Politik | Potere e narrazione

Il voto dilettevole

Come fu che i Verdi partirono langeriani e finirono come finirono: dal partito di lotta alla legge ferrea dell’oligarchia.
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Alexander Langer
Foto:  Luca Marcon (foto elaborata da internet)
  • In un articolo pubblicato qualche settimana fa e intitolato «Benvenuti a Widmannlandia», il sociologo Luca Fazzi racconta «di un processo di normalizzazione della politica provinciale destinato a mettere fine nei prossimi anni alla specialità del caso sudtirolese».
    L’impulso di occuparsi di questo processo gli è dato dalla presentazione, da parte dell’ex assessore Thomas Widmann, di una sua propria lista elettorale per il rinnovo del consiglio provinciale che si terrà nel mese di ottobre di quest’anno, ma l’occasione è anche funzionale al tratteggio dello status delle forze politiche che si scontreranno con il suddetto nelle elezioni di cui sopra.
    Senza alcuna sorpresa, la palma della critica ricade in capo ai Grüne (poi Verdi, infine Vërc in rigoroso ordine di voti), riguardo ai quali Fazzi non si perita di emettere un giudizio che lascia  poco spazio ad un’eventuale replica.

    «Anche il vecchio partito interetnico per eccellenza sembra avere ammainato ormai la gran parte delle velleità di rappresentare in modo originale l’altro Sudtirolo. La linea governativa di Brigitte Foppa è il classico esempio (grassetto, NdA) di legge ferrea dell’oligarchia. Una volta entrati nelle istituzioni in pianta stabile, il desiderio di restarci diventa pressante e ogni compromesso diventa immaginabile, anche quello di governare come una sorta di ala eco-sociale con una SVP che rappresenta storicamente l’antitesi di tutti i principi del movimento fondato da Alexander Langer.»

    con una SVP che rappresenta storicamente l’antitesi di tutti i principi del movimento fondato da Alexander Langer

    Il classico esempio citato da Fazzi è il concetto posto alla base del lavoro di uno dei più famosi sociologi e pensatori del Novecento, il tedesco naturalizzato italiano Roberto Michels.
    Ad oltre un secolo dalla prima pubblicazione di «Zur Soziologie des Parteiwesens in der modernen Demokratie (1911; trad. it., riveduta e ampliata dall’autore, La sociologia del partito politico nella democrazia moderna, 1912)», l’opera di Michels pone l’autore «tra i pionieri della sociologia politica e tra i fondatori dell’elitismo. E ciò essenzialmente in virtù dell’analisi disincantata sulla base della quale, dopo aver investigato i meccanismi di funzionamento dei grandi partiti di massa» denuncia «l’esistenza di un’inesorabile “legge ferrea dell’oligarchia”, responsabile, in ultima analisi, della formazione di una ristretta minoranza di potere all’interno di ogni associazione umana» (Treccani)

    l’esistenza di un’inesorabile “legge ferrea dell’oligarchia”, responsabile, in ultima analisi, della formazione di una ristretta minoranza di potere all’interno di ogni associazione umana

    Dell’apparente (perché apparente si vedrà poi) incoerenza di un partito nato come antagonista alla visione politica – e soprattutto sociale – della SVP, si è occupato a più riprese lo storico Giorgio Delle Donne evidenziando l’insanabilità di una contraddizione che ha visto i Verdi da sempre all’opposizione in consiglio provinciale ma da altrettanto tempo in funzione di stampella di maggioranze – tra tutte, il comune di Bolzano – nelle quali la SVP, pur partecipandovi, non era in grado di esercitare la sua funzione egemonizzante in quanto per gli ovvi motivi priva del consenso elettorale necessario. Per non parlare della cosiddetta "doppia desistenza", esercitata in tutte le elezioni politiche dal 2001 in poi escluse le ultime del 25 settembre 2022.

    C’è però un fatto che dà la misura per così dire definitiva di quale sia il significato sul campo per i Verdi del concetto espresso da Michels, ed è quello che succede all’indomani delle elezioni provinciali del 2018.
    La SVP, già scesa con le precedenti sotto la soglia della maggioranza assoluta, cala ulteriormente da 17 a 15 consiglieri, i Verdi confermano i 3 (tra cui Riccardo Dello Sbarba) eletti nel 2013, la Lega passa da 0 a 4 e la nuova lista del TeamK ne ottiene ben 6, nessuno però in rappresentanza del gruppo etnolinguistico italiano: del quale, risultano 3 eletti in tre diversi partiti, ovvero PD, 5Stelle e l’Alto Adige nel cuore dell’imperituro Urzì.
    In breve tempo le trattative della SVP per la formazione del governo provinciale riducono i potenziali partner a due schieramenti contrapposti: da un lato la Lega forte dei 4 eletti, dall’altro l’asse Verdi-PD con altri 4.
    Ed è qui che proprio Dello Sbarba, unico eletto tra i verdi del gruppo etnolinguistico italiano, se ne esce con una proposta che, quella sì, non può che rappresentare «storicamente l’antitesi di tutti i principi del movimento fondato da Alexander Langer».
    Il 9 novembre 2018 l’Alto Adige pubblica un articolo intitolato «I Verdi pronti a trattare anche sulla scuola mista» nel quale vengono riportate le seguenti dichiarazioni:

    «Riccardo Dello Sbarba ha ribadito ieri sulla Tageszeitung che “non siamo quelli del no e basta, i Verdi sanno cosa significa trattare, quando si stringe un accordo di coalizione”. Nell’elenco dei temi sul tavolo c’è anche la scuola plurilingue, cavallo di battaglia dei Verdi, che da molti anni chiedono una scuola “mista”, come terzo sistema facoltativo. “Resta il nostro obiettivo, ma di lungo respiro”, dice Dello Sbarba al nostro giornale, “I primi passi sono un rafforzamento significativo dei progetti di classi plurilingui e degli scambi tra scuole italiane e tedesche, si può pensare anche ad alcune lezioni comuni”.
    Alberto Sigismondi (Forza Italia) prende di mira questa vena diplomatica: “Verdi sbiaditi... Si può davvero, per avere un posto in giunta provinciale, barattare vent'anni di battaglie? Certo che si può».
    Dello Sbarba replica così: ”Quando si tratta, si tratta. La maggiore o minore durezza dipende dai numeri, noi siamo tre eletti e la Svp quindici, e dalle alternative. Siccome l’alternativa a noi è la Lega, vogliamo evitare la svolta a destra e alziamo il tasso di diplomazia”»

    Si può davvero, per avere un posto in giunta provinciale, barattare vent'anni di battaglie? Certo che si può

    «Barattare vent'anni di battaglie per un posto in giunta provinciale» è l'esempio perfetto di ciò che significa nei fatti «La ferrea legge dell'oligarchia» teorizzata da Roberto Michels. Cercare di giustificarlo dichiarando di voler «evitare la svolta a destra» appartiene più prosaicamente alla retorica politica di basso cabotaggio ma nulla toglie alla gravità della prima affermazione.
    La scuola bilingue è uno dei capisaldi del consenso ai Verdi da parte del gruppo etnolinguistico italiano: la sua subordinazione all'esercizio di una sedicente diplomazia volta a garantire un posto in giunta non fa altro che trasformare un "voto a rendere" in un "voto a perdere". 
    Esiste però una terza categoria, che si potrebbe definire non utile o inutile ma del cosiddetto "voto dilettevole": ovvero, quello che gli elettori mettono sui Verdi di oggi pensando al Langer di ieri.

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