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(S)profondo Nord

Qual è la situazione dei migranti a Bolzano e al Brennero? Quali sono le violazioni giuridiche riscontrate? Dove finiscono i minori non accompagnati? Il report.
Brennero
Foto: web

A cadenza regolare a Bolzano, in particolare, si torna a parlare, con il progressivo abbassamento delle temperature, delle condizioni di vita dei senzatetto e dei migranti per cui, fino a questo momento, si sono escogitate di fatto solo soluzioni-tampone. Mentre i Verdi spingono per l’adesione al sistema Sprar anche per gli adulti (il progetto è stato approvato dall’amministrazione comunale solo per i minori non accompagnati), il sindaco Renzo Caramaschi e l’assessore Sandro Repetto oggi (25 settembre) faranno un sopralluogo presso le sei strutture che alcuni privati potrebbero vendere al Comune per aprire il servizio dell’Emergenza freddo. Intanto, sempre oggi, sono stati presentati in conferenza stampa alcuni dati sulla situazione migratoria sul territorio elaborati nel reportLungo la rotta del Brennero” da Antenne migranti (progetto finalizzato al monitoraggio nelle stazioni e nelle città sulla linea Verona-Brennero) in collaborazione con l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) e la Fondazione Langer.

Alla stazione del Brennero arrivano fra le 10 e le 20, massimo 25, persone al giorno - spiega Federica Dalla Pria di Antenne Migranti -, vengono condotti controlli sistematici sulla base del racial profiling, ovvero su individui con tratti somatici non europei. Chi è privo di documenti e permesso di soggiorno viene di solito accompagnato al Commissariato per essere identificato e fotosegnalato, e viene poi invitato a presentarsi in Questura, a Bolzano, per regolarizzare la propria posizione”. Punto dolente resta il caso dei minori stranieri non accompagnati, si riscontrano infatti problemi nella presa in carico da parte delle istituzioni, spesso a causa delle difficoltà nell’identificazione o perché vengono invitati in modo informale, oralmente, a tornare nelle località italiane di provenienza, senza contare che spesso si affidano a persone con cui non hanno alcun legame di parentela. Non solo. Accade inoltre che alcuni di questi minori vengano collocati in strutture per gli adulti, anche se da questi fisicamente separati, e in “assenza di servizi specifici per i minori”, sottolinea Della Pria ricordando che un altro gap è costituito dall’assenza di mediatori in grado di stabilire una comunicazione adeguata con gli “ospiti”.

Altri minorenni invece finiscono in strada-  perché le strutture sono piene - e scompaiono dai “radar” delle istituzioni perché “non sono arrivati in Questura per le pratiche di fotosegnalamento”. Nessuna accoglienza - pur avendone pieno diritto - continuano a non ricevere i cosiddetti “fuori quota”, ovvero coloro che giungono sul territorio in maniera autonoma e che dunque non fanno parte del contingente assegnato dallo Stato all'Alto Adige che, ricorda l’avvocato Anna Brambilla, costituisce appena il 2% del totale nazionale (a oggi 1.700 persone a fronte delle 1940 previste). I richiedenti asilo fuori quota sono, secondo i dati diffusi, così suddivisi: 160 maschi adulti, inseriti in lista d’attesa a Bolzano (fra i 50 e gli 80 sarebbero effettivamente presenti nel capoluogo, molti infatti si spostano sul territorio nazionale in cerca soprattutto di soluzioni occupazionali temporanee, finendo inevitabilmente per lavorare in nero, sfruttati) e 90 famiglie, queste ultime hanno temporaneamente ricevuto accoglienza in albergo.

Sotto la lente anche i 4 centri di accoglienza a Bolzano, l’ex Alimarket - dove il numero delle persone ospitate è sceso dalle 404 di luglio alle 340 attuali a causa dei trasferimenti verso altri centri dislocati in provincia - e l’ex Lemayr, Casa Aaron e Gorio, strutture dove sono accolte complessivamente 700 persone. Diverse le criticità presenti, dal sovraffollamento alla promiscuità, alla mancanza di operatori con formazione legale, inadeguatezza dei servizi, fra cui quelli psicologici e psichiatrici dato che la maggior parte di queste persone ha subito, come noto, dei traumi. 

Il rapporto si concentra inoltre sulle violazioni riscontrate durante il monitoraggio e che riguardano in particolare, chiosa Brambilla, l’accesso all’accoglienza e le relative condizioni, l’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, l’accoglienza e la tutela dei minori non accompagnati e le riammissioni alla frontiera che al Brennero “avvengono sulla base di vecchi accordi bilaterali, risalenti al ’98, e quindi prima di Schengen e del regolamento di Dublino”, precisa l’avvocato. “Deve esserci - prosegue - un coordinamento fra i vari livelli di governo per garantire corrette condizioni di accoglienza”, e in quanto all’accesso all’accoglienza il riferimento, infine, è alla contestata circolare Critelli “che non può derogare a una normativa statale ed europea e dunque deve ritenersi automaticamente inapplicabile”.

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Max Benedikter Di., 26.09.2017 - 10:28

Alla Fondazione Alexander Langer:
"...inadeguatezza dei servizi, fra cui quelli psicologici e psichiatrici dato che la maggior parte di queste persone ha subito, come noto, dei traumi."
Puó essere ancora insufficiente lo sforzo sanitario messo in campo. Ma mi piacerebbe se i ricercatori in questo campo si sforzassero di differenziare. Da circa 6-9 mesi i medici del servizio STP stanno moltiplicando i propri sforzi per riconoscere situazioni posttraumatiche particolarmente gravi ed agganciare queste persone al servizio psichiatrico, che a sua volta collabora proattivamente con i centri di primissima accoglienza. I colleghi psichiatri sono riusciti a stabilizzare alcune problematiche molto serie e gravi.
Certo NON é ancora sufficiente ed il carico di sofferenza é alto. Ma non dimenticate, che non tutte le persone sviluppano una forma di sindrome posttraumatica, nonostante abbiano vissuto esperienze gravi. E spesso si superano anche senza la medicalizzazione, ma con un accoglienza umana e un integrazione lavorativa e culturale.
Inoltre gli operatori del servizio STP stanno cercando di allargare la rete dei servizi sensibilizzati al tema, creando maggiori competenze professionali anche tra gli operatori dei centri d'accoglienza. Abbiamo il sostegno della Direzione Sanitaria dell'Azienda, ma sono processi che hanno bisogno di tempo. Probabilmente siamo partiti in ritardo, ma stiamo ricuperando terreno. Farebbe piacere sentire un po' di differenziazione. Poi ognuno svolga il suo ruolo - anche la fondazione Alex Langer con la necessaria advocacy.

Di., 26.09.2017 - 10:28 Permalink