolo su Salto.bz, si è conclusa una decina di giorni fa e il relativo “avviso” è stato recapitato ai sette indagati: Christoph Engl, amministratore delegato della OberAlp spa, Florian Zerzer ed Enrico Wegher, rispettivamente direttore generale e direttore amministrativo dell'Azienda sanitaria, Patrick Franzoni, medico d'emergenza e viceresponsabile dell'emergenza Covid), Manuel Stecher, responsabile finanziario Oberalp, Peter Auer, esperto nominato dall’autorità di gara, e Stefan Rainer, direttore commerciale Oberalp. Il documento è stato inviato anche al gruppo Oberalp, nella persona del suo legale rappresentante, Heiner Oberrauch, e alle “persone offese”, e cioè all’Azienda sanitaria, i sindacati Anaao e Nursing up, la Protezione civile nazionale, ed altre 5 società attive nella vendita di prodotti.

 

La lettura dell’atto della Procura fa letteralmente gelare il sangue nelle vene. Il quadro accusatorio, scaturito dall'analisi di decine di documenti, email e centinaia di conversazioni  telefoniche, è piuttosto pesante: i sette indagati ora rischiano il rinvio a giudizio con l'accusa di frode in pubblica fornitura, turbativa d'asta e truffa.  Secondo il pm, in estrema sintesi, i vertici della sanità altoatesina sapevano fin dai primi giorni che i dispositivi di protezione erano inadeguati e non solo li hanno fatti avere al personale sanitario ma anche a clienti istituzionali come la Croce Rossa austriaca e la protezione civile nazionale. Come si vedrà in fondo a questo pezzo, Oberalp ritiene di aver fatto del proprio meglio in un momento difficile, e così il direttore generale, Florian Zerzer.

Normale, quindi, che da quando la vicenda è venuta a galla, a tutti i livelli si sia finora verificato il più classico dei “ricompattamenti di sistema”, un atteggiamento, questo, diventato nel tempo un tratto distintivo del pianeta amministrativo sudtirolese-altoatesino a prescindere da chi siano i protagonisti. Nel bene – le molte volte in cui l’amministrazione locale è presa ad esempio – e nel male – in casi come questo, stando all'accusa, o, per fare un solo altro esempio, il Pasticcio del Twenty - si sta tutti uniti e compatti "fino alla fine". Quando proprio va male, come nel caso dell’inchiesta sulle centrali elettriche Sel, con grande nonchalance si trova un capro espiatorio (l’ex assessore Michl Laimer). Questa vicenda giudiziaria è però solo all'inizio e le accuse, se ci sarà un rinvio a giudizio, sono tutte da dimostrare.

Il contesto

Anche se non è trascorso molto tempo va a questo punto descritto il contesto in cui la vicenda oggetto dell'inchiesta si svolge, giusto per mettere a fuoco le date. In Italia, come si ricorderà, il primo focolaio di infezioni di COVID-19 viene rilevato il 21 febbraio 2020 a Codogno, in Lombardia. Nel giro di tre settimane si arriva al primo ansiogeno lockdown. Il 9 marzo il premier Giuseppe Conte ordina il “tutti a casa”. Nei Tg non si parla d’altro. Ogni giorno viene dato il bollettino dei morti. Le mascherine, fino ad allora usate solo in campo medico, diventano improvvisamente un bene indispensabile per chiunque, e, soprattutto rarissimo e prezioso. L’11 marzo l’Oms dichiara lo stata di pandemia. Ovunque mancano i dispositivi di protezione.

Ecco di seguito, punto per punto, le accuse mosse dalla Procura di Bolzano. Quello che leggerete in due puntate (la seconda viene pubblicata oggi, 21 marzo, alle 12) sembra un fanta-legal thriller, ma i protagonisti hanno nomi e volti molto familiari dalle nostre parti.

Le accuse

Frode nelle pubbliche forniture

Christoph Engl, amministratore delegato della OberAlp spa, Florian Zerzer ed Enrico Wegher, rispettivamente direttore generale e direttore amministrativo dell'Azienda sanitaria e Patrick Franzoni, medico d'emergenza e viceresponsabile dell'emergenza Covid) sono innanzi tutto indagati per “frode nelle pubbliche forniture per la prima fornitura di materiale all’Azienda sanitaria”. Vediamo perché.

 

L’11 marzo 2020 Marc Kaufmann, direttore del servizio di urgenza (non indagato) dell’Ospedale,  invia a Christoph Engl una richiesta di fornitura di prodotti necessari per il personale medico e sanitario. Chiede prodotti certificati, ovviamente: mascherine chirurgiche, FFP2,  tute protettive …. Due giorni dopo il CEO di Oberalp manda un’offerta con “una indicazione sommaria della corrispondenza delle mascherine KN 95 agli standard FFP2 e l’indicazione che sia le tute protettive ordinarie, sia quelle asettiche erano con manica lunga e impermeabili, senza allegazione né di schede tecniche, né di certificazione CE”.  La documentazione viene consegnata il 25 marzo, ma, secondo l’accusa già il 24 Zerzer e Engl, che avevano potuto vedere il materiale appena consegnato, erano a conoscenza che le certificazioni inviate dalla Cina non erano idonee”. La fornitura da 6 milioni di euro, con una quantità di materiale superiore alle necessità dell’Asl, viene aggiudicata senza valutazione comparativa con altre offerte. E’ l’ansia da Covid: ovunque si adottano procedure di emergenza.

Prima che Zerzer si rivolga all’INAIL il 27 marzo, secondo gli inquirenti, sia Zerzer che Engl ricevono i “rapporti negativi dalla Germania e dall’Austria”

Ben presto, dunque, si scopre che il materiale arrivato a Bolzano a partire dal 24 marzo, come si dice sulla “rive droite” (riva destra) del Talvera, è in buona parte “tarocco”: ricapitolando, secondo la Procura 1 milione di mascherine sono state definite chirurgiche, ma non lo sono; 500 mila mascherine KN95 “Dust Mask” sono per “uso civile” e quindi inidonee in ambito sanitario (dagli atti risulterebbe che una collaboratrice Oberalp in Cina abbia avvisato Engl il 23 marzo che non erano “surgical”).  E così 30.000 tute asettiche non contemplate dalle linee guida. Secondo il pm, il 23 marzo Florian Zerzer avrebbe “dichiarato falsamente all’Agenzia delle Dogane di ricevere merce per 9,3 milioni da Oberalp proveniente dalla Cina, provvista di marchiatura CE anche se non aveva ancora ricevuto le schede tecniche”. Sempre Zerzer il 26 marzo (e con comunicazioni integrate successivamente) firma un’autocertificazione trasmessa all’INAIL che i dispositivi “rispondono ai requisiti essenziali di salute richiesti dalla normativa europea”. L’INAIL il 7 aprile dispone il divieto di immettere in commercio il materiale in quanto la valutazione tecnica dei prodotti non è sufficiente e i prodotti non hanno il marchio CE. Una botta tremenda, questa. Zerzer allora insiste, chiedendo, in data 17 aprile, una validazione straordinaria, che l’INAIL non rilascia in quanto il materiale “non è conforme alle norme vigenti”.  Non solo: prima che Zerzer si rivolga all’INAIL il 27 marzo, secondo gli inquirenti, sia Zerzer che Engl ricevono i “rapporti negativi dalla Germania e dall’Austria”. L’esito del test fatto in Germania, conosciuto secondo gli inquirenti anche da Franzoni il 28 marzo, rivela che uno dei di due tipi di mascherine“ si sposta con semplici movimenti della bocca ed entrambi i tipi di mascherine avevano una permeabilità oltre il 71%”. Il test austriaco del 29 marzo rivela a sua volta che le mascherine sono di diverse grandezze, alcune si strappano e se ne sconsiglia quindi l’uso sia come mascherina FFP3 che come FFP1. Un vero disastro.

Il 31 marzo Zerzer telefona a tutti i direttori sanitari chiedendo di cancellare una emali inviata per sbaglio da Wegher con l'esito negativo della certificazione austriaca.

Sempre in quella frenetica fine marzo 2020 accade un episodio grottesco, da commedia degli equivoci. Il 29 Enrico Wegher inoltra -  secondo la Procura, per sbaglio, ma magari, anche in autotutela - gli esiti del test austriaco a tutti i direttori sanitari. Due giorni dopo Florian Zerzer, stando alla ricostruzione, telefona a tutti i direttori sanitari chiedendo loro di cancellare la mail e contatta un tecnico della ripartizione informatica per chiedere se sia possibile risalire alla lista di distribuzione  di una email e comprendere se sia stata cancellata dal ricevente. L’obiettivo, cioè, era cancellare ogni traccia, ma sia nelle macchine che negli esseri umani l’operazione è quasi impossibile. Insomma, si capisce, che ai vertici dell’Asl regna la più totale confusione.

Secondo la Procura nelle circolari inviate nei giorni successive ai direttori sanitari il direttore dell’azienda sanitaria non fa cenno a nessuno dei problemi di cui è a conoscenza ed il 6 aprile “attesta falsamente che i documenti certificativi giunti dalla Cina, che sapeva perfettamente essere non validi, erano stati validati positivamente dalla clinica universitaria di Innsbruck”. In una circolare Zerzer specifica che le mascherine KN 95 nelle aree Covid a medio rischio, “nell’ambito dell’assistenza diretta ai pazienti sospetti o durante l’esecuzione di tamponi”. Curiosamente, come detto, proprio il 6 aprile esce il primo articolo su Salto.bz nel quale viene reso noto l'esito dei pareri negativi.

Nell’avviso di conclusione delle indagini si legge quindi che “Zerzer il primo maggio 2020 si reca a Roma presso la sede della Protezione civile per parlare con i vertici al fine di trovare una soluzione idonea a superare il diniego alla validazione straordinaria dell’INAIL”, dicendo che quel materiale è per “autoconsumo” e pertanto l’INAIL avrebbe dovuto dichiararsi incompetente. Come a dire: alla salute dei sanitari dell’Asl ci pensiamo noi, perché si intromette l’INAIL?. La procura rileva che il materiale in quel momento è in realtà già stato fatto avere alle RSA, ai medici di medicina generale, ai dentisti, ma anche al Land Tirol e all’APSS di Trento.

La ditta cinese già nel preventivo avrebbe specificato che l’indicazione CE è da ricondursi all’acronimo China Export (!) e non “certificazione europea” .

Engl dal canto suo “con diverse telefonate” si accerta che l’esito del test austriaco resti riservato e fa preparare un documento in lingua tedesca nel quale si comunica che il prodotto venduto da Oberalp “è accompagnato da rapporti di prova e da un test della clinica di Innsbruck in realtà mai esistito”, si legge.  Per rassicurare l’opinione pubblica Engl fa avere anche un comunicato stampa ad un quotidiano di lingua tedesca nel quale ribadisce i concetti appena esposti. Il manager Oberalp, inoltre, secondo la procura dal 16 marzo (!) sa che le tute protettive non sono idonee in ambito sanitario. La ditta cinese già  nel preventivo ha specificato che l’indicazione CE è da ricondursi all’acronimo China Export (!) e non “certificazione europea” e secondo la Procura Engl ne era a conoscenza almeno dal 24 marzo. Dopo un’ulteriore conferma da parte di un laboratorio di Longarone che tutto il materiale era non idoneo, il 27 marzo Engl, secondo gli inquirenti, dice alle segretarie di non bloccarne (“nicht blocken”) comunque la distribuzione.

 

Anche il medico Patrick Franzoni, sebbene secondo gli accertamenti svolti dagli inquirenti fosse a conoscenza dell’inidoneità del materiale (dell’inidoneità delle tute sarebbe stato al corrente già a partire dal 18 marzo e delle mascherine dal 28) ne autorizza la distribuzione. Sempre secondo l’accusa lo fa per “ricevere l’incarico mai esistito in precedenza di alta specializzazione di secondo livello per il suo settore”, che prevedeva un riconoscimento economico mensile consistente in 1.250 euro lordi per 12 mensilità.

La procura contesta poi a Enrico Wegher di aver fatto pagare il 2 aprile la fattura da 6 milioni di Oberalp nonostante avesse ricevuto “a partira dal 24 marzo” segnalazioni su come stavano le cose dall’ufficio acquisti, dalla farmacia dell’ospedale e gli esiti dei test.

Non solo. Engl, Zerzer e Franzoni cercheranno “anche successivamente di far ottenere al materiale una valutazione favorevole presso l’istituto di certificazione germanico DEKRA in modo che il materiale possa essere usato in ambito sanitario e per dare via libera ad una seconda fornitura”. Una seconda fornitura? In queste condizioni come può esserci anche seconda fornitura? Lo vedremo nel secondo articolo.

I tentativi di avere delle certificazioni si fanno sempre più disperati.  Ad un certo punto viene fatto recapitare a Stoccarda un campione di mascherine KN95 “selezionate il 4 maggio (!) nel magazzino dell’azienda sanitaria tra gli esemplari migliori consegnati con la prima fornitura, eliminando i campioni che non sembrano a norma, senza però riuscire ad ottenere un esito favorevole”. Engl, secondo la Procura, avrebbe poi provato a far arrivare da Vienna a Stoccarda delle mascherine dello stesso tipo ma mai consegnate all’Azienda sanitaria dell’Alto Adige. Anche questo tentativo non ha l’esito sperato.  Engl e Zerzer, si legge infine nell’atto, si accordano poi per ricorrere a procedure di impermeabilizzazione delle tute in uno stabilimento veneto di Oberalp, ma anche questo stratagemma non funziona per ottenere la certificazione. Proprio non c’è verso. L'intera vicenda, cominciata bene, ha preso ormai una piega storta, che nessuno riuscirà più a raddrizzare.

La replica dell'avvocato Oberalp e Zerzer

"Quella che è emerge - dichiara Gerhard Brandstätter, difensore dei dipendenti Oberalp Engl, Stecher e Rainer - è una visione di parte. L'indagine non tiene conto di tutta una serie di chiarimenti, eccezioni e argomenti che forniscono un quadro completamente diverso e opposto alla direzione data dalla Procura. I fatti non sono avvenuti così come sono stati presentati, anzi. Confermo l’assoluta buona fede e il grave danno economico e reputazionale che ha subito il gruppo Oberalp per questa vicenda. Siamo fiduciosi che tutto si potrà chiarire. Oltre il danno, anche la beffa non va bene"

Tutto il mondo comprava in Cina, pagava in contanti, tutti facevano la fila per avere per quel materiale.

"Prima di tutto il materiale portato dalla Cina era quello disponibile sul mercato all’epoca, la Cina si credeva avesse appena superato la pandemia, tutto il mondo comprava in quel contesto lì, pagava in contanti, tutti facevano la fila per avere per quel materiale. La normativa cinese è risultata in alcuni frangenti anche più restrittiva della nostra. Ad esempio non avevano una traspirazione sufficiente, c’era meno ossigeno, ma questo rendeva il materiale più sicuro rispetto alla possibilità di contagiarsi. Col senno del poi è facile parlare delle questioni tecniche, ma in quei momenti drammatici si è preso il materiale che era disponibile. C’erano delle norme di esenzione, si potevano importare prodotti che non avevano certificazioni CE e quindi si confidava sulle certificazioni cinesi, provenienti da un paese che sembrava all’epoca avesse superato la pandemia".

Il direttore generale dell'ASL, Florian Zerzer, ribadisce quello che ha sempre detto fin dall'inizio. "ll fatto di essere potenzialmente incolpato di un reato è un grande stress aggiuntivo oltre al lavoro. Quello che mi dà forza è la convinzione di aver fatto le cose necessarie in quel periodo di gravissime difficoltà nel reperimento del materiale. Ma ho comunque fiducia nella giustizia e attendo fiducioso gli sviluppi". 

Il secondo articolo con la sintesi delle altre accuse per turbativa d'asta e frode alla protezione civile sarà online a partire dalle 12.


 

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Dietmar Nußbaumer Di., 21.03.2023 - 20:46

Hintnnoch reitet die olte Urschl, sagte vor der Genderdebatte der Volksmund; gemeint war, dass man hinterher immer schlauer ist. Gehen wir an den Anfang der Corona-Hysterie zurück. Ein Bekannter von mir, wenig älter, wurde gleich mal an die Lungenmaschine angeschlossen, mir wurde, auch auf Grund der vielen Paniknachrichten ganz anders, ich ließ mich freiwillig einsperren und wartete geduldig im Hausarrest auf den erlösenden Pieks. So wie mir ist es wohl vielen gegangen. Masken waren schnell leergekauft und wurden gehortet und zu Schwarzmarktpreisen gedealt. In dieser heißen Phase wurde von Schlauchtüchern aufwärts so ziemlich alles empfohlen, und hat wahrscheinlich alles besser geholfen als nichts aufsetzen.

Di., 21.03.2023 - 20:46 Permalink
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Klemens Riegler Di., 21.03.2023 - 21:44

Ich frage mich wer in dieser Zeit anders gehandelt hätte?
Das Engagement der Oberalp war ein Hoffnungsschimmer, ein Glücksfall. Niemand sonst hat damals auch nur 100 Masken anbieten können. Schon gar nicht zu diesen Preisen. Zudem würde mich interessieren ob alle anderen damals weltweit aus China importieren Masken (es gab ja fast nur mehr solche) auch so genau auf Zertifikate, Qualität usw. geprüft wurden?
Und wir dürfen auch nicht vergessen, dass der Schutz durch eine FFB2 oder KN95-Maske aus medizinischer Sicht eh mehr vom Tragen abhängt als von der Maske selbst. Bartstoppeln oder schlechter Sitz sind schließlich das viel größere Risiko ... dass zwischen Maske und Haut was durchschlüpft.
Ganz sicher ist, meiner Meinung nach, dass auch eine schlechte Maske besser als keine ist.
In einer Nicht-Notlage bzw. ohne Zeit- und Marktdruck hätten wohl alle Beteiligten anders und überlegter gehandelt. Und eine Segment-fremde Firma wie die Oberalp hätte da wohl auch nicht riskiert, sich die Finger zu verbrennen.

Di., 21.03.2023 - 21:44 Permalink