Politik | elezioni, Widmann

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Le elezioni provinciali si avvicinano e le sorprese si moltiplicano.
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Il vecchio Tommy Widmann, con l'annuncio della presentazione di una nuova lista intitolata con il suo nome, ha dato uno scossone molto forte al panorama politico provinciale. Non si capisce fino in fondo se la sua candidatura sia parte di un disegno di breve o di lungo respiro. Quello che è molto probabile è che si tratti però di un segno abbastanza indelebile di un processo di normalizzazione della politica provinciale destinato a mettere fine nei prossimi anni alla specialità del caso sudtirolese.
Tutti comprendono che la decisione di Widmann non è stata presa in solitudine, e che dietro continua feroce la lotta per il potere che sta dilaniando da ormai diversi anni il vecchio partito di raccolta. I burattinai sono sempre in pubblico senza nome, perchè in Sudtirolo vige un principio di bon ton per cui i panni sporchi si lavano sempre in famiglia, anche se tanti in realtà hanno capito quali sono le fazioni in campo, e chi sono i capibastone. Lo scontro senza quartiere in atto non è però solo un fatto di guerriglia contingente per il potere. Quello che sta accadendo è il raggiungimento del culmine di un processo di lenta e faticosa normalizzazione che segna la fine dell’emergenza democratica generatasi a seguito dell’avvento del fascismo e dell’italianizzazione che ha rappresentato per più di mezzo secolo il baluardo intorno al quale si sono sciolte la gran parte delle differenze sociali, culturali e economiche interne al gruppo tedesco.
Chi avesse cercato di affossare il dominio del partito-stato ancora all’inizio del secolo era destinato a passare come un traditore della Heimat, a meno di non fare parte della destra irredentista e pangermanica che non a caso è stata protagonista del primo importante strappo all’egemonia della SVP con la fondazione dell’Union für Sudtirol nel 1989. Nei due decenni successivi si sono avute altre spaccature molto rilevanti, quella dei Freiheitlichen che pur spostando ancora a destra il baricentro dell’elettorato provinciale in realtà conteneva già al suo interno germi di disaffezione nei confronti della gestione clientelare degli affari pubblici da parte della SVP. E di seguito il boom del Team K, un movimento capace di attingere alle esigenze di cambiamento in modo trasversale nel corpo elettorale, e che non ha caso è riuscito a travasare in sé anche una parte consistente dei voti confluiti cinque anni prima nella formazione della destra liberale.
Dopo l’ultima travagliata legislatura, che ha visto il partito di raccolta spaccato tra fazioni rivali pronte a usare il coltello per prevalere l’una sull’altra, la proliferazione di partiti è letteralmente esplosa e quello che ancora più impressiona è il livello di personalizzazione delle nuove liste che allinea la politica provinciale ai trend emergenti da alcuni anni nelle principali democrazie liberali occidentali.
A restare abbarbicato nel fortilizio della guerra fredda contro lo stato centrale sembra sia rimasto solo il vecchio Sven Knoll che cerca di raccogliere voti organizzando visite di nostalgici ai nascondigli  degli anni 60. Non è chiaro quanto davvero ci creda ancora, oppure più pragmaticamente abbia imparato a apprezzare i benefici di una serena vita da consigliere di opposizione ma la sua figura altera continua a rappresentare una delle poche sicurezze in un mondo politico locale sconvolto dal cambiamento.
I candidati alle elezioni provinciali in lingua italiana fanno un po' storia a sé e la normalizzazione del loro comportamento è già in atto da diversi decenni Il capolista del Pd, Sandro Repetto, ex Forza Italia/Ccd e ex Udc, rappresenta lo stile e le aspirazioni del migliore politico buono per ogni stagione basta che ci sia un posto disponibile e dietro di lui la fila di persone pronte a qualsiasi accordo pur di entrare in consiglio o addirittura in maggioranza è lunghissima. Bessone, Vettorato, i miracolati del boom elettorale leghista del 2018, gli spericolati Fratelli d’Italia e da ultimo i civici della Lista Alto Adige/Südtirol si sperticano per mostrarsi l’alleato più fedele dei futuri vincitori.
Anche il vecchio partito interetnico per eccellenza sembra avere ammainato ormai la gran parte delle velleità di rappresentare in modo originale l’altro Sudtirolo. La linea governativa di Brigitte Foppa è il classico esempio di legge ferrea dell’oligarchia. Una volta entrati nelle istituzioni in pianta stabile, il desiderio di restarci diventa pressante e ogni compromesso diventa immaginabile, anche quello di governare come una sorta di ala eco-sociale con una SVP che rappresenta storicamente l’antitesi di tutti i principi del movimento fondato da Alexander Langer.
Cosa si può dire di questo Sudtirolo ormai quasi del tutto normalizzato alle leggi fondamentali della politica in cui lotte intestine per il potere, compromessi, soddisfazione degli interessi delle lobbies, aspirazioni personali sono i tratti originali distintivi più marcati? E’ un bene o un male che le cose stiano andando così?
Non è facile rispondere a questa domanda. La costruzione di un unico fronte etnico mosso da spinte ideali autentiche ha avuto storicamente il merito di permettere di contrastare e negoziare da una posizione di forza relativa con lo stato centrale, quando le condizioni di stabilizzazione delle misure di tutela della minoranza linguistica erano ancora precarie e da costruire. La gran parte degli osservatori e degli studiosi indicano come sia stata l’eccezionalità del modello partitico sudtirolese a rappresentare una delle chiavi vincenti per raggiungere una piena e riconosciuta autonomia.
Se la SVP crollasse o implodesse su se stessa, le logiche negoziali con Roma ne verrebbero assai probabilmente in parte indebolite. Ma c’è anche da dire che il pericolo di una neo-centralizzazione appare ormai molto remoto e assai improbabile. L’Autonomia è fermamente ancorata a livello nazionale e un ritorno al passato oscuro dei totalitarismi non è più possibile.
Quindi l’emergere di un sistema politico quasi normalizzato potrebbe essere salutato anche con un certo ottimismo. Sicuramente sarà più difficile costruire una maggioranza alle prossime elezioni e lo sarà in particolare modo perché la SVP non è abituata e non ha gli strumenti per negoziare con altri partiti in una situazione inedita di debolezza. Ma una vera democrazia passa anche dalla normalizzazione della politica, con tutti i suoi limiti e le sue fragilità. Un Sudtirolo con meno SVP e più pluralismo da questo punto non può che essere un bene per tutti, compreso l’algido Tommy Widmann che non dovrà più giustificare la vendita milionaria del maso ai cinesi per non fare cadere su di sé il sospetto di essere un traditore della patria.

 

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Salto User
Manfred Gasser Do., 03.08.2023 - 21:03

"Già basta questo a qualificarli." Si é dimenticato una "s"?
".......... quando tutti gli eletti apparterranno solamente al gruppo etnolinguistico tedesco." Und das wissen Sie woher? Glaskugel oder Zeitreise?

Do., 03.08.2023 - 21:03 Permalink
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Profil für Benutzer Sebastian Felderer
Sebastian Felderer Fr., 04.08.2023 - 19:15

Caro Luca Marcon, se passiamo indietro di 50 anni, per spiegare il fenomeno, che viviamo ora nella fase preelettorale, c'é soltanto un fatto in comune. Anche un Dietl, un Jenny come il Widmann di oggi, sono stati cacciati dal SVP o hanno lasciato il partito di loro decisione. Ma non dobbiamo dimenticare, che allora la SVP era un partito, piu stabile che mai e funzionava. Oggi invece é tutto il contrario. Il dott. Jenny, che io conoscevo personalmente, aveva il suo partito, la Fortschrittspartei (SFP) ed era consigliere provinciale nel 1973 con grande successo. Allora la politica era ancora un impegno nei confronti del cittadino. Oggi invece é uno spettacolo ben remunerato, per prendere in giro la gente.

Fr., 04.08.2023 - 19:15 Permalink