Umwelt | Dolomiti Unesco

“Quella cabinovia va smantellata”

Sassolungo, per Gianluca Vignoli (Mountain Wilderness) va fermata la corsa a nuovi impianti di risalita e “l’enfasi della giunta provinciale sul turismo d'alta quota”.
jpg.jpg
Foto: Val Gardena

salto.bz: Qual è la posizione di Mountain Wilderness sul progetto di riqualificazione della telecabina Passo Sella-Forcella Sassolungo, un impianto già esistente (e a lungo contestato in passato) che però, inevitabilmente, si prevede di potenziare a livello di capacità oraria?

Gianluca Vignoli: Sarebbe auspicabile un “cambio di passo” rispetto a un’infrastrutturazione sempre maggiore della montagna, che faccia invece delle parole “green” un’esperienza concreta: proporre un turismo dolomitico alternativo a questi impianti di risalita. Noi di MW siamo per una svolta, una scelta coraggiosa e, in questo caso particolare, siamo per eliminare l’impianto visto che è obsoleto. In quella zona ce ne sono già tanti, lasciamo la forcella Toni Demetz per un altro tipo di turismo. Anche come elemento esperienziale: ci sono turismi di varie attitudini, in una famiglia c’è chi vorrà fare una cosa piuttosto di un’altra. Si proponga qualcosa di alternativo e si renda le Dolomiti finalmente un esempio di tutela.

 

 

Ci sono già troppe funivie sulle Dolomiti?

Negli ultimi anni, il numero di infrastrutture sulle Dolomiti è cresciuto tantissimo, ma già negli anni Sessanta e prima ancora ci fu la corsa a meccanizzare la montagna. In Svizzera, sul Cervino, a inizio Novecento c’era il progetto di una cremagliera fino alla vetta. L’impianto attuale è nato in un contesto storico diverso da quello di oggi: bisognerebbe avere il coraggio di “togliere il ferro vecchio”, anziché andare a intaccare una zona dove c’è ancora un minimo di “wilderness”, di selvaggio, contrariamente alla parte bassa della Val Gardena dove impianti, piste da sci, alberghi hanno impattato sul territorio. Lo stesso rifugio Toni Demetz è abbastanza spartano. E molte persone salirebbero ancora più volentieri a piedi sulla Forcella se l’impianto non ci fosse più. Sarebbe bello.

Noi di MW siamo per una svolta, una scelta coraggiosa: eliminare l’impianto visto che è obsoleto. Bisogna avere il coraggio di “togliere il ferro vecchio”.

 

Negli ultimi anni sembra però che il Sudtirolo abbia intrapreso la strada che eravamo riusciti a evitare, ovvero quella di costruire impianti di risalita sempre più vicini alle zone “pregiate” della montagna. Lo stesso “Patrimonio Dolomiti Unesco” sembra alimentare la corsa in altitudine.

Se si guarda la perimetrazione delle zone Unesco, si vede che la Provincia di Bolzano era stata molto attenta nel ritagliarsi alcuni ambiti territoriali dove fare sviluppo. Da quando c’è la giunta Kompatscher, l’enfasi sul turismo locale è stata messa ancora più di prima e assistiamo anche noi questa corsa a sempre più infrastrutture in quota. Per il Sassolungo sarebbe comunque un vantaggio, se fosse all’interno del parco Sciliar-Catinaccio e quindi delle aree dolomitiche Patrimonio Unesco. Se la striscia a valle della Forcella Sassolungo dovesse diventare parco naturale, si potrebbe scongiurare la realizzazione di nuovi impianti. Ma c’è un altro tema importante.

Prego.

Come associazioni ambientaliste dobbiamo avere una voce unanime di fronte alla politica. Negli anni, in tutte le battaglie a partire dalla calmierazione del traffico sui passi dolomitici sino alla funivia di Tires, dove stiamo tuttora lavorando, avere una voce unica è strategico. Ci teniamo molto a sostenerci l’un l’altro. Il gruppo “Nosc Cunfin” ha fatto una grande azione nell’intraprendere il dialogo con l’assessora al territorio Maria Hochgruber Kuenzer e noi sosteniamo questa loro battaglia nel tentare di opporsi alle “grandi forze”.

Con la giunta Kompatscher, l’enfasi sul turismo locale è cresciuta più di prima e assistiamo a una corsa a sempre più infrastrutture in alta quota.

 

Soprattutto perché “Nosc Cunfin” è un esperienza “in loco”…

Ci sono sensibilità controcorrente, rispetto alla montagna luna-park. In Val Gardena, a Nova Levante, a Tires, molte persone sono contrarie a questo tipo di turismo, perché porta disagio alla popolazione. Riceviamo lamentele di persone che si sentono in gabbia nelle loro valli. Molti soffrono della situazione in maniera marcata. Vorrebbero per loro e per i turisti una proposta diversa, ma sono spesso intimidite dalle società impiantiste. L’esigenza della popolazione, al fianco di quella ambientale, è un tema alla quale la politica dovrebbe dare una risposta.

E qual è la strada giusta per ottenere tale risposta?

Le valli ladine in particolare sono sotto assedio, ostaggio del turismo. Non si può rinunciare alla quotidianità, far venir meno la qualità della vita: non c’è solo il turismo e le esigenze delle persone vanno tenute in maggiore considerazione. Il cambiamento passa attraverso la lotta nonviolenta però continua, nella quale s’instaura un dialogo, si lavora insieme per raggiungere delle strategie “win win”. Auspico che un’altra mentalità possa maturare, che si affronti la questione anche da un punto di vista culturale. Coscienti delle dinamiche e dei “poteri forti” che si muovono.